Negli Stati Uniti del nucleare di Trump. Sondaggi e contraddizioni
Un recente sondaggio dell'emittente televisiva giapponese NHK aveva mostrato evidenti divergenze in tema di nucleare tra i cittadini nipponici e il proprio governo centrale (vedi Sondaggio sul TPNW in Giappone: c’è differenza tra governo e cittadini!). E nell'America di Trump?
Scaturisce da un interessante articolo a firma Laurence Wittner nel sito ufficiale di IPPNW, peaceandhealthblog.com, un risultato simile, corroborato da numerose ricerche svolte negli ultimi anni e riguardanti aspetti della svolta nella politica nucleare, ancor prima dell'avvio dell'amministrazione Trump. Ed ecco qua alcuni risultati.
Luglio 2018: dal Chicago Council on Global Affairs riguardo il ritiro dagli accordi con l'Iran, il 66% degli intervistati ha dato parere negativo.
Febbraio 2019: sempre a cura del Chicago Council, il 54% è risultato contrario al ritiro degli Stati Uniti dal Trattato INF.
Nei primi mesi del 2019 una ricerca simile è stata svolta anche dal Center for International & Security Studies dell'Università del Maryland: qui i due terzi degli intervistati (compresa una maggioranza di Repubblicani) ha espresso negativamente sul ritiro dal Trattato, mentre più dell'80% vorrebbe un'azione del governo per estendere il Trattato New START. In effetti, più di otto intervistati su dieci appoggerebbero la discussione di nuovi trattati sul controllo degli armamenti nucleari con la Russia - un risultato analogo a quanto espresso dal Chicago Council in un sondaggio all'inizio del 2019, secondo cui l'87% degli intervistati americani voleva che gli Stati Uniti e la Russia si assicurassero un ulteriore accordo di limitazione delle armi nucleari.
E potrebbe essere uno shock per i numerosi esperti dei mass media che non hanno mai menzionato il Trattato delle Nazioni Unite del 2017 sulla proibizione delle armi nucleari: circa la metà della popolazione americana sostiene l'abolizione del nucleare sulla falsariga di quanto è definito nel Trattato. Secondo un sondaggio di opinione da parte di YouGov condotto alla fine di settembre 2019, il 49% degli intervistati americani pensava che gli Stati Uniti avrebbero dovuto lavorare con altre nazioni per eliminare tutte le armi nucleari nel mondo. Solo il 32% non era d'accordo, mentre il 19% ha dichiarato di non saperlo.
Ma le minacce - e forse i desideri - di Trump sul "First Use", l'avvio unilaterale di un conflitto atomico? Già nell'agosto del 2016 un sondaggio YouGov/Huffington Post mostrava un 67% assolutamente contrario a che gli Stati Uniti iniziassero un attacco nucleare. E ulteriori resistenze da parte della popolazione sono state espresse da una ricerca simile nella metà del 2019.
Qua l'articolo originale nel sito di IPPNW: Americans are ready for a different approach to nuclear weapons
E' di qualche giorno fa la notizia riguardante l'ipotesi di un trasferimento delle testate atomiche presenti in Turchia - tuttora membro della NATO ma con evidenti "tentennamenti" nella sua politica in un possibile allontanamento dall'Occidente - su altri territori dell'Alleanza Atlantica, presumibilmente nella base italiana di Aviano. Poche righe di agenzia, forse neanche arrivate agli occhi dei cittadini.
Ma quant'è la percezione del pericolo atomico da parte degli Italiani? Sarà il caso di promuovere anche da noi qualche sondaggio?
Certo, anche qua in Italia siamo tutti pedine del Risiko pericoloso con cui le grandi potenze vanno giocando. E in più, purtroppo, il ripudio della guerra - che fu chiesto a voce alta dai Padri della nostra Costituzione - non è quasi mai stato parte attiva nelle azioni del nostro governo.
E allora - di nuovo un'utopia? - potrebbe scaturire, di nuovo dal basso, un'azione nonviolenta da tanti di noi - diciamo, magari, una "massa critica" di cittadini consapevoli del dramma entro il quale gli esseri del pianeta vanno via via inghiottiti? Già per altri drammi - l'emergenza climatica, l'arroganza del potere - centinaia di migliaia di anime giovani qua si mobilitano; e se anche sull'atomica si aprissero di nuovo silenziosi pacifici e ampi palcoscenici?
Non vogliamo, no, perdere la speranza.
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