Conflitti

Lotta all’Aids nella baia di Maputo: quando l’Africa spiega all’Africa

19 gennaio 2005
Giordano Segneri

“La camiseta (il preservativo) va sempre usata, altrimenti c’è sempre il rischio di trasmissione del virus Hiv, come di altre malattie sessualmente trasmissibili. Quindi dite al vostro partner di mettersela sempre, e se non ce l’ha, fate in modo di averne sempre qualcuna con voi” ripeteva Monica alle donne che caricavano pesanti taniche d’acqua al pozzo vicino il campo di calcio di Guaxene.
La sensibilizzazione andava avanti per tutta la mattinata, coinvolgeva soprattutto donne, ma anche adolescenti e qualche signore di passaggio.
I più, passando li per caso, si fermavano curiosi ad ascoltare gli animatori che in mezzo al crocchio colorato di donne, spiegavano l’Aids, i modi di trasmissione, la prevenzione. E poi finivano per restare anche mezz’ora, in qualche caso partecipavano con domande esponendo i propri dubbi, e immobili ed assorti sotto il primo albero leggevano il materiale informativo che gli animatori stavano distribuendo.
Centinaia di persone, hanno partecipato come spettatori ai tornei di calcio di lotta all’Aids di Catembe, di fronte a Maputo, in questa baia che di notte risplende del riverbero delle luci della capitale mozambicana, di questo povero porto di pescatori, che vive di mare e di campagna, di carbone, manioca e qualche pomodoro.
L’Ong Alisei ha organizzato il secondo torneo di calcio, battezzato dall’iniziativa “InformaVida – informaçao sobre uma vida libre do virus Hiv/Sida”, dove squadre di calcio di vari quartieri di Catembe si sono affrontate sportivamente, e dove i giovani di Munuanhana hanno battuto i loro avversari ai rigori di una faticosa finale.
I canti e le danze hanno accompagnato il clima di festa del torneo, così come una decina di ragazzi del posto in maglia bianca con i loghi dell’iniziativa, giravano tra gli spettatori, tra le donne del pozzo, e le persone a passeggio, per spiegare i rischi di contrazione della malattia, le conseguenze, i sintomi, le accortezze, con una capacità di coinvolgere e convincere da lasciar sbalorditi.

Questa iniziativa non è isolata, ma rientra nel quadro delle attività di lotta all’Aids in Africa dell’Ong Alisei, e del suo finanziatore, la Regione Emilia Romagna.
La cronaca delle partite del secondo torneo, ha visto le squadre di Munuanhana, Terra Santa, Chamissava, e Chali, affrontarsi su un campo regolamentare, ma con qualche pozza d’acqua, e qualche dislivello.
Bottiglie d’acqua passavano dalle mani dei giocatori a quelle degli spettatori, dei ragazzi dell’Associaçao dos Jovens Humanistas Moçambicanos (AJHM), partner di Alisei nell’iniziativa, e della miriade di bambini. Questi ultimi, numerosi e rumorosi, erano intenti a collezionare le brochures sull’Aids, o a fabbricare telefoni cellulari con il fango.
Il clima di festa non ha scoraggiato la serietà dei contenuti né del senso della giornata, anzi, ha tinto di colori vivi e gradevoli lo scorrere del tempo, ha motivato la partecipazione e la volontà di ricezione dei messaggi lanciati, ha facilitato il coinvolgimento attivo della popolazione presente.
Intorno al campo, vari crocchi di persone, spinti dagli animatori a descrivere il virus dell’Aids, a manifestare perplessità e convinzioni, a dibattere sugli effetti della malattia, a disegnarla e raffigurarla in parole.
Il materiale informativo, passava di mano in mano, il blocco di foglio del flip-chart svolazzando all’aria si riempiva di immagini e slogan, riflessioni appuntate e domande.
Poi, in mezzo ad altri crocchi, con pazienza ed esperienza, gli animatori entravano nei dettagli, distribuivano chiarimenti, libricini esplicativi, spiegavano come si usano correttamente i preservativi, aprendoseli tra le dita e infilandoci le braccia dentro. Il linguaggio e la gestualità erano diretti, vivi, senza molto imbarazzo ne da una parte ne dall’altra, senza formalismi: si fa così, funziona così, proteggersi vuol dire questo, la gonorrea si prende così, l’Hiv è questo…
Un linguaggio semplice ed efficace, ma che allo stesso tempo non cerca di ridurre la complessità della malattia e dei metodi di prevenirla in formule e definizioni, ma che trasforma la realtà in creatività dinamica, mimica, convincimento, che cerca di spiegare, entrare nei preconcetti sfatandoli, e nei dubbi trasformandoli in consapevolezza.
“L’Aids si prende anche mangiando le arance, i pomodori, insomma tutto quello che è rosso come il sangue” affermava una signora che di poco aveva superato la trentina, oppure “l’Aids sta nel lubrificante del profilattico, in quella sostanza appiccicosa”, o ancora “se uso il preservativo e gli faccio un foro in punta posso proteggermi dall’Aids e contemporaneamente procreare”, e così via.

