L'eredità che papa Francesco lascia al movimento per la pace
La notizia della morte di Papa Francesco segna la fine di un pontificato che ha lasciato un'impronta profonda non solo nella Chiesa, ma anche nel cuore di chi sogna un mondo più giusto, umano e pacifico.
È difficile trovare parole che siano all’altezza della sua testimonianza, ma tre immagini si stagliano, nitide, tra le tante che ci ha donato.
La prima è quella del papa che accorcia le distanze. Non ha mai indossato i paramenti del potere, ma il grembiule del servizio. Ha accarezzato i malati, stretto i bambini, parlato alle persone guardandole negli occhi. Come Papa Giovanni XXIII – il “papa buono” che nel 1962 invitò i genitori a portare la carezza del Papa ai loro figli – anche Francesco ha saputo toccare i cuori, riportando il pontificato a una dimensione di umanità semplice e autentica. Era un uomo tra gli uomini, e questa sua empatia ha rotto ogni barriera gerarchica, ogni freddo protocollo.
La seconda immagine è quella della semplicità. Scegliendo il nome di Francesco d’Assisi, non ha scelto solo un richiamo spirituale, ma una rotta precisa: quella della povertà, della giustizia, dell’amore per il creato. È stato il primo papa a parlare con una intera enciclica di “ecologia integrale”, collegando la crisi ambientale all’ingiustizia sociale e allo sfruttamento delle risorse globali. Con la Laudato si’, ha dato voce a un nuovo pensiero spirituale ed etico, erede della visione di Francesco d'Assisi ma capace di attualizzarsi e di dialogare con scienziati, attivisti, giovani, popoli indigeni. Ha riconsegnato al mondo l’idea che la Terra è una casa comune, non una proprietà da saccheggiare per i profitti, l'avidità e gli egoismi del mondo più ricco.
La terza immagine è quella del costruttore di pace. In anni segnati da narrazioni belliciste, Papa Francesco ha osato essere voce fuori dal coro. Non ha mai accettato la logica della “guerra giusta”, ed è stato per questo attaccato, isolato, persino accusato ingiustamente. Ma non ha mai indietreggiato. Ed è stato un riferimento per chi, anche fuori da ogni fede religiosa, ha continuato a credere che la pace e a impegnarsi contro i piani di riarmo. È stato una bussola per credenti e non credenti, per chi ha continuato a lavorare nella prospettiva del disarmo e della nonviolenza attiva.
A causa di ciò è stato osteggiato dal clero conservatore, che lo ha visto come un pericolo per la gerarchia e per i valori del tradizionalismo cattolico. Perché è del tutto evidente che Papa Francesco ha rotto gli schemi. Ha spostato la Chiesa su un piano universale, dialogante, inclusivo. Ha parlato a tutti: ai movimenti popolari, ai pacifisti, agli ambientalisti, ai migranti, ai giovani in cerca di senso. Ha costruito ponti, ha demolito muri.
E tra tutte le immagini che ci ha lasciato, una resterà indelebile nel nostro cuore: quella di Papa Francesco, insieme a padre Alex Zanotelli, entrambi a Verona, che sorridono mentre reggono la bandiera arcobaleno della pace. Non è solo una foto. È un'eredità. A noi il compito di raccoglierla, custodirla e farla vivere ancora.
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