Manifestazioni per la pace in Palestina in tutto il mondo
Non era la prima manifestazione di solidarietà per la Palestina: un partecipatissimo corteo si era già svolto il 23 ottobre scorso per protestare contro i bombardamenti, ma quella di venerdì è stata una chiara azione di denuncia circa la partecipazione militare degli USA al genocidio in corso a Gaza.
Come riferito da Anbamed sabato 4 novembre si sono svolte manifestazioni di solidarietà per la Palestina nelle principali città europee, in Vietnam, in Indonesia e in vari Paesi dell’America centrale e meridionale.
Nel Regno Unito e in Irlanda decine di migliaia di persone hanno realizzato cortei e sit-in in numerose città, tra cui Edimburgo, Glasgow, Manchester, Cardiff, Liverpool, Leeds, Oxford, Sheffield, Belfast, Cork, Galway e Dublino, chiedendo un cessate il fuoco immediato. A Londra 30.000 manifestanti hanno gridato davanti alla sede del governo: “Quanti bambini dovranno morire perché vi fermiate?”. “Quanti altri civili dovranno morire prima che i leader politici ascoltino il nostro movimento globale per la pace?” ha aggiunto l’ex leader laburista Jeremy Corbyn.
A Washington 300.000 persone hanno dato vita alla più grande manifestazione contro la guerra dai tempi del Vietnam, chiedendo a Biden di smettere di finanziare il genocidio a Gaza ed esigendo un cessate il fuoco immediato. La manifestazione era organizzata da Palestinian Youth Movement, ANSWER Coalition, American Muslim Alliance, The People’s Forum, National Students for Justice in Palestine, Al-Awda: The Palestine Right to Return Coalition, U.S. Palestinian Community Network (USPCN), U.S. Campaign for Palestinian Rights (USCPR) e Maryland2Palestine. Vedete l'affascinante video "timelapse" che condensa la marcia lungo la Pennsylvania Avenue in soli 60 secondi:
https://www.youtube.com/shorts/Yhrnt9jblEo
Come spiega la pagina Facebook di Jewish Voice for Peace, protagonisti del sit-in alla Grand Central Station di New York, nelle ultime settimane migliaia di ebrei statunitensi hanno protestato contro l’assalto militare israeliano a Gaza, dichiarando: “Non resteremo in silenzio mentre il nostro dolore viene sfruttato per fornire un sostegno militare al genocidio dei civili palestinesi a Gaza”.
Invece a Roma il 4 ottobre, centinaia di manifestanti hanno replicato la grandiosa marcia per la Palestina del 28 ottobre, da Porta San Paolo a piazza San Giovanni, sfilando questa volta da piazza Vittorio Emanuele II a piazza San Giovanni. Hanno voluto replicare quell’evento, proprio nel giorno della festa delle Forze armate, “per contrastare il tentativo del governo Meloni di trasformare il 4 ottobre in un giorno di festività nazionale, da contrapporre ideologicamente al 25 aprile, festa della resistenza partigiana da cui è nata la Repubblica antifascista.” Inoltre, scrivono gli organizzatori, davanti ai crescenti orrori del genocidio israeliano in corso a Gaza, serve scendere di nuovo in piazza per dire “un No coerente e non ambiguo alla guerra.”
Tra gli organizzatori spiccano Potere al Popolo, il sindacato USB e un grande schieramento di forze politiche, associazioni, movimenti come Unione Popolare, Cambiare Rotta, Movimenti Per Il Diritto All'Abitare, Opposizione Studentesca d’Alternativa, Partito della Rifondazione Comunista, Partito Comunista Italiano, Patria Socialista, Rete dei Comunisti, Giù le Mani dall’Africa e altri ancora.
Tra i cartelli esibiti ce n’era uno che solleva un’ipotesi che potrebbe sembrare a primo acchito pura fantapolitica: “Bibi sapeva. Genocidio premeditato”. Ovvero il primo ministro israeliano sarebbe stato avvertito dai suoi servizi segreti di un imminente attacco intorno al 7 ottobre ma avrebbe scelto di ignorare le segnalazioni proprio per avere il pretesto di risolvere il problema Hamas una volta per tutte, anche facendo ciò che molti osservatori considerano un genocidio.
In fondo, dopo l’attacco aereo alle Torre Gemelle di New York, circolava una ipotesi simile: Bush sarebbe stato avvertito dai suoi servizi segreti del complotto ma avrebbe scelto di ignorare le segnalazioni per avere il pretesto di occupare Afghanistan e così chiudere il cerchio di basi USA intorno alla Cina. Sempre secondo queste ipotesi, né Nettanyahu né Bush avrebbero previsto la grave entità degli attacchi che avrebbero permesso.
In corsivo, i testi aggiunti all’articolo originale.
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