Media, uno sguardo sul mondo

Milano, una lezione magistrale del sociologo francese Alain Touraine
18 dicembre 2004
Angelo Sica
Fonte: Liberazione

«Il ruolo della stampa oggi non si limita a costruire l'opinione, a informare o a comunicare». Sin dagli esordi il sociologo francese Alain Touraine stravolge il titolo della lezione magistrale "Presse d'opinion, presse d'information, presse de communication", organizzata dalla Fondazione Corriere della Sera e tenuta martedì scorso alla Biblioteca Ambrosiana di Milano. «La stampa - prosegue - è uno dei mezzi più importanti per la creazione dello "spazio pubblico"».

Direttore a Parigi dell'École des hautes études en sciences sociales e autore di numerosi saggi quali Critica della modernità e Come liberarsi dal liberismo (entrambi pubblicati dal Saggiatore), nella sua carriera di studioso Touraine si è occupato di sociologia del lavoro e analisi della società postindustriale. Quest'ultima nelle sue riflessioni è dominata da un irriducibile dualismo: «L'immagine che abbiamo della nostra società - dice - è la lacerazione tra i processi economici della globalizzazione e i comportamenti individuali. Le vecchie istituzioni politiche non hanno più la capacità di mantenere l'unione e la comunicazione tra singoli e collettività. Una volta marginalizzato il ruolo dello stato nazionale, che da solo è impotente di fronte alle forze economiche globali, accettiamo l'idea di lacerazione fra ciò che è sopra lo stato e ciò che è proprio dei singoli, come la vita sessuale o il piacere consumistico. Si tratta di una trasformazione profonda e durevole, non di una semplice inquietudine. Da Machiavelli a Tocqueville abbiamo pensato soprattutto secondo categorie politiche. Dal 1945, con il periodo del Welfare, abbiamo avuto un grande sviluppo di leggi sociali e un dibattito attorno a esse. Oggi viviamo in un imponente movimento capitalista: i valori sono neutri, le categorie economiche hanno preso il posto di tutto il resto, e comunque appartengono alla dimensione della globalizzazione. Il nostro vocabolario, come il nostro pensiero, non si articola più in termini sociali, ma culturali e psicologici».

Lontani dalle regole e dalla realtà della mondializzazione, gli individui non si riconoscono più parte di una collettività per merito delle istituzioni statali "forti". In questo contesto, nuovi spazi di comunicazione e unione tra singoli vengono dati dalle istituzioni "deboli": le commissioni temporanee parlamentari o presidenziali (nel caso della Francia), che indagano scandali o rivendicano interessi sentiti da più persone; i think tank americani, serbatoi di idee; i festival, aggregazioni culturali. Istituzioni "deboli" sono anche le organizzazioni umanitarie: «In Francia oggi nessuno direbbe come dieci anni fa "Perché dobbiamo occuparci dei diritti umani, è compito dello stato! "». Alla società del ventesimo secolo subentra la nozione di "società civile", di cui la stampa (altra istituzione "debole") ne è una delle componenti fondamentali.

«I giornali sono fabbricanti di società - dice Touraine - non c'è vita politica o scelta sociale senza il luogo dove organizzare conflitti, rotture e mediazioni. La lacerazione di cui ho parlato è compensata dai giornali, reti di comunicazione debolmente centralizzate. Il vero ruolo della stampa è quindi mettere in contatto, collegare gli estremi, creare lo spazio pubblico per la partecipazione sociale e politica. In definitiva, i giornali prendono il posto delle istituzioni "forti", che hanno perso la capacità di comprensione, di azione, e che sono sopraffatte da due lati: i problemi globali sono troppo grandi, quelli culturali legati all'individuo troppo sfuggenti. In questo senso, la stampa deve dare riferimenti alla collettività: ad esempio, informare sui modi di sentire e di pensare di paesi lontani, dare voce alla diversità delle culture, riconoscere l'esistenza di posizioni differenti, aiutare a rispondere alla domanda "di che si tratta? ". Al contrario, la stampa si condanna da sé quando diventa autoreferenziale, vuole imporre una sola opinione, o si limita alla critica».

Definiti i criteri, Touraine viene invitato a riflettere sui grandi quotidiani europei. Sulla crisi del francese "Le Monde" il sociologo commenta: «Senza dubbio ci sono problemi di natura economica, ma "Le Monde" ha dei difetti: si comporta spesso come una chiesa, sente di avere un magistero morale, noioso in molte circostanze. Assomiglia troppo a una fortezza politico-intellettuale». Lo spagnolo "El Pais" è invece un modello positivo: «Parla di tutta l'America latina, oltre che della Spagna, risponde agli interessi di un enorme pubblico, accoglie tanti punti di vista».

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