La tessera rossa in piazza Gandhi
Quella bandiera mi ha ispirato. Ho infilato la mano nel portafogli e ne ho tirato fuori la mia tessera rossa dell’ANPI, con la scritta RESISTENZA.
Non c’era palco, né microfono: l’amplificatore non funzionava. Così sono salito su un cornicione della Prefettura. Come mi avevano insegnato tanti anni fa al corso allievi ufficiali ho gridare forte, perché ti sentano fino a cento metri. Un grido pacifico però, di indignazione civile, non militare.
Ho mostrato un foglio bianco: la pagina dell’Accordo di Programma di Genova, che più di vent’anni fa fermò l’altoforno e le cokerie dell’ILVA. Ho letto alcuni passaggi — quelli che parlano di bonifiche, di ricollocazione dei lavoratori — per ricordare che una giusta lotta può unire cittadini e lavoratori.
Sventolavo quel foglio bianco come un esempio.
Poi ho puntato il dito verso la bandiera dell’ANPI che era arrivata fin lì, nella nostra piazza, piazza Gandhi. E allora ho alzato la mia tessera rossa al cielo. E ho pensato a mio padre, alla sua Resistenza, in Romagna, tra il 1943 e il 1945.
Alzando la tessera dell'ANPI, ho invitato tutti alla nostra Resistenza: pacifica, civile, contro tutto ciò che è ingiusto, contro ciò che ci opprime, che ci toglie la vita e ci ruba il futuro.
E in quel momento, con la tessera rossa in mano, mentre la piazza applaudiva, ho sorriso.
Perché quell’applauso mi ricongiungeva a tutto ciò che di buono e di positivo riesco ancora a immaginare di poter fare per gli altri.
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