L’importanza di queste sessioni è notevole, è un primo passo verso cambiamenti di abitudini e un accrescimento della consapevolezza e della responsabilità, nei confronti degli altri e di se stessi.
È un approccio semplice e diretto, dove gli africani spiegano agli africani, dove l’empatia crea la fiducia necessaria per aprirsi a fare in modo che sorgano le domande, dove il coraggio di uno, porta gli altri del crocchio a partecipare, a spiegarsi e a sforzarsi di capire.

InformaVida continua. Dopo i tornei di calcio, le caserme militari saranno l’obiettivo delle prossime iniziative, tra i giovani di leva, che provengono da tutto il Mozambico. Alisei entrerà a parlare di Aids nelle due Scuole di Artiglieria Terrestre, nella Scuola della Marina, dei Fucilieri, nella Scuola di Guerra.
Solo nella prima caserma verranno distribuiti più di 7000 preservativi, materiale informativo, fumetti, libricini sull’Aids, ci saranno danza e teatro che mimano e riproducono il complesso rapporto tra l’uomo e la malattia, poi a seguire i dibattiti coi soldati.

È necessario comprendere l’Aids e coloro che vi sono afflitti, ed allo stesso tempo è importante riconoscere la diversità ed interagire con essa. Incontrarsi con l’Africa per un Europeo non è sempre facile, e fondamentale è saper usare i giusti strumenti per trarre frutti positivi da questo incontro. Molto ci differenzia, a partire dalla cultura, dalla storia, dalla mentalità, dalla percezione della vita e del tempo, così come molto ci avvicina e ci unisce.

Allo stesso modo, le Ong, i grandi finanziatori, devono calare le loro intenzioni positive in un terreno che non sempre è facile percepire, dove bisogna permettere ad anime diverse di coordinarsi con metodologie coerenti, secondo programmi pianificati ed improntati sul buon senso e l’efficacia.
Per questo motivo, credo, sia necessario avere l’umiltà di riconoscere che a volte bisogna lasciar fare all’Africa, perché è più capace di interpretare se stessa di quanto possiamo farlo noi, limitando le nostre spesso egocentriche attitudini dove l’aiuto offerto deve essere ricambiato da gratitudine.
A volte bisogna invece supportare e sostenere restando all’ombra, offrendo una stretta di mano forte ma silenziosa, lasciando insomma, che siano i giovani di Catembe a spiegare alle donne del pozzo la prevenzione dell’Aids, che siano loro ad interpretare il pensiero ed i bisogni dei loro fratelli.

Note: Giordano Segneri, Coordinatore Paese in Mozambico per l’Ong Alisei, ha esperienze di cooperazione Internazionale nei Balcani, in Gabon, Iraq, Ruanda, RDC, Argentina ed ha ottenuto diverse pubblicazioni in ambito umanitario.


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