Conflitti

Analisi e discussione

Guerra e intervento non violento

Escalation del conflitto tra Russia e Ucraina e possibili vie di pace. L’autore ha inviato questo articolo a W&F per la pubblicazione alcuni mesi fa. L’articolo era ancora in fase di revisione quando l’autore ha dovuto subire una perquisizione domiciliare da parte dei servizi di sicurezza ucraini.
16 agosto 2023
Jurii Sheliazhenko
Tradotto da Sara Piccinini per PeaceLink

Nota: l’autore ha inviato questo articolo a W&F per la pubblicazione alcuni mesi fa. L’articolo era ancora in fase di revisione quando l’autore ha dovuto subire una perquisizione domiciliare da parte dei servizi di sicurezza ucraini. Pertanto, ci ha chiesto di mettere rapidamente online il testo per poter chiarire, attraverso le sue pubblicazioni, che l’accusa di “giustificare la guerra di aggressione russa” rivoltagli non può essere sostenuta. W&F mette quindi online questa versione provvisoria per sostenere l’autore Ucraina e Russia

8.8.2023

Il 24 febbraio 2022 la Federazione Russa ha dichiarato una cosiddetta operazione militare speciale in Ucraina. Il 14 marzo 2022, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha condannato questa decisione con una risoluzione da parte dell’Assemblea Generale stessa, mediante il meccanismo descritto come “Unirsi per la pace”. In questa risoluzione si sollecitava l’immediata risoluzione pacifica del conflitto tra la Federazione Russa e l’Ucraina attraverso il dialogo politico, i negoziati, la mediazione e altri mezzi pacifici. Tuttavia, il Segretario Generale Guterres ha ammesso pubblicamente che in quel momento non c’erano possibilità immediate per un accordo di pace in Ucraina. In questo testo fornirò una breve diagnosi del conflitto utilizzando il metodo di Glasl per la gestione conflittuale. Ciò mi consente di individuare le migliori strategie per le parti coinvolte e gli interventi di terzi, sulla base dell’analisi delle dinamiche.

Il 24 febbraio 2022 la Federazione Russa ha dichiarato una cosiddetta operazione militare speciale in Ucraina. Il 14 marzo 2022, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha condannato questa decisione con una risoluzione da parte dell’Assemblea Generale stessa, mediante il meccanismo descritto come “Unirsi per la pace”. In questa risoluzione ha sollecitato l’immediata fine pacifica del conflitto tra la Federazione Russa e l’Ucraina attraverso il dialogo politico, i negoziati, la mediazione e altri mezzi pacifici (G.A. Res. ES-11/1). Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha espresso profonda preoccupazione per il mantenimento della pace e della sicurezza in Ucraina. Ha ricordato l’obbligo degli Stati membri dell’ONU di risolvere le controversie internazionali con mezzi pacifici e ha sostenuto con vigore gli sforzi del Segretario generale António Guterres nella ricerca di una soluzione pacifica (S.C. Pres. Statement 2022/3). Tuttavia, Guterres ha ammesso pubblicamente che in quel momento non c’erano possibilità immediate per un accordo di pace in Ucraina (Babb & Seldin, 2022).
Prima di discutere le modalità di un possibile accordo di pace, fornirò una breve diagnosi del conflitto utilizzando il metodo di Glasl per la gestione conflittuale. Questo mi permette di trovare le migliori strategie per le parti coinvolte e per gli interventi di terzi, sulla base dell’analisi delle dinamiche. Poiché le parti si danneggiano sempre più a vicenda durante la fase di escalation di un conflitto, sono necessarie strategie di de-escalation per ridurre il danno, raggiungere la coesistenza e, idealmente, stabilire o ripristinare relazioni reciprocamente vantaggiose. L’approccio di Glasl è importante per questa analisi, in quanto consente due contemplazioni distinte: oltre a sviluppare le capacità di conflitto personali e la resistenza ai conflitti organizzativi (Glasl, 1999), consente di selezionare e applicare diverse strategie di de-escalation a seconda dello stadio di escalation diagnosticato nel suo modello a tre fasi e nove stadi (Glasl, 2011).


