Noi che continuiamo
Ma questo è già troppo, troppe parole. Non è il momento delle parole ma dei fatti. Le ragazze che sfilano, le ragazze e i ragazzi, la gioventù del millennio che è ancora qua. E noi qui che faremo? Bei discorsi, i ricordi?
No. Faremo semplicemente il nostro mestiere. Noi, qui, siamo giornalisti. Roba bassa, modesta, e che tuttavia serve. Un onesto mestiere - calzolai di paese - ma quelle che noi risuoliamo sono scarpe che debbono andare molto lontano. Questo sappiamo fare - è soltanto un mestiere - e questo vorremmo lasciarvi, a voi che andate adesso per le vie di Palermo, per le vie del mondo.
Sarà un’estate difficile, per noi e per voi, estate di traversie e di gran lavoro. E mentre noi qui e voi lavoreremo, non è che imperatori e re (e boss mafiosi, che è lo stesso) se ne staranno tranquilli. Noi siamo matti ad affrontarli, giusto?
Eppure, eppure noi siamo quelli che cambiano il mondo. I ragazzini presuntuosi, i giudici giunti da poco, i fumatori di nazionali che pensano a chissà che mentre sorridono.
Questi e altri ancora: probabilmente abbastanza per vincere, o forse no, ma non si può sapere se non si prova.
Ognuno col suo mestiere, con le sue storie, ma pronto a insegnare/imparare tutto ciò che ha visto e ciò che sa. Uno t’insegna a fare scarpe e altre cose del genere, e tu gl’insegni il tuo computer o la tua chitarra. Facciamo così?
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