Il silenzio dei pacifisti
L’associazione PeaceLink ha lanciato campagne con il medesimo filo conduttore: i diritti umani. La prima è centrata sulla prigione americana di Guantanamo, e ne viene chiesta la chiusura. Questa campagna registra attualmente circa 850 adesioni individuali e il sostegno di oltre cinquanta associazioni. Vede inoltre la partecipazione di nomi noti dell’attivismo pacifista e nonviolento a livello nazionale: da Moni Ovadia, a Vittorio Agnoletto, ad Alex Zanotelli e molti altri.
La campagna Guantanamo è collegata alle rivelazioni di Assange che con WikiLeaks ha reso note tutte le atrocità che accadono in quel carcere americano. L’obiettivo della campagna è il rispetto e la tutela dei diritti umani. Infatti dopo l’11 settembre 2001 è avvenuta la sospensione dei diritti in nome della guerra al terrorismo. A Guantanamo i prigionieri non sono salvaguardati dalla Convenzione di Ginevra sulla tutela dei prigionieri di guerra e dei civili e questi sono elementi per cui la Corte Penale Internazionale indaga nei confronti degli Stati Uniti.
La seconda campagna riguarda la liberazione di Daniel Hale, lo specialista di intelligence che aveva divulgato alla stampa informazioni riservate riguardo la guerra dei droni, e segreti sulle operazioni in Afghanistan, Yemen e Somalia.
Il suo crimine è stato dire questa verità: il 90% delle persone uccise dai droni statunitensi sono astanti, non gli obiettivi previsti. A marzo si era dichiarato colpevole e aveva «accettato la responsabilità» per aver violato l’Espionage Act. Il tribunale della Virginia lo ha condannato a 4 anni di carcere, meno dei 50 chiesti dal Dipartimento di Giustizia, ma non per questo giustificabili.
Le campagne lanciate da PeaceLink mirano dunque alla liberazione di persone innocenti e a garantire processi equi.
La guerra del terrore al terrorismo ha reso “legale” la violazione dei diritti umani e la persecuzione contro tutti coloro che rivelano la verità, contro le menzogne e le falsità che, in tempi di guerra, proliferano. Ciò che è avvenuto in termini di violazione della vita di innocenti è impressionante ma purtroppo poco conosciuto. Ed è gravissimo che paghino col carcere i testimoni che hanno rivelato crimini di guerra. Si tratta di casi di coscienza: la loro colpa è aver violato segreti militari per tutelare innocenti massacrati dalle armi USA.
Per quanto riguarda la vicenda del drone americano che ha colpito un’auto di presunti terroristi dopo la strage di Kabul, Biden ha dichiarato: “Abbiamo dato indicazione di colpire in modo altamente preciso”. Invece, al contrario, sono stati colpiti dei civili. È stato colpito anche un ingegnere afgano che collabora con un gruppo di aiuto umanitario americano.
Purtroppo sono poche le associazioni che riportano quanto è accaduto a Daniel Hale e che lo hanno sostenuto.
Allora è lecito domandarsi: perché il movimento pacifista non attiva azioni di denuncia? Il movimento pacifista nel suo complesso dovrebbe essere presente in continuazione e svolgere una azione nonviolenta e militante di controinformazione. Il caso di Daniel Hale, in carcere per aver obbedito alla sua coscienza, dovrebbe diventare patrimonio di tutte e tutti. Negli anni ‘60 , ad esempio, eventi del genere diventavano patrimonio di milioni di persone e di tutta l’opinione pubblica.
Quello che sembra una diffusa indifferenza del movimento pacifista è un fatto gravissimo. Scopriamo che noi pacifisti, questo tragico accadimento, non l’abbiamo in realtà condiviso, elaborato e fatto nostro. Forse non fa più parte del nostro stile di attivismo? O dell’impegno e del nostro lavoro di denuncia? Oppure una certa frustrazione, legata anche a quelli che sembrano scarsi risultati del nostro impegno, ci sta scoraggiando?
In realtà, quelli attuali sono momenti difficili per l’assenza di valori e ideali. Ci diamo per sconfitti in partenza e certe campagne non le iniziamo neppure.
La reazione della società civile sembra flebile e forse qualche ingranaggio si è rotto nei meccanismi di attivismo e solidarietà, non solo del mondo pacifista e nonviolento, ma nell’intera comunità mondiale.
Per questo PeaceLink si schiera per la verità e la trasparenza dell’informazione e per dare una risposta forte e determinata a questa tragica carenza di responsabilità sociale da parte dell’opinione pubblica e, purtroppo, anche di una parte consistente del mondo pacifista.
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