Un altro mattone contro il Muro
Contro ogni muro tra i popoli, in sostegno dei diritti negati sempre e ovunque. Roger Waters, il genio di «The Wall», lo storico frontmandei Pink Floyd, è venuto a ribadirlo in Israele, con brani musicali e dichiarazioni rilasciate davanti ai lastroni di cemento armato che circondano Betlemme. Grandissima attesa per il concerto di ieri sera nel piccolo centro abitato di Newe Shalom, tra Gerusalemme e Tel Aviv, scelto dal cantante e compositore proprio perché è un esempio di convivenza tra ebrei e palestinesi. Una risposta a chi ha progettato e realizzato il muro in Cisgiordania spaventato dalle «tendenze demografiche», dal «preoccupante aumento del numero degli arabi». Di fronte a 45mila persone, tra cui non pochi palestinesi di Israele, Waters ieri sera ha esortato a ripensare il futuro, a programmare la convivenza e non la separazione, a rispettare i diritti e non a negarli. Ha sprigionato ancora una volta quel «fluido rosa» che ha fatto riflettere generazioni di fans.
«Tear down the Wall» (abbattere il muro) ha scritto Waters mercoledì su un lastrone del muro, all'altezza di Betlemme. «E' una costruzione orribile», ha detto ai giornalisti la mente e l'anima dei Pink Floyd. «Lo avevo visto in fotografia, ne avevo sentito parlare parecchio, ma se non sei qui, non puoi immaginare quanto straordinariamente oppressivo sia e quanto sia triste vedere la gente che passa attraverso queste piccole aperture. E' una follia, farlo cadere può essere difficile ma alla fine dovrà succedere». Prima di lasciare Betlemme, Waters ha voluto aggiungere la sua scritta ai numerosi graffiti sul muro. Non è il suo primo muro: nel 1990 il leader dei Pink Floyd aveva eseguito la sua opera davanti a ciò che restava di quello di Berlino. Il concerto era previsto in origine nello stadio di Tel Aviv, ma, in seguito alle critiche dei fans palestinesi e inglesi ha deciso di spostarlo a Newe Shalom. Un ripensamento che ripaga i palestinesi della forte delusione provata un paio di settimane fa per il megaconcerto in Israele dei Black Eyed Peas. I componenti della band hip hop, impegnata contro il razzismo e apertamente schierata contro le discriminazioni e l'apartheid, non hanno pronunciato una parola contro l'occupazione di Cisgiordania e Gaza. Uno schiaffo ai palestinesi ma anche a quella sinistra israeliana che vede nel negoziato l'unica soluzione per il conflitto.
E mentre Roger Waters ieri preparava a Newe Shalom il suo concerto, le reti televisive mondiali riferivano che il premier israeliano Ehud Olmert e il presidente palestinese Abu Mazen avevano finalmente «rotto il ghiaccio» grazie all'invito a colazione di re Abdallah di Giordania nella millenaria città nabatea di Petra. Un rituale ben noto: «calorosa stretta di mano» seguita dalla decisione di formare una commissione congiunta per la preparazione un summit vero e proprio. Parole concilianti che contrastano con la realtà sul terreno, con la determinazione di Olmert di portare avanti il suo piano unilaterale e la costruzione del muro, con la decisione del ministro degli esteri israeliano Peretz di continuare i raid aerei su Gaza - ieri ci sono stati i funerali delle ultime due vittime innocenti, una donna incinta e suo fratello - con l'insistenza dei militanti palestinesi che continuano a lanciare razzi su Sderot, con l'incessante pressione militare israeliana su Cisgiordania e Gaza. Dopo le frasi concilianti, Abu Mazen ha ribadito che i palestinesi non rinunceranno a chiedere uno stato entro i confini del 1967. «Non chiediamo niente di più - ha detto - ma non accetteremo niente di meno». Olmert ha affermato di essere «convinto che Israele dovrebbe estendersi dal fiume Giordano al mare».
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