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La strategia di Zelensky non va appoggiata perché si sta rivelando pericolosa e controproducente

Pacifisti: siamo la maggioranza e dobbiamo fare opinione pubblica

La maggioranza delle persone è contro ogni avventura militare dell'Italia ed è anche contro l'invio di armi all'Ucraina. Occorre sfruttare questo vantaggio strategico per costituire ovunque comitati per la pace permanenti che diano voce all'Italia che non si mette l'elmetto.

Ucraina: siamo parte della soluzione o del problema?

La cosa drammatica di ogni guerra è che chi la vuole ha pieno accesso ai mass media e fa opinione pubblica amplificando posizioni che spesso sono di minoranza.

Chi invece non la vuole non ha pieno accesso ai mass media e non riesce a fare opinione pubblica come vorrebbe, nonostante abbia con sé la maggioranza dell'opinione pubblica.

A questo punto è bene avere chiare due cose:

1) noi pacifisti siamo la maggioranza e dobbiamo fare opinione pubblica;

2) lo dobbiamo fare perché avevamo ragione a dire no all'escalation militare; le scelte di Zelensky e della Commissione Europea si stanno dimostrando controproducenti perché sono scelte di escalation militare prive di reali prospettive di successo e che pertanto avvantaggiano Putin senza aiutare in alcun modo il popolo ucraino.

Bisogna essere imbottiti di molta propaganda per dire che la Russia "sta perdendo la guerra". Una cosa è dire che la Russia non sta avanzando come previsto, subendo gravi perdite, altra è negare che stia avanzando. Chi legge le riviste militari, chi consulta i siti specializzati sa che passo dopo passo, giorno dopo giorno, l'apparato militare dell'Ucraina viene demolito da una pioggia di missili che lo stanno indebolendo sempre di più. Non solo: le notizie sulla vittoriosa resistenza delle truppe ucraine si stanno rivelando sovradimensionate. Ogni giorno i satelliti russi fanno la mappa degli obiettivi da distruggere e sistematicamente li colpiscono mentre le truppe ucraine assitono impotenti alla demolizione progessiva di tutta l'infrastruttura militare, così come accadde nel Kosovo quando le truppe serbe subirono giorno dopo giorno la distruzione di tutte le basi militari. Con la differenza che la Russia per di più avanza sul campo con i mezzi blindati dopo aver demolito tutte le difese. La verità è che oggi la Russia sta prendendo il controllo militare della città strategica di Mariupol, sul Mar d'Azov, collegato al Mar Nero. Risultato? I russi congiungeranno con un corridoio la Crimea al Donbass, fornendo a quest'ultimo l'affaccio al mare. Zelensky, proseguendo la guerra a oltranza, si è dato la zappa sui piedi. Ha illuso se stesso, il suo popolo e la comunità internazionale di essere un condottiero e un eroe. Ma in realtà sta ottenendo i risultati opposti a quelli che promette.

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Oggi il Corriere della Sera ha raccolto la testimonianza di un giovane di 23 anni che ha lasciato Mariupol. Le parole di questo giovane cozzano tantissimo con la retorica dell'eroismo patriottico di cui parla Zelensky. Eccole.

«Poco dopo aver mandato quel messaggio al Corriere, il momento più brutto. Ho scoperto che una cosa è sentire una bomba da dentro il rifugio, un’altra è mentre sei fuori, all’aperto. Ero andato a cercare la linea telefonica e stavo tornando. Da una parte avevo un lunghissimo palazzo chiuso, dall’altra un parco vuoto. Ho sentito il rumore del jet e mi sono paralizzato. Il rombo dell’aereo fa paura, mi hanno insegnato che hai pochi secondi per ripararti in un androne, ma lì non avevo rifugi. Un soldato ucraino mi ha scosso urlandomi da lontano di ripararmi contro un muretto. Ho fatto in tempo ad accucciarmi che ho visto l’onda d’urto trasformare in materia molle pietre e mattoni agitandoli come una bandiera. In una frazione di secondo i vetri si sono gonfiati come bolle di sapone, allo scoppio ho sentito tutto il rumore che non avevo sentito prima. La bomba era caduta a 4-500 metri».

«Mariupol non esiste più, un palazzo sì e uno no del centro è danneggiato o bruciato. Non so se basteranno 20 anni per riavere la città che era un mese fa. È morta, perché restare?» Dopo l’incubo, la felicità della salvezza. «È successo al primo check point ucraino dopo i tantissimi russi. Da dove arrivate? Mariupol. Via via, andate. Purissima gioia. Il gatto si è spaventato per le nostre urla».

A questo punto a che cosa sono serviti i proclami di Zelensky sulla vittoria quando stava in realtà stava perdendo? Adesso tratterà da posizioni di forza o di debolezza? 

Fermo restando la condanna di Putin per una guerra che viola tutti i principi del diritto internazionale, va aggiunto che a quella detestabile guerra Zelensky ha risposto in modo controproducente, dandosi obiettivi puramente retorici, illudendo senza alcun vantaggio, perché ha allungato le trattative di pace che invece dovevano essere condotte con ben altro spirito, sapendo che ogni giorno perso era un giorno di vantaggio per Putin, e non viceversa. Ieri Putin si è esibito in un bagno di folla, in uno stadio stracolmo, mentre Zelensky è chiuso nella trappola della sua strategia controproducente ed autolesionista. Ha portato l'Ucraina in un cul de sac da cui tenta di uscire con la proposta alla Nato di un'intervento militare (la no fly zone) e ottenendo in cambio un garbato rifiuto. La Nato ha detto "no" a Zelenski. A questo punto Zelensky sta cercando di accusare la Nato di non essere dalla sua parte e di mobilitare l'opinione pubblica internazionale, nazione per nazione, persuadendola che un allargamento del conflitto non è poi una catastrofe in quanto la catastrofe c'è già. Zelensky sta puntando sulle nazioni con i governi più nazionalisti, come la Polonia, per ottenere un allargamento della guerra attraverso interventi militari "umanitari" di sconfinamento nel territorio ucraino. Una follia. Zelensky vuole trascinare una Nato riluttante a fare ciò che non vorrebbe. Le sta tentando tutte, con una tenacia degna della peggiore irresponsabilità, improntata alla strategia del "tanto peggio tanto meglio".