SCONTRO DI SOVRANITÀ MILITANTI: DIAGNOSI DEL CONFLITTO RUSSIA-UCRAINA / ORIENTE-OCCIDENTE

Il conflitto è un puzzle accumulato di molteplici rivendicazioni conflittuali su una serie di questioni diverse. Più attori, da entrambe le parti del conflitto Russia-Ucraina, hanno indicato e contestato alcune questioni territoriali, di sicurezza e di identità. La maggior parte di queste rivendicazioni sono state espresse in relazione alle sovranità nazionali.
Le questioni territoriali riguardano la sovranità sulle terre dell’Ucraina orientale e meridionale. La Crimea, il Donbass, le regioni di Kherson e Zaporizhzhya fanno parte del territorio ucraino riconosciuto a livello internazionale, ma la Russia li considera suoi territori storici e li ha ufficialmente incorporati dopo controversi referendum. In passato, la sovranità condivisa era un’opzione. Per decenni, la Russia è stata disposta a lasciare enclave filorusse all’interno dell’Ucraina, a condizione che l’Ucraina sia un alleato russo e che la popolazione di queste enclave rappresenti gli interessi russi nella politica ucraina. Anche nelle prime fasi della guerra, dopo l’annessione della Crimea, la Russia era disposta a condividere con l’Ucraina la sovranità sul Donbass, secondo gli accordi di Minsk. Tuttavia, l’escalation del conflitto e lo sradicamento delle influenze russe in Ucraina hanno escluso l’opzione della sovranità condivisa, a meno che i sistemi politici di Russia e Ucraina non subiscano profondi cambiamenti. Oltre alla soluzione della sovranità condivisa, la Russia o l’Ucraina potrebbero cedere il controllo territoriale, il che sarebbe possibile solo dopo gravi perdite sul campo di battaglia e un eventuale cambio di regime, ma queste prospettive sembrano molto improbabili. Entrambi i regimi sono riusciti a convincere le popolazioni che il controllo del territorio ha un’importanza esistenziale per la loro nazione, ed entrambi hanno un forte sostegno geopolitico in un mondo polarizzato con scommesse ad alto valore su di loro. Per gli Stati Uniti e gli alleati della NATO, la difesa dell’integrità territoriale dell’Ucraina è una prova del loro status di potenza militare leader e forza di politica globale, mentre per la Cina e altri attori non occidentali il cauto sostegno alla Russia è un’opportunità per sfidare il fastidioso dominio degli Stati Uniti. Immaginando un’alternativa a questa sempre più pericolosa anarchia sovrana, potremmo pensare a un movimento globale non violento verso l’unificazione pacifica delle società civili, che si concentri sul valore dei diritti umani e su questioni urgenti, invece che su narrazioni guerrafondaie relative alla sovranità e all’integrità territoriale (Sheliazhenko, 2023). L’emergere di una società civile planetaria potrebbe curare i nazionalismi pandemici del sangue e del suolo e rendere inutili le dispute territoriali.
Le questioni di sicurezza si riferiscono principalmente all’espansione militare della NATO e della Russia (in unione con la Bielorussia) in Ucraina. I concetti di sicurezza nazionale in Russia e Ucraina sono, e sono stati, basati principalmente sugli strumenti militari, seguendo la tendenza mondiale. Per decenni, Mosca ha considerato l’espansione verso est della NATO, il nazionalismo etnico e l’indebolimento dei legami con la Russia nei Paesi post-sovietici, come una minaccia fondamentale, rispondendo con l’incremento militare, le influenze economiche, politiche e culturali, il sostegno ai connazionali e il mantenimento di basi militari nel “vicino estero”, come nel caso dell’autonomia della Crimea e della Flotta del Mar Nero, per promuovere la reintegrazione strategica con le ex repubbliche sovietiche. Le preferenze ucraine di lunga data in materia di sicurezza nazionale erano essenzialmente opposte a quelle russe: integrazione euro-atlantica, coesione etnica-nazionale, prevenzione delle minacce di separatismo, come i tentativi di ottenere l’autonomia etnica regionale. Oggi, sia la Russia che l’Ucraina si preparano a una lunga guerra nell’interesse della sicurezza nazionale, che l’Ucraina associa all’adesione all’UE e alla NATO e alla fornitura pluridecennale di armi occidentali, mentre la Russia l’associa alla polarizzazione del mondo, all’indebolimento dell’Occidente e alla cooperazione strategica con la Cina, i BRICS, la SCO e altri contendenti orientali globali dell’Occidente guidato dagli Stati Uniti. Paradossalmente, le contraddizioni tra le visioni russe e ucraine della sicurezza si basano sulla loro somiglianza strutturale: entrambe sono militariste, basate sulla potenza militare interna e su accordi di sicurezza collettiva con capacità nucleare. I principi di sicurezza comune sono dichiarati ma non instituiti, sempre che siano ricordati. Gli approcci basati sulla cultura della pace e del disarmo, come la protezione dei civili disarmati e la resistenza non violenta alle minacce interne ed esterne, come le aggressioni e l’autoritarismo, sono a malapena istituzionalizzati, non trovano quasi posto nelle architetture di sicurezza o sono corrotti dall’armamento e dalla subordinazione alle operazioni militari. Le questioni identitarie invocano il diritto sovrano all’autodeterminazione nell’allineamento geopolitico, ai valori civili e culturali. L’identità ucraina oggi è fortemente basata sulla scelta euro-atlantica, in parte civica, ma soprattutto sul nazionalismo etnico e linguistico ostile all’eredità della Russia presuntivamente imperialista. L’identità russa invece, comprende la successione alla Russia di Kiev e la leadership strategica nello spazio post-sovietico inaccettabile per l’Ucraina, insieme al sentimento anti-occidentale e all’atteggiamento ostile nei confronti del nazionalismo ucraino presumibilmente macchiato dal cambio di schieramento nella Grande Guerra del Nord e dalla collaborazione con i nazisti nella Seconda Guerra Mondiale.

LE FASI DEL CONFLITTO


In termini generali, la mia analisi traccia le fasi e gli stadi dell’escalation del conflitto come segue: la storia dell’attuale conflitto si divide nelle fasi principali di (1) amicizia (vittoria-vittoria, 1991-2003), (2) alienazione (vittoria-sconfitta, 2004-2013) e (3) guerra (sconfitta-sconfitta, 2014-oggi).
Durante la fase di amicizia, Russia e Ucraina sono emerse come Stati indipendenti dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica. Questa fase è definita in generale dalla speranza di entrambi i Paesi di essere partner nelle future relazioni economiche e nel processo di integrazione europea - l’idea di una relazione vittoria-vittoria. Da un lato, l’Ucraina che contesta le ambizioni della Russia per la leadership strategica nella regione post-sovietica e dall’altro lato, la Russia che si atteggia a grande potenza e partner paritario di Stati Uniti ed Unione Europea, allontanata a causa dell’allargamento della NATO e della mancanza di progressi nelle trasformazioni democratiche. Nella fase di alienazione, di guadagni unilaterali contro perdite dall’altra parte (vittoria-sconfitta), la crescente competizione geopolitica tra Russia e Stati Uniti è il tema di fondo, che ha formato campi opposti filo-occidentali e filo-russi all’interno dell’Ucraina, e anche i leader politici filo-russi hanno mantenuto una distanza convenzionale da Mosca nella loro retorica di neutralità. La fase di guerra (la fase della sconfitta di entrambe le parti) è iniziata dopo la presa di potere a livello nazionale da parte del campo filo-occidentale sulla scia delle proteste di Euromaidan e le successive ma correlate prese di potere regionali da parte del campo filo-russo nell’est del Paese, che hanno portato a spargimenti di sangue che hanno coinvolto forze armate ufficiali e non ufficiali sia da parte russa che ucraina. La dimensione generale di questa fase è la continuazione di questi atti di violenza, che per qualche tempo sono spariti dall’occhio o dallo sguardo dell’opinione pubblica prima di tornare al centro della scena dopo il 24 febbraio 2022.


