Pacifisti. Ecco dove siamo
Il 15 febbraio 2003, quando in tutto il mondo si svolsero le grandi manifestazioni contro la guerra in Iraq – 110 milioni di donne e uomini in piazza in oltre 600 città dei cinque continenti – che sarebbe iniziata poco più di un mese dopo, il 20 marzo, con i primi bombardamenti anglo-americani su Bagdad, il New York Times titolò a tutta pagina che il movimento pacifista era «la seconda potenza mondiale» (la prima, ovviamente, rimanevano gli Usa). In quel periodo in Italia si contarono oltre tre milioni di bandiere arcobaleno appese alle finestre e ai balconi dell’intera penisola, e il Viminale, fra il 20 e il 31 marzo, registrò 516 «manifestazioni in favore della pace»: 50 al giorno.
Otto anni dopo, il 19 marzo 2011, la «coalizione dei volenterosi», guidata da Usa, Gran Bretagna e Francia, iniziò a bombardare la Libia, con la motivazione formale di difendere la popolazione civile dalla repressione di Gheddafi, come previsto dalla risoluzione 1973 dell’Onu, in realtà per disarcionare il colonnello. Anche l’Italia, 100 anni dopo la guerra di Libia di Giolitti, partecipò alla missione, con i propri cacciabombardieri, ma sulle facciate dei palazzi non si videro le bandiere arcobaleno, né le piazze vennero riempite da milioni di manifestanti contro la guerra.
Il movimento per la pace è morto? No.
Non c’è più un movimento di massa contro la guerra, azzoppato da una crisi della partecipazione politica a molti livelli e stroncato da una sorta di assuefazione alle bombe che dal 2001 – ma forse già dalla prima guerra del Golfo del 1990, scoppiata non a caso pochi mesi dopo il crollo del Muro di Berlino – sono progressivamente diventate, nell’immaginario collettivo, strumento ordinario della politica. Non è morto però il movimento per la pace autentico e profondo, che non conquista, tranne rare eccezioni, le prime pagine di quotidiani e telegiornali, ma che continua a lavorare incessantemente contro la guerra e la preparazione della guerra, producendo informazione e controinformazione, scendendo in piazza per difendere la pace, attivando campagne su obiettivi specifici – dalla difesa della legge 185/90 sul commercio della armi al disarmo, dalla pressione sulle «banche armate» alla riduzione delle spese militari –, talvolta coronate da piccoli e grandi successi.
Questo libro non contiene né analisi geopolitiche né riflessioni sullo stato di salute e sulle prospettive del movimento per la pace. Intende solo raccontare, giorno dopo giorno, un decennio di pacifismo italiano – in una periodizzazione che si apre nel 2001, primo anno del nuovo millennio, l’anno del G8 di Genova con l’uccisione di Carlo Giuliani, degli attentati dell’11 settembre alle Torri gemelle di New York e della successiva guerra in Afghanistan, e si chiude nel 2011, l’anno della guerra in Libia – per farne memoria e fornire una documentazione di dieci anni di attivismo per la pace, spesso ignorato dai grandi media ma non per questo assente.
Una cronologia puntale e capillare, sebbene inevitabilmente incompleta – dimenticanze e omissioni non sono tuttavia mai deliberatamente volute –, perché sono tante le iniziative sfuggite ad una ricerca che si è sforzata di essere attenta ma che non ha la pretesa di risultare esaustiva. E anche questo è il segno della vitalità di un movimento fatto di migliaia di gruppi e milioni di persone che non è «la seconda superpotenza mondiale» – anche perché è per sua natura povero, composito e non organizzato –, ma che non ha mai interrotto il suo impegno quotidiano e militante per l’attuazione dell’articolo 11 della nostra Costituzione repubblicana: «L’Italia ripudia la guerra».
Editore: terrelibere.org
Anno: 2012
http://www.terrelibere.org/libreria/pacifisti-ecco-dove-siamo
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