Zelensky punta a cambiare la linea della Nato e a farla deragliare verso un intervento militare, e siccome sa di aver già ottenuto un garbato "no", punta a conquistare il sostegno popolare dell'opinione pubblica europea e americana. Questo pericoloso tentativo va contrastato.

A questo punto, sembrerà un paradosso, ma la strategia dei pacifisti dovrebbe essere quella di fare di tutto perché si consolidi la posizione di non intervento della Nato, isolando Zelensky e rendendo chiaro che Zelensky sta operando contro gli interessi del suo stesso popolo, che solo con un'ubriacatura nazionalista può pensare di stare meglio di prima rifiutando il negoziato su Donbass e Crimea. Zelensky potrebbe puntare sull'autodeterminazione di quelle regioni, con referendum monitorati da osservatori internazionali. E invece no. Zelensky va a zig zag con negoziati in cui un giorno dice una cosa e il giorno dopo dice la cosa opposta. Chi lo acclama come un eroe, oggi, dopo la caduta della città strategica di Mariupol, dovrebbe rendersi conto è una persona eroica solo nel darsi la zappa sui piedi, ottenendo l'esatto opposto di ciò che vorrebbe conseguire.

Il nazionalismo di Zelensky è talmente controproducente che lui stesso cerca di compensarne gli effetti chiamando sempre più in causa, e pericolosamente, la Nato. La tira costantemente per la giacchetta.

E la Nato? Lo ha accontentato con azioni più di facciata che di sostanza. 

Gli stessi aiuti militari all'Ucraina - chiesti dalla Nato deliberati con tanta retorica dai parlamenti europei - alla fine non giungeranno a destinazione integri perché verranno neutralizzati dai missili russi. E quindi sono un'arma spuntata. Ma sono anche un'arma pericolosa perché quelle armi, per essere consegnate, hanno bisogno che qualcuno le consegni. La Nato potrebbe consegnarle in prima persona, ed è un passo che porterebbe alla terza guerra mondiale. Oppure per essere consegnate vanno trasportate dai mercenari (i contractors) che tentano di entrare dai confini occidentali dell'Ucraina. Nelle prossime settimane i contractors alla frontiera saranno sempre più nel mirino - vero e proprio - della Russia. Attendiamoci di vederli presentati come "i nuovi partigiani". Già sulla tv pubblica sono stati intervistati e presentati con la retorica reganiana dei freendom fighters

Pensare che questa possa essere la prospettiva della guerra, con una destabilizzazione militare che diventa destabilizzazione anche economica alle porte dell'Europa significa - ancora una volta - avere l'intelligenza dello stupido. Rileggiamoci la terza legge della stupidità del prof. Carlo Cipolla:

“Una persona stupida è una persona che causa un danno ad un’altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé od addirittura subendo una perdita.”

Forse questa conclusione non piacerà a qualcuno, ma andrebbe ricordato che Lenin, pur di terminare una lunga e sanguinosa guerra, nel 1917 firmò accordi di pace che penalizzavano fortemente l'Unione Sovietica da un punto di vista territoriale. Fu molto criticato anche all'interno del suo partito, il partito bolscevico. Ma antepose la pace ad ogni considerazione di carattere territoriale. Lenin non era un pacifista, non era una persona arrendevole. Ma, al tempo stesso, non era un cretino. E decise di firmare un accordo di pace, che non piaceva perché comportava la perdita di un terzo del territorio della Russia, pur di terminare un conflitto sanguinoso che, se fosse proseguito, avrebbe recato più danni che benefici al suo popolo.

Chi oggi ci incolpa di essere pacifisti "arrendevoli", dovrebbe andare a rileggere i libri di storia. Occorre riflettere sulle conseguenze disastrose del nazionalismo. La guerra a tutti i costi, anche a costo di perdere giorno dopo giorno, fino all'ultimo uomo, è la guerra degli idioti, non degli eroi. I nostri detrattori dovrebbero riflettere che - con le loro opinioni pro-guerra distribuite dal tiepido salotto di casa - stanno illudendo il popolo ucraino e stanno alimentando un nazionalismo che tutto otterrà tranne che un esito favorevole dal prolungamento di un terribile conflitto armato come questo. Alla fine di questa guerra entrambe le parti, come in un gioco dell'oca, torneranno sugli stessi nodi: la neutralità, il Donbass e la Crimea. Ritorneranno alla casella di partenza con un paese distrutto e migliaia di morti.

All'estremismo della guerra a tutti i costi occorre rispondere con la moderazione. E paradossalmente noi pacifisti stiamo dando - da sponde lontane - un supporto utile alla Nato nel convincere Zelensky che la Nato non può e non deve intervenire. Ogni alternativa all'allargamento del conflitto va perseguita con responsabilità e con un fine supremo che è quello della fine della guerra e di un accordo che tenga conto delle esigenze di sicurezza di tutti gli attori in campo.

Se Zelensky lo capisce allora sarà parte della soluzione, se non lo capisce sarà parte del problema.  

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