GLI STADI DEL CONFLITTO 


Le tre fasi complessive possono essere suddivise in nove stadi del conflitto. Applicando il modello di escalation del conflitto di Glasl, ho seguito gli stadi da 1 a 9. Questi stadi hanno durata e intensità diverse, effetti che non vengono discussi in dettaglio in questa sede. Di seguito fornirò una panoramica del processo.
Il 1° stadio di amicizia complessiva può tuttavia essere denominata “inasprimento dei disaccordi sulla sicurezza collettiva”. Questa fase è iniziata in modo promettente con gli Accordi di Belovezh del 1991, in cui Ucraina, Russia e Bielorussia hanno proclamato la cessazione dell’Unione Sovietica e hanno istituito la Comunità degli Stati Indipendenti (CSI), prevedendo frontiere aperte al suo interno, nonché uno spazio economico, militare e strategico comune. Ratificando gli Accordi di Belovezh, tuttavia, il Soviet Supremo dell’Ucraina ha aggiunto dodici riserve, tra cui l’affermazione dell’inviolabilità dei confini statali e il diritto dell’Ucraina alle proprie forze armate, sottolineando il carattere temporaneo dello spazio strategico comune che avrebbe dovuto terminare dopo l’eliminazione di tutte le armi nucleari. Il governo ucraino rifiutò di partecipare alle successive iniziative della CSI volte a una maggiore integrazione nella sfera politica, militare e della sicurezza e non firmò il trattato di sicurezza collettiva nel 1992 (Hajda, 1996). Questa fase di “indurimento dei disaccordi” si è conclusa quando l’Ucraina non ha firmato la Carta della CSI e ha insistito sullo status di associato invece che sulla piena adesione all’Unione Economica della CSI nel 1993.
Il 2° stadio, definito dai dibattiti sui beni e le relazioni comuni, è iniziato nel 1993 con l’esame da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di un reclamo ucraino relativo a un decreto del Parlamento russo che avanzava rivendicazioni territoriali su Sebastopoli, una base della Flotta del Mar Nero in Crimea. La Russia sconfessò il decreto (S.C. Pres. Note S/26118); i successivi Accordi di Massandra, una serie di accordi riguardanti la spartizione della Flotta del Mar Nero e l’utilizzo di armi nucleari, furono firmati dall’Ucraina sotto la pressione della Russia che minacciava di tagliare le forniture di gas a causa dei debiti arretrati (Adi Odey & Bassey, 2022); questi accordi rappresentarono, ancora una volta, una tensione sulle relazioni reciproche. Gli anni successivi hanno visto la formalizzazione e l’attuazione di questi dibattiti in trattati e l’adesione dell’Ucraina al Trattato di non proliferazione delle armi nucleari dopo le rispettive garanzie di sicurezza statunitensi e russe, come stabilito nel Memorandum di Budapest. Inoltre, è sorta una controversia tra il governo centrale di Kiev e le élite locali della Crimea e del Donbass riguardo alla conservazione degli stretti legami politici, economici e culturali di queste regioni con la Russia. Nel 1994, contemporaneamente alle elezioni parlamentari e locali, si sono svolti referendum consultivi locali; in Crimea, la grande maggioranza dei votanti si è espressa a favore del diritto alla doppia cittadinanza (ucraina e russa) e dell’estensione dei poteri del governo locale; negli Oblast di Donetsk e Luhansk, la grande maggioranza dei votanti si è espressa a favore dello status ufficiale delle lingue ucraina e russa, della firma della Carta della CSI e della forma federale dello Stato. Nonostante la conclusione del Trattato di amicizia russo-ucraino del 1997 e del Trattato di spartizione sullo status e le condizioni della Flotta del Mar Nero, l’istituzione dell’Organizzazione GUAM per la democrazia e lo sviluppo economico come alleanza regionale di ex repubbliche sovietiche che cooperano per realizzare le loro aspirazioni euro-atlantiche superando l’influenza militare ed economica russa, ha evidenziato i limiti dell’amicizia. La fase di amicizia può essere illustrata dal 2002, Anno dell’Ucraina in Russia, organizzato per rafforzare le relazioni economiche, regionali e culturali tra i due Paesi.
Nel 3° stadio, quello delle relazioni generalmente amichevoli, inizia la transizione verso l’era dell’alienazione con quelle che possono essere definite “azioni geopolitiche non amichevoli”. Nel 2003 l’Ucraina si è unita alla coalizione guidata dagli Stati Uniti che ha invaso l’Iraq, suscitando le critiche della Russia. Nello stesso anno il Presidente Kuchma fece un chiaro gesto geopolitico volto a rafforzare ulteriormente l’indipendenza dell’Ucraina quando pubblicò e presentò personalmente a Mosca un libro intitolato “L’Ucraina non è la Russia”, in cui si affermava che l’Ucraina e la Russia sono “Paesi molto diversi”; il titolo del libro era lo stesso di un discorso del guru della politica estera statunitense Zbigniew Brzezinski dedicato al progresso delle riforme democratiche ucraine, e i media filo-presidenziali ucraini pubblicarono ampi stralci del libro di Kuchma (Byrne, 2003). Il suo titolo è diventato proverbiale, in seguito Putin è stato interrogato e forse questo titolo lo ha spinto a criticare la costruzione della nazione ucraina e la scelta euro-atlantica come “progetto anti-Russia”. Ma al momento della presentazione del libro, nulla prometteva una guerra futura: i funzionari russi parteciparono alla presentazione e Kuchma disse addirittura che qualsiasi presidente ucraino sarebbe stato un uomo della Russia. Un’altra importante pietra miliare in questa fase fu l’incidente dell’isola di Tuzla. L’isola era stata trasferita dalla Russia all’Ucraina dal governo sovietico insieme alla Crimea e si trovava nel mezzo dello Stretto di Kerch, tra i due Paesi. Controllando l’isola, l’Ucraina sosteneva che lo stretto era all’interno dei suoi territori e chiedeva alle navi russe di pagare un pedaggio per attraversare lo stretto. La Russia ha iniziato a costruire una diga verso l’isola sostenendo che si tratta di una fossa di sabbia e che lo stretto dovrebbe essere riconosciuto come acque territoriali di Russia e Ucraina. La mossa è stata denunciata dal parlamento ucraino come una minaccia all’integrità territoriale dell’Ucraina. Sull’isola è stata installata una stazione di pattugliamento di frontiera. Durante i colloqui successivi, la costruzione della diga è stata sospesa e la controversia sul diritto di passaggio è stata risolta con un accordo bilaterale. Nello stesso anno è stato firmato un trattato sul confine tra Ucraina e Russia, nonostante la Russia non fosse disposta a demarcare i confini con le ex repubbliche sovietiche; tuttavia non ha risolto tutte le dispute territoriali, la demarcazione del confine di Stato non è mai stata completata e alcuni lavori di demarcazione sono stati effettuati unilateralmente.
