I technohomeless fanno scuola

Due i casi saliti alla ribalta della cronaca, blog che raccontano la vita e le sensazioni di chi vive senza un'abitazione. Due modi di intendere e di vedere il mondo, espressi grazie ad Internet
9 maggio 2006
Giorgio Pontico

Roma - "Quando mi rendo conto che ho una intera giornata da riempire mi viene la nausea per pensare a come riempirla"
Dopo aver perso la casa, aveva chiuso col mondo, cercava di apparire sempre di meno in pubblico, tentando di mascherare la sua condizione di senza tetto. Provava una grande vergogna, perciò non parlava più con nessuno, si nascondeva, aveva paura di essere riconosciuta. Poi l'idea, forse nata dalla frustrazione, di aprire un weblog per raccontare la sua vicenda. In pochissimo tempo lo spazio personale virtuale di una giovane donna inglese, che preferisce mantenere l'anonimato, ha calamitato l'attenzione di molti navigatori (circa 80mila dal primo marzo) tanto da suscitare l'interesse del New York Times, che l'ha addirittura intervistata.
Dall'altra parte dell'oceano, un uomo che da 21 anni vive per le strade racconta la sua storia cercando di dare un'impressione diversa del clochard, per smantellare la convinzione che a finire per la strada ci vadano solo dei poveracci che non si rendono neanche conto del tempo che passa.

Lo scriba errante
Si presenta al mondo come The Wandering Scribe, lo scriba errante, questa donna inglese che si è ritrovata, nell'agosto 2005 dopo una serie di sfortunate coincidenze a fare della propria auto una casa, a lavarsi nei luoghi pubblici e, di tanto in tanto, si è anche presa il lusso di lavare i propri panni negli ospedali.

Chi legge le pagine del suo blog rimane sconcertato nell'apprendere che colei che scrive non ha la benché minima certezza del proprio futuro ma, nonostante questo handicap, ha la forza di mostrarsi, non ai passanti per chiedere la carità, non a ad un tizio qualunque per supplicare un lavoro, ma a milioni e milioni di persone che da tutto il mondo posso leggere e commentare i suoi pensieri e le sue sensazioni.

Ma non tutti i senzatetto possono gestire un blog personale: sui circa 350mila homeless che vivono nei vicoli delle metropoli inglesi esiste solo questo caso di homeless-blogger, ciò significa che per riuscire ad emergere, almeno sul versante web, occorrono dei rudimenti minimi di informatica e una buona cultura generale. Nel caso di W. S. salta subito all'occhio l'inglese fluente, scevro da forme dialettali; i contenuti sono del tutto originali e in alcuni momenti sembra di leggere un romanzo inglese di metà '800: "It's Spring and it's spectacular but there are hours and hours and hours to fill in the day too, and a lot of the time I just don't know what to do with myself" (È Primavera ed è tutto spettacolare ma ci sono anche molte ore da riempire nel giorno, e la maggior parte del tempo non so cosa fare con me stessa). Lo scriba errante ha ricevuto una buona istruzione, una cosa non comune tra gli homeless. Secondo alcune statistiche è proprio l'istruzione scarsa o inesistente la causa principale che manda in mezzo alla strada molte persone, primi fra tutti giovani ed ex galeotti.

Un caso analogo
Mentre l'autrice di questo particolare blog iniziava a scrivere, c'era chi negli States già da un paio d'anni faceva la stessa cosa, pur in modo diverso.
Un senzatetto di nome Kevin Barbieux ha intrapreso due anni fa una battaglia, che conduce tuttora, al fine di demolire lo stereotipo di clochard come sinonimo di ignorante mentalmente debilitato.

Nel suo blog racconta dei suoi viaggi, da San Diego a Nashville, e poi a Las Vegas. Di ognuna di queste città prende in esame la condizioni di chi, come lui, non ha un domicilio e deve fare dell'arte di arrangiarsi il proprio mestiere. Kevin legge, scrive delle mini-recensioni su libri riguardanti le homeless experiences, e guarda con occhio critico alle situazioni diverse che si sviluppano in ogni città, quasi come se lui non facesse parte del mondo, ma fosse un entità extra terrena, un alieno che vede, elabora, giudica.

Ha svolto anche dei lavori occasionali, ha assistito ad un concerto di musica classica, suscitando in quella occasione lo sgomento generale, essendosi presentato in sala senza essersi potuto fare una doccia. La sua vita in fondo non è poi così diversa da chi un tetto ce l'ha, o da chi ne ha addirittura due. Come la sua omologa inglese, spesso dorme nella sua vecchia Opel Kadett, viaggia, scrive. L'unica differenza tra lui e una persona "normale" è che Kevin non ha quel luogo dove generalmente si cerca sicurezza e protezione chiamato casa e, sembra voler dire al mondo, quasi non ne sente più la necessità.

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