Cile/Argentina: concessa la libertà ad un collaboratore di Pinochet
Capo dell'esercito e ministro della Difesa durante gli anni di Unidad Popular, il generale cileno Carlos Prats è stato tra i pochi militari che hanno mantenuto fino in fondo la loro fedeltà al governo guidato da Salvador Allende. Costituzionalista come Bachelet (padre della attuale presidenta Michelle e ucciso dai sicari delle squadracce pinochettiste dopo umiliazioni e torture subite nelle prigioni clandestine della polizia politica cilena), Prats riteneva che il ruolo delle forza armate fosse semplicemente quello di difendere il governo Allende, democraticamente eletto, ma questo gli costò la vita poco dopo il primo anno trascorso dal golpe che l'11 Settembre 1973 spodestò Unidad Popular dalla Moneda. Il 30 Settembre 1974 infatti, una bomba nascosta in precedenza nella sua auto, lo uccise insieme alla moglie durante la loro permanenza a Buenos Aires. Per questo delitto era stato condannato all'ergastolo Enrique Arancibia Clavel, emissario della Dina (la polizia politica cilena) in Argentina, a cui un mese fa la giustizia ha incredibilmente concesso la libertà vigilata. La vicenda, venuta solo adesso alla luce, ha perlomeno avuto il merito di scoperchiare la trama che stava dietro all'assassinio di Prats, in cui ha svolto un ruolo di primo piano la Cia. Come l'omicidio di Letelier (ministro degli esteri del governo Allende) ucciso con le stesse modalità di Prats il 21 Settembre 1976 con il pesante coinvolgimento degli Stati Uniti e in particolare di Kissinger, anche per il generale cileno risulta l'esistenza di un piano redatto dalla Cia per la sua eliminazione in virtù della sua contrarietà al colpo di stato che poi avrebbe portato al potere Pinochet: Prats pagò la sua fedeltà alla costituzione con la morte e per questo motivo la libertà concessa al suo assassino appare quanto meno discutibile. Ciò che indigna maggiormente di questa sentenza riguarda la concessione di libertà di movimento dentro il territorio argentino: è vero che dovrà mantenere una linea di buona condotta e presentarsi periodicamente di fronte al giudice, però è evidente che questo sembra quasi un regalo offerto su un piatto d'argento per una sua eventuale fuga, poiché le associazioni cilena per i diritti umani gli imputano numerosi delitti come responsabile, per conto di Pinochet, dell'Operazione Condor che tra Cile e Argentina si rese colpevole dei peggiori crimini. Se la famiglia di Carlos Prats ha già annunciato che ricorrerà con tutti i mezzi contro questa decisione così assurda, oltre che offensiva nei confronti di tutti i parenti delle vittime dell'Operazione Condor, i primi a temere una eventuale fuga di Enrique Arancibia Clavel sono i membri della famiglia Elgueta, in particolare Laura Elgueta Diaz, sequestrata e torturata (insieme a Sonia Diaz Ureta ) dalla Dina in Argentina proprio ad opera dello stesso Clavel. Ex cadetto della Escuela Militar de Chile, Enrique Arancibia Clavel era arrivato in Argentina agli inizi degli anni '70 in fuga dalla giustizia del suo paese, che già allora lo cercava per il suo coinvolgimento in attentati dinamitardi. Con l'arrivo al potere di Pinochet scelse di mettersi al suo servizio coordinando dall'Argentina le azioni militare volte alla cattura dei perseguitati politici cileni che cercavano scampo a Buenos Aires. Le sue conoscenze in materia di armi ed esplosivi gli furono utili per piazzare la bomba comandata a distanza nell'automobile di Carlos Prats e della moglie Sofia Cuthbert in collaborazione con l'ex agente della Cia Michael Townley, coinvolto anche nel caso Letelier.
Se Enrique Arancibia Clavel risulta essere il principale architetto del piano insieme a Townley, sembra che in realtà tutta la dirigenza della Dina fosse già ampiamente a corrente dell'operazione, tanto che tra i mandanti dell'attentato figura il direttore della polizia politica cilena Manuel Contreras in una storia i cui contorni continuano a rimanere poco chiari e che a un certo punto avevano visto perfino profilarsi l'ipotesi di un coinvolgimento nell'assassinio anche di alcuni esponenti del neofascismo italiano.
Per il momento su questa vicenda gravano come un macigno le parole indignate di una delle figlie di Prats, Angelica: "E' stato fatto uno sforzo enorme per assicurare alla giustizia i responsabili delle violazioni dei diritti umani ed ora la giustizia argentina si rende responsabile di una decisone di questo tipo".
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