Il 4° stadio, quello delle coalizioni tra Est e Ovest e delle immagini del nemico, è spesso descritto come una delle fasi chiave del conflitto o come il suo “inizio”. Tuttavia, deve essere vista come la continuazione degli sviluppi degli anni ‘90, quando i clan oligarchici regionali emergenti, di stampo neofeudale, con legami e ambizioni transnazionali, si sono accaparrati un oscuro potere economico e politico durante la privatizzazione post-sovietica, speculando sulle differenze culturali tra l’Ucraina occidentale, bucolica e incline alla democrazia nazionale che sogna l’integrazione europea, e l’Ucraina orientale, industrializzata e incline alla socialdemocrazia, nostalgica del benessere tardo-sovietico. Questa fase comprende la “Rivoluzione arancione” del 2004, proteste popolari non violente e filo-occidentali che hanno cambiato i risultati delle elezioni presidenziali ucraine del 2004, in cui Russia e Stati Uniti si sono attivamente immischiate, giocando al tiro alla fune con mosse diplomatiche e manipolando i loro rappresentanti nella società civile ucraina. Durante queste proteste i circoli filo-russi e filo-occidentali si sono consolidati e hanno usato per dipingere gli uni e gli altri come marionette “fasciste” e “criminali”, dei loro padroni stranieri; questi discorsi antagonistici e le immagini del nemico sono persistiti e hanno portato a scontri violenti un decennio dopo (Baysha, 2019). Nel 2005, al vertice della NATO, sono state proclamate le aspirazioni euro-atlantiche dell’Ucraina e le esercitazioni della NATO in Ucraina hanno provocato le proteste dei circoli filo-russi che hanno bloccato i lavori del parlamento per un mese, chiedendo di approvare una risoluzione in cui si affermava che la questione dell’adesione dell’Ucraina alla NATO doveva essere decisa con un referendum. Nel 2007, Putin ha parlato alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco contro l’espansione della NATO come “provocazione” e violazione delle garanzie di sicurezza date all’Unione Sovietica. Al vertice di Bucarest del 2008, la NATO ha accolto con favore le aspirazioni ucraine all’adesione, nonostante Putin abbia dichiarato al vertice che la Crimea e altri territori a est e a sud dell’Ucraina sono stati ricevuti dalla Russia, popolati per lo più da russi etnici, e l’adesione alla NATO potrebbe portare l’Ucraina sull’orlo del baratro, dove l’esistenza dello Stato ucraino potrebbe essere messa in pericolo. Inoltre, l’Ucraina ha fornito armi alla Georgia durante il suo conflitto armato con la Russia. È stato un periodo di spaccatura politica della società ucraina in campi politici filo-russi (orientali) e filo-europei (occidentali).
Il 5° stadio, la perdita della faccia nelle “guerre del gas” e nelle “guerre culturali”, è iniziato nel 2009 quando Gazprom ha tagliato le forniture di gas all’Ucraina e ai Paesi europei, periodo in cui gran parte dell’Europa è rimasta senza gas per due settimane, ed è terminata con l’accordo del 2010 tra Ucraina e Russia sulla flotta del Mar Nero in Ucraina. In questa fase, sia la Russia che l’Ucraina hanno subito perdite di reputazione, non solo a causa dell’impatto del conflitto sulla catena di approvvigionamento energetico internazionale, ma anche a causa del coinvolgimento delle élite ucraine e russe nel trarre profitto da una società di intermediazione corrotta, la RosUkrEnergo, esposta in numerose fughe di notizie di kompromat che hanno sollevato l’attenzione internazionale, minando la legittimità della leadership sia nel campo filo-occidentale che in quello filo-russo. Il conflitto per il gas aveva una natura politica, in quanto la Russia ha avuto la meglio nella competizione politico-economica interna e globale dell’Ucraina per il controllo dell’energia e di altri indicatori, ma allo stesso tempo l’UE ha selezionato sei Paesi della CSI, esclusa la Russia, per il Partenariato orientale, per offrire loro un’integrazione molto più profonda attraverso accordi di associazione, e il primo candidato è stato l’Ucraina (Áslund, 2015). Il Partenariato orientale è stato lanciato nel 2009 e criticato dalla Russia come tentativo di stabilire la sfera di influenza dell’UE, invadendo quella russa. L’Ucraina ha ceduto a entrambe le influenze geopolitiche, ha aderito al Partenariato orientale, ma nel 2010 il Presidente Yanukovych ha firmato l’accordo di Kharkiv che estendeva il contratto di locazione russo sulle strutture navali in Crimea in cambio di un contratto scontato per il gas; è stato inoltre annunciato che l’Ucraina non perseguirà l’adesione alla NATO, ed è stata proclamata Stato europeo non allineato dalla legge. Questa autoidentificazione era conforme al vecchio valore della neutralità e all’epoca non era considerata contraddittoria, perché l’UE era percepita come un’unione puramente economica. Le persone, sia nel campo pro-occidentale che in quello pro-orientale, non erano per lo più consapevoli del problema dell’elevata militarizzazione della struttura economica moderna, dandolo per scontato come qualcosa di normale (poiché la coscrizione, la celebrazione della vittoria militare, ecc. rimanevano archetipi quasi incontrastati della cultura), e per questo motivo non si aspettavano quasi per nulla l’escalation dell’accesa competizione economica in violenza politica. Tuttavia, facendo un passo in questa direzione, le organizzazioni nazionaliste ucraine create negli Stati Uniti in epoca di Guerra Fredda con il sostegno di circoli filo-occidentali in Ucraina hanno incrementato l’attività volta alla mobilitazione politica degli ucraini in Russia facendo appello alle memorie storiche delle tragiche conseguenze del dominio russo e sovietico in Ucraina. Ciò ha coinciso anche con il rafforzamento dell’ideologia del “mondo russo”, che rivendica (talvolta in modo imperialista) la speciale relazione storica tra il popolo russo e quello ucraino, come base della politica estera russa. Nel 2009, attivisti filo-russi hanno organizzato proteste in Crimea con lo slogan “Il futuro dell’Ucraina è nell’unione con la Russia”, accusando anche i nazionalisti ucraini di collaborazione con i nazisti; il Servizio di sicurezza ucraino ha aperto un’indagine penale su queste azioni. Nel 2010, l’Autonomia nazionale ucraina, ONG culturale in Russia, è stata sospesa dal governo e poi liquidata dal tribunale per la co-organizzazione e la partecipazione a eventi sponsorizzati dall’Occidente legati alla commemorazione dell’Holodomor, una carestia nell’Ucraina sovietica del 1932-1933 che uccise milioni di ucraini e che, come ampiamente ritenuto in Ucraina, fu un genocidio di Stalin (Ukrainian World Congress, 2011). Tali repressioni contro la società civile, così come le manipolazioni deliberate con risentimenti storici, riflettono la “perdita della faccia” oltre le dispute economiche nella sfera politica e culturale.
