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Una pace ancora troppo lontana

In Afghanistan, nonostante la terribile situazione, il Progetto Jamila continua a dare alle Donne una concreta speranza di riscatto
1 novembre 2007
Claudia Signoretti (Assistente Progetti Fondazione Pangea Onlus)
Fonte: da Persona a Persona 10/07 (www.pangeaonlus.org) - 01 novembre 2007
Donne afghane ricevono il microcredito In Afghanistan la violenza non si ferma, mentre povertà e fame continuano a dilagare. I riflettori dei mass-media restano costantemente puntati sulle azioni di guerra, i rapimenti e gli attentati suicidi, lasciando nella penombra la situazione delle donne che rappresentano la metà della popolazione afghana. A sei anni dalla caduta del regime talebano quanto è cambiata la loro vita? Nonostante siano stati compiuti molti passi in avanti per il miglioramento della loro condizione e il riconoscimento dei loro diritti, resta ancora lunga la strada da percorrere e ancora molti gli ostacoli da superare.
Innanzitutto le donne afghane sono le prime vittime di una società dominata dall’insicurezza e da un’efferata violenza. Le Nazioni Unite e le organizzazioni per i diritti umani denunciano un continuo aumento della violenza contro le donne: stupri, rapimenti, violenza domestica, matrimoni forzati e delitti d’onore non solo sono all’ordine del giorno, ma restano altresì largamente impuniti.
Tale violenza si aggiunge al perpetuarsi di una cultura patriarcale e discriminatoria che priva le donne di ogni diritto e le condanna a una condizione di netta inferiorità: costrette spesso a sposarsi in tenera età con uomini molto più anziani di loro, vivono perennemente sottomesse alla volontà prima dei padri e poi dei mariti. Non sono libere di scegliere per la propria vita e spesso neppure di sottoporsi a una visita medica senza il permesso del marito. Il dato più eloquente è comunque quello denunciato dalla Commissione Indipendente per i Diritti Umani (AIHRC) secondo la quale, nei soli primi 6 mesi del 2007, oltre 250 donne si sono tolte la vita: non si era mai registrato un numero così alto di suicidi tra le donne!
A completare un quadro già abbastanza fosco, si aggiungono gli indici relativi all’educazione e alla salute femminile: il tasso di analfabetismo tocca l’85% e l’aspettativa media di vita per una donna afghana è di appena 44 anni. Il diritto alla salute è difficilmente tutelato per mancanza di infrastrutture e di personale sanitario, tanto che l’Afghanistan si posiziona al secondo posto nella classifica mondiale per il più alto tasso di mortalità materna: ogni 30 minuti una donna muore di parto.
Per conoscere la situazione delle donne afghane nella sua interezza, è necessario aprire una finestra anche verso quella popolazione femminile che in questi anni sta lavorando e si sta battendo con tenacia perché i diritti delle donne vengano rispettati e garantiti, per creare delle alternative di vita migliori, per incoraggiare e aiutare le altre donne a reinserirsi nel tessuto sociale. Il loro impegno è un importante contributo allo sviluppo di un’autentica democrazia e alla pace.
Da oltre 4 anni Pangea lavora per loro e con loro con un progetto di microcredito, Jamila, che permette a donne estremamente povere di avviare piccole attività imprenditoriali e di raggiungere così l’autosufficienza: finora i risultati ottenuti sono stati estremamente positivi.
Tra gennaio e settembre di quest’anno sono stati distribuiti 194 microcrediti per un totale di 23.000 euro: di questi, 134 sono stati distribuiti a nuove beneficiare e 60 sono stati destinati a precedenti beneficiarie che hanno rinnovato il prestito per consolidare o ampliare le loro attività. Le donne hanno inoltre la possibilità di seguire corsi di alfabetizzazione e matematica, di igiene e sanità, di educazione civica e diritti umani: quest’anno 50 donne, che non avevano potuto studiare durante il regime talebano, hanno frequentato i corsi di alfabetizzazione svolti nel centro donna supportato da Pangea.

Gulali è una ragazza di 18 anni, bella, intraprendente e piena di energia; è la più grande di 5 sorelle e 2 fratelli. È analfabeta perché nata in un piccolo villaggio dove alle bambine non era consentito andare a scuola. Quando la sua famiglia si trasferì a Kabul, per Gulali si aprirono nuove opportunità: la vita in città ha favorito una graduale apertura mentale dei genitori, i quali le hanno permesso di frequentare un corso di sartoria presso la Ong Aschiana, dove Gulali ha imparato il mestiere di sarta.
“Quando sono venuta a sapere che presso il centro Aschiana era possibile ottenere un prestito dalla Fondazione Pangea, ne ho parlato con i miei genitori e ho deciso di chiederlo, così da poter aiutare la mia famiglia”. Gulali ha ricevuto un microcredito di 8.000 afghani (poco più di 110 euro) grazie al quale ha potuto comprare la sua prima macchina da cucire e realizzare abiti per gli abitanti del quartiere. “Ne cucio due o tre al giorno e per ogni vestito guadagno 150-250 afghani. La sera invece mi dedico al ricamo, insegnandolo anche alle mie sorelle. Da quando ho iniziato a lavorare guadagno 12.000 afgani ogni mese (circa 170 Euro): una parte dei guadagni sono per la mia famiglia, per permettere alle mie sorelle di andare a scuola, perché non voglio che restino analfabete come me. Il resto dei guadagni lo utilizzo per restituire il prestito, comprare l’occorrente per il lavoro e mettere da parte qualche risparmio. Il microcredito ha cambiato la mia vita: prima pensavo che la donna non potesse lavorare e contribuire al mantenimento della famiglia: mi sbagliavo! Le donne sono importanti tanto quanto gli uomini e per questo devono contribuire al benessere familiare e della comunità intera”.

Come Gulali anche Anis ha ricevuto un microcredito grazie al quale è diventata un’ottima panettiera. Shaima invece con 10.000 afgani ha avviato un allevamento di polli, mentre Kamila vende schede telefoniche. E sono ancora tante le donne che hanno chiesto un piccolo prestito per poter ricominciare. Nonostante le difficoltà, molte donne stanno rinascendo e ora più che mai hanno bisogno del nostro sostegno.
Note: da Persona a Persona - Fondazione Pangea Onlus
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