Il 6° stadio, quello delle strategie di minaccia nella guerra commerciale e del rafforzamento della politica identitaria, è stato raggiunto quando l’Unione doganale eurasiatica ha imposto dazi sulle merci ucraine nel 2011, nel 2012 è stata adottata una controversa legge sulla politica linguistica, durante le violente elezioni del 2012-2013 sono prevalse le tendenze di destra sia nel campo filo-russo che in quello nazionalista ucraino, nel 2013 le dogane russe hanno bloccato le merci ucraine, l’accordo di associazione UE-Ucraina è stato rinviato provocando le proteste di Euromaidan e anti-Maidan organizzate da circoli filo-occidentali e filo-russi. Inizialmente l’Ucraina sperava di aderire sia all’area di libero scambio con l’UE che all’unione doganale con la Russia, quest’ultima per i possibili sconti sul gas. Ciò si adattava ai piani russi di consolidamento economico post-sovietico e di ulteriore integrazione europea, ma il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso ha dichiarato che l’Ucraina non può aderire a entrambi gli accordi e molti sostenitori dell’integrazione europea negli ambienti economici ucraini hanno scartato l’integrazione con la Russia. Nel 2011, l’Unione doganale eurasiatica ha imposto dazi sui beni prodotti da gruppi industriali ucraini appartenenti a oligarchi che si oppongono all’integrazione. L’Ucraina ha risposto chiedendo di abbassare il prezzo del gas e minacciando di revocare il consenso all’adesione della Russia all’Organizzazione Mondiale del Commercio. L’agenzia russa per la qualità degli alimenti ha vietato l’importazione di latte, carne, formaggio e dolciumi ucraini. Il periodo è coinciso con la radicalizzazione della politica: nel 2012 il Partito delle Regioni ha insistito, dopo un tafferuglio in parlamento, per l’adozione di una legge che permettesse l’uso del russo come lingua ufficiale nell’Ucraina orientale, condannata dai consigli locali dell’Ucraina occidentale; esponenti della destra filo-ucraina e filo-russa provenienti da club sportivi hanno riempito le riunioni pubbliche e usato la forza fisica per fare pressione sulle commissioni elettorali durante le elezioni parlamentari; il partito militante di estrema destra anti-russo Svoboda ha ottenuto 37 dei 450 seggi di deputato. I manifestanti nazionalisti contro la legge linguistica filo-russa hanno poi guidato le proteste di Euromaidan contro il rifiuto di Yanukovych di firmare l’accordo di associazione con l’UE al vertice del partenariato orientale. L’Ucraina ha rinviato l’accordo di associazione perché Putin ha avvertito che la Russia sarà costretta a proteggersi dal mercato comune UE-Ucraina e l’UE si è rifiutata di compensare le perdite subite dall’Ucraina a causa dell’interruzione del commercio con la Russia o di negoziare un accordo trilaterale. A questo punto, sia il campo filo-occidentale che quello filo-russo hanno minacciato di distruggere l’economia e la politica ucraina nella loro lotta per il potere.
Il 7° stadio, limitato ai colpi distruttivi nelle prese di potere, è legato alle violente prese di potere del 2014 a Kiev durante la cosiddetta “Rivoluzione ucraina della dignità”, in Crimea e Donbass durante la cosiddetta “Primavera russa”. Quando il campo pro-europeo non è riuscito a contrastare la politica governativa di integrazione economica con la Russia attraverso le procedure parlamentari, sono iniziate le proteste popolari note come Euromaidan, la polizia ha tentato di sciogliere la protesta in Piazza Indipendenza (Maidan Nezalezhnosti) a Kyiv, le proteste sono degenerate in scontri di strada con la presa di edifici governativi e un centinaio di persone uccise nel centro di Kyiv, vinte dai gruppi di autodifesa di Euromaidan. Con la mediazione dell’UE e della Russia, è stato firmato un accordo per il trasferimento pacifico del potere all’opposizione, che i manifestanti filo-occidentali hanno immediatamente infranto rimuovendo il Presidente Yanukovych dal suo incarico. Invece di concordare elezioni presidenziali anticipate, i combattenti di Euromaidan hanno chiesto le dimissioni immediate di Yanukovych minacciando, in caso contrario, l’assalto armato alla residenza presidenziale, costringendolo a fuggire dal Paese e creando il pretesto per la sua rimozione formale in modo non costituzionale (Arel & Driscoll, 2023). Il campo filo-russo, sostenuto dalle forze militari e paramilitari russe, ha risposto alla Rivoluzione della dignità con la cosiddetta primavera russa, con proteste e rivolte nell’Ucraina orientale e meridionale. A Odessa e Kharkiv gli scontri di piazza sono stati vinti dalle forze di autodifesa di Euromaidan e dalle forze di polizia pro-europee, ma la Russia si è unita alla Crimea dopo un referendum non riconosciuto a livello internazionale (l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha condannato l’annessione illegale) e anche i separatisti di Donetsk e Luhansk, sostenuti dalla Russia, hanno organizzato i cosiddetti referendum e proclamato repubbliche popolari indipendenti. Sia i circoli filo-occidentali che quelli filo-russi hanno perseguito il cambio di regime con un minimo di violenza, sperando di preservare la civiltà e la legittimità, ma non sono riusciti a prevenire un’ulteriore escalation. È interessante notare che sia i combattenti nazionalisti ucraini che quelli russi, in tempi diversi (prima e dopo il colpo di Stato di Kiev), sono stati ufficialmente riconosciuti come “terroristi” dal governo ucraino che ha lanciato “operazioni antiterrorismo” contro di loro, ma il primo si è limitato a far rispettare la legge nelle strade, mentre il secondo è stato un’azione di guerra per diversi anni.
L’8° stadio, la frammentazione del nemico nella guerra del Donbass, è stato segnato dalle battaglie del 2014 e dalle successive violazioni sistematiche del cessate il fuoco stabilito dagli accordi di Minsk sia nei territori controllati dal governo che in quelli non controllati dal governo, come riportato dalla Missione speciale di monitoraggio dell’OSCE in Ucraina (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, 2022). È stato accompagnato dallo sradicamento del campo filo-russo in Ucraina (Butenko&Melvin, 2015) e dell’opposizione filo-ucraina (Mirovalev, 2014) e filo-occidentale in Russia (US Committee on Foreign Relations, 2018), comprese le repressioni contro i media, la società civile e le figure pubbliche (Amnesty International, 2016; Skrypnyk & Pechonchyk, 2016; Foundation for the Study of Democracy, 2015; Grigoriev & Sablin, 2021). Dopo le fughe militari come l’incidente dello Stretto di Kerch del 2018, quando la guardia costiera russa ha attaccato e catturato tre navi della Marina ucraina entrate nelle acque contese, e le esercitazioni militari NATO/Ucraina e russe del 2021-2022 che simulavano rispettivamente una guerra nucleare, nonché lo scambio di accuse, da una parte, sulla preparazione di un’offensiva e, dall’altra, sulla mancata volontà di attuare gli accordi di Minsk, il tasso di violazioni del cessate il fuoco è aumentato enormemente nel 2022 causando numerose vittime. In questo modo, l’accumulo di tentativi di distruggere il nemico su posizioni chiave e la reciproca riluttanza alla de-escalation hanno portato a un prevedibile peggioramento.
Il 9° stadio, insieme all’abisso di una guerra di logoramento su larga scala, è arrivato con l’invasione russa dell’Ucraina il 24 febbraio 2022. Entrambe le parti hanno rifiutato di cessare il fuoco per colloqui di pace significativi e si sono dichiarate pronte a risolvere la controversia sul campo di battaglia, anche se ci vorrà molto tempo per ottenere una vittoria completa. Con il sostegno economico degli Stati Uniti e dell’Unione Europea da parte ucraina e della Cina e dell’Unione Economica Eurasiatica, compresa la Bielorussia, da parte russa, la guerra prolungata potrebbe continuare per un tempo indefinito a vantaggio dei politici militanti e degli appaltatori militari.


IL CONTESTO GLOBALE DI QUESTA LOGICA DI ESCALATION


Parlando delle parti interessate e del conflitto, delle loro strategie, della struttura interna, delle relazioni tra le parti e delle strutture contestuali, è importante caratterizzare la situazione come un conflitto tra due nazioni, la Federazione Russa e l’Ucraina, e i loro sostenitori a Est e a Ovest all’interno dell’organizzazione delle Nazioni Unite e del più ampio sistema di relazioni internazionali. L’ONU cerca di lavorare per una soluzione pacifica, ma i suoi poteri sono limitati, considerando l’assolutizzazione della sovranità e la militarizzazione della sicurezza nell’organizzazione contemporanea delle relazioni internazionali, vulnerabile ai conflitti armati.
L’educazione patriottica militare, la coscrizione e l’assenza di movimenti pacifisti influenti in Russia e Ucraina, suggeriscono che i loro leader possono contare sul sostegno popolare alle politiche bellicose; le loro strategie si basano sull’uso della forza militare per sconfiggere il nemico. Il militarismo generale in entrambi i contesti di Russia e Ucraina può essere visto come il principale fattore di conflitto. Tale militarismo ha plasmato e modella la belligeranza intrinseca di tutte le parti in conflitto a causa dell’educazione militar-patriottica, delle pratiche di coscrizione, della mancanza di un atteggiamento pubblico critico nei confronti delle forze armate e delle infrastrutture militari in Russia e in Ucraina e della loro limitazione democratica. La predominanza della componente militare nelle strategie di tutte le parti in conflitto è un risultato diretto di tutto ciò e, allo stesso tempo, un fattore che favorisce il militarismo. Tendenze simili si riscontrano anche da parte delle terze parti intervenute, in particolare dei membri della NATO, e il predominio del militarismo può essere osservato in tutte le fasi dell’escalation.
La competizione economica globale tra Stati Uniti e Cina li rende interessati a intrappolarsi l’un l’altro in una guerra di logoramento, parti delle loro élite beneficiano direttamente delle tensioni e, nonostante gli Stati Uniti siano apertamente belligeranti, mentre la Cina sostiene una soluzione pacifica, entrambi non sono disposti a contribuire seriamente al processo di pace.


STRATEGIE E PRATICHE DI DE-ESCALATION E RISOLUZIONE


Sono state impiegate numerose strategie di de-escalation da entrambe le parti e dall’esterno. Le parti hanno cercato di trovare un terreno comune nelle prime fasi del conflitto, concentrandosi su questioni chiave. Questo ha portato alla creazione della Comunità degli Stati Indipendenti nel primo stadio del conflitto, a diventare partner attraverso il trattato di amicizia nel secondo stadio, a cercare di capirsi con lo scambio culturale nel terzo stadio e a smettere di vedersi nemici costruendo relazioni economiche pragmatiche nel quarto. Ci vorrebbe un altro articolo per spiegare i successi e i fallimenti di questi tentativi, nonché per discutere degli interventi di terzi da parte di attori della società civile, di singole nazioni e di organizzazioni internazionali (ONU, OSCE, CoE, UE e altre) attraverso dialoghi moderati, consultazioni di esperti incentrate sulla soluzione e sulla trasformazione, nel quinto e successivi stadi dell’escalation attraverso la mediazione riguardante il transito del gas, il trasferimento di energia e il cessate il fuoco nel Donbass, nonché l’arbitrato commerciale e le controversie presso la Corte europea dei diritti dell’uomo, la Corte internazionale di giustizia e altri tribunali internazionali. Minsk II, accordo di pace approvato all’unanimità nel 2015 dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (S.C. Res. 2202), è stato concordato nell’ottavo stadio ed è fallito a causa di disaccordi geopolitici generali (Haug, 2016) e della mancata volontà del governo ucraino di concedere uno status speciale alle regioni di Luhansk e Donetsk a causa dell’influenza culturale russa di lunga data (Dressler, 2018).


NECESSITÀ DI UN INTERVENTO NON VIOLENTO: PROSPETTIVE A BREVE E A LUNGO TERMINE


Secondo la teoria di Glasl sulla gestione dei conflitti, al nono stadio è necessario l’intervento di una potenza per un’efficace de-escalation. Ma nella crisi attuale le principali potenze globali sono impegnate in un’ulteriore escalation, e i loro interventi con la forza militare probabilmente peggioreranno la situazione. Sembra che solo l’intervento di “una forza più potente”, cioè il potere democratico non violento della volontà dei popoli, possa porre fine all’infinito spargimento di sangue.
Questa mia analisi e le mie conclusioni corrispondono in parte alle riflessioni recentemente espresse da Glasl (2022), che invita le persone responsabili della politica e della società civile a porre fine alla guerra in Ucraina, a prevenire un’ulteriore escalation del conflitto evitando la corsa agli armamenti, a preservare i canali di comunicazione diretta e la collaborazione scientifica e culturale. Egli applica inoltre il modello delle nove fasi al conflitto russo-ucraino, collegandolo al più ampio antagonismo Est-Ovest nel contesto dell’espansione della NATO e degli interventi militari russi nella regione post-sovietica, alle pressioni economiche sull’Ucraina che la costringono a scegliere tra gli accordi commerciali con l’UE e quelli con la Russia, e analizza in dettaglio gli accordi di Minsk II, e suggerisce una duplice strategia di de-escalation attraverso una diplomazia a più binari, con appelli della società civile ai decisori, a partire da un immediato cessate il fuoco monitorato a livello internazionale e negoziato tra combattenti e rappresentanti politici, per poi proseguire il processo di pace per sviluppare una futura architettura di sicurezza (Glasl, 2022a).
Secondo la valutazione di Glasl, diversa dalla mia, il conflitto si è intensificato solo fino al settimo stadio perché “c’è ancora una limitazione del livello di violenza da parte della Russia”, anche se il suo interlocutore sostiene che il conflitto si è intensificato fino al nono stadio “insieme all’abisso” (Deutsche Stiftung Mediation, 2022). A mio avviso, tuttavia, le parti in conflitto hanno detto e dimostrato di essere disposte a sconfiggersi a vicenda utilizzando misure totalmente distruttive, anche a costo dell’autodistruzione; ciò può essere illustrato, ad esempio, dagli appelli all’eliminazione del “nemico esistenziale” (anche con una guerra nucleare, se necessario) da parte della Russia, dai preparativi per una guerra a lungo termine per una vittoria completa da entrambe le parti, dalla mancata volontà di cessare il fuoco per i colloqui di pace anche dopo importanti sconfitte e dai crimini di guerra da entrambe le parti del conflitto Russia-Ucraina. L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Michelle Bachelet, ha informato il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sulle accuse di violenza sessuale da parte di entrambe le parti in conflitto e sulle prove di torture, maltrattamenti ed esecuzioni sommarie di prigionieri di guerra commesse da entrambe le parti in conflitto (OHCHR, 2022).
Le minacce nucleari e la corsa agli armamenti causate dal conflitto tra Ucraina e Russia sono una minaccia esistenziale per tutta la vita sul nostro pianeta, pericolo intensificato dalle battaglie sconsiderate intorno alle centrali nucleari ucraine (Sheliazhenko, 2022). Tutto ciò indica che il conflitto si trova al nono stadio di escalation. Non è stato possibile evitarlo nonostante l’esistenza di limiti oggettivi alla violenza nel mondo contemporaneo, plasmato dalle organizzazioni delle relazioni internazionali e dell’economia globale, dagli standard applicabili dei diritti umani e del diritto umanitario, dalle reti diplomatiche esistenti e persino da una cultura della pace in via di sviluppo.
Tuttavia, “l’Iniziativa del grano del Mar Nero”, entrata in vigore grazie agli sforzi delle Nazioni Unite e della Turchia, ha dimostrato che la diplomazia può trovare il modo di raggiungere un accordo nell’interesse reciproco dell’Ucraina e della Russia anche durante i loro scontri, e la partecipazione di attivisti anti-guerra sia russi che ucraini agli eventi internazionali del movimento per la pace dimostra che la società civile può continuare il dialogo per la costruzione della pace nonostante l’esistenza di immagini irrealistiche e demonizzate del nemico collettivo, generate dal conflitto, che dividono le persone e le spingono a odiarsi a vicenda.
Il livello di cultura della pace esistente limita in qualche modo la guerra, facendo sì che i combattenti si preoccupino di non colpire i civili, distogliendoli dallo spargimento di sangue e portandoli a colloqui di pace con i nemici e al dialogo con gli oppositori della guerra nelle loro società. Queste limitazioni oggettive della violenza rendono più facili gli interventi non violenti volti a porre fine alla guerra.
Discutendo del carattere degli interventi di potere non violento necessari, dobbiamo essere cauti nel definire il loro scopo. Sono d’accordo con D’Anieri (2019) che avverte che, contrariamente alle narrazioni popolari, il cambio di regime in Russia o l’accomodamento degli interessi di sicurezza delle grandi potenze non possono portare alla riconciliazione, ma che è necessario concordare la costruzione di una nuova architettura di sicurezza. La progettazione di un sistema di sicurezza globale contemporaneo non violento potrebbe basarsi su tre ampie strategie interconnesse: smilitarizzazione della sicurezza, gestione dei conflitti senza violenza e sviluppo della cultura della pace (Gittins, 2020). Lo Stato di diritto e i sistemi globali di risoluzione alternativa delle controversie con la forza di “pace e riconciliazione” possono aiutare a raggiungere la riduzione degli armamenti e l’abolizione delle armi nucleari (Ranney, 2018). Dobbiamo costruire una società non violenta senza nemici e senza confini che dividano le persone (Ufficio europeo per l’obiezione di coscienza, 2022). Le persone amanti della pace dovrebbero liberarsi dall’oppressione della macchina bellica e sostenere il diritto umano alla pace in modo non violento, rifiutando la nozione di “scelta democratica” a favore della violenza, perché la vera democrazia e il militarismo non sono compatibili (Wintersteiner, 2022).
Lichterman (2022) suggerisce che i popoli del mondo devono rispondere alla guerra in Ucraina con un movimento per la pace non allineato con il governo di alcuno Stato, per sbarazzarsi dei nazionalismi del sangue e del suolo, della corsa agli armamenti e della guerra. Dobbiamo ripensare la vecchia comunità internazionale di Stati sovrani, valutando criticamente la natura egemonica della struttura statale moderna, la costruzione di una nazione e le alleanze rigide che generano conflitti violenti all’interno delle società e tra di esse (Jeong, 2010). Le identità nazionali rivali, con confini chiari e forti, che facilitano la mobilitazione per la gestione dei conflitti, possono essere trasformate dalla crescita di una società civile globale, dallo sviluppo di una comunicazione orizzontale globale, da interessi, cittadinanze e identità condivise che potrebbero limitare l’escalation dei conflitti e accelerarne la risoluzione (Kriesberg & Dayton, 2012). Anche il rigoroso rispetto del diritto umano all’obiezione di coscienza al servizio militare, allora riconosciuto a livello internazionale, contribuisce al raggiungimento della pace (Takemura, 2009). La cultura della pace dovrebbe essere promossa nella società civile attraverso l’educazione e i media, come prescritto dalla Dichiarazione e dal Programma d’azione per una cultura di pace del 1999, adottati all’unanimità dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (G.A. Res. 53/243). L’educazione alla pace e la formazione delle persone alla gestione nonviolenta dei conflitti potrebbero contribuire alla de-escalation e a ulteriori trasformazioni sociali (Lederach, 1997).


CONCLUSIONE: LA DE-ESCALATION DOVREBBE ESSERE GUIDATA DAI MOVIMENTI PER LA PACE


Tracciando il percorso di escalation nel conflitto tra Russia e Ucraina, possiamo immaginare un percorso di de-escalation in senso inverso.
Per porre fine alla fase della guerra “persa”, sono necessari colloqui di pace globali tra le parti del conflitto locale tra Ucraina e Russia e del conflitto “globale” tra Occidente e Oriente, al fine di stabilire un cessate il fuoco stabile, interrompere la fornitura e la produzione di armi e avviare un percorso di graduale disarmo comune. Per uscire dalla fase di alienazione “vittoria-sconfitta”, è necessario almeno un dialogo di costruzione della pace a livello mondiale e una cooperazione pubblica per quanto riguarda la governance globale non violenta e il sistema di sicurezza, lo Stato di diritto pacifico e le questioni correlate a tutti i livelli, dalla base alle élite.
Per tenere tutti i conflitti in una fase di amicizia “vittoria-vittoria”, tuttavia, è necessario rafforzare e arricchire creativamente la pace, che è, per definizione, una dinamica di vita libera dalla violenza (Sheliazhenko, 2021). La cultura universale della guerra e della violenza che domina oggi uccidendo le persone e avvelenando il nostro pianeta, dovrebbe essere ulteriormente trasformata nella cultura universale della pace e della non violenza, la conoscenza pratica diffusa e le istituzioni dello stile di vita non violento che ci impediscono, con il nostro consenso informato, di fare la guerra e altre forme di fare danni irreparabili a noi stessi, agli altri e all’ambiente.
I movimenti per la pace di tutto il mondo, che sostengono il diritto di rifiutarsi di uccidere, che affermano e costruiscono la pace, che protestano contro gli sforzi bellici e le atrocità, che insistono sull’abolizione delle armi nucleari, dovrebbero guidare l’umanità in questo percorso di separazione del conflitto armato tra Russia e Ucraina e dell’antagonismo globale tra Est e Ovest, verso la fine di questa e di tutte le altre guerre in corso, verso il completo smantellamento di questa arcaica e pericolosa istituzione politica della guerra.

Note: Traduzione a cura di Sara Piccinini
Tradotto da Sara Piccinini per PeaceLink. Il testo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali citando la fonte (PeaceLink) e l'autore della traduzione.

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