Palestina

Un appello delle rappresentanze sindacali della Leonardo a Varese

"Gaza, noi non ci giriamo dall'altra parte"

I metalmeccanici FIM-FIOM-UILM intervengono sulla Palestina: "Restare in silenzio è impossibile". I sindacalisti denunciano: "Questo è un massacro. È occupazione. È apartheid".
30 giugno 2025
Redazione PeaceLink

Mobilitazione lavoratori

Le Rappresentanze Sindacali Unitarie FIM, FIOM e UILM degli stabilimenti Leonardo della provincia di Varese hanno diffuso un forte appello di solidarietà con il popolo palestinese. In un testo dal titolo "Con la Palestina. Perché restare in silenzio è impossibile", le lavoratrici e i lavoratori prendono parola per denunciare il massacro in corso a Gaza e per chiedere giustizia e diritti per chi oggi vive sotto occupazione.

«Siamo lavoratrici e lavoratori, persone comuni – scrivono – che non possono più stare zitti di fronte a quello che sta accadendo». Senza giustificare in alcun modo l’attacco del 7 ottobre contro civili israeliani, i sindacalisti denunciano con forza la sproporzione della risposta: «Questo non è un conflitto. È un massacro. È occupazione. È apartheid».

Tra le richieste avanzate ci sono:

  • il cessate il fuoco immediato e l’invio senza ostacoli degli aiuti umanitari;

  • la fine dell’occupazione israeliana e il riconoscimento del diritto dei palestinesi a vivere liberi nella propria terra;

  • la sospensione degli accordi commerciali con Israele da parte dell’Italia, in linea con le disposizioni previste dall'articolo 2 dell'accordo UE-Israele, che vincola i rapporti al rispetto dei diritti umani;

  • il rispetto delle risoluzioni ONU e del diritto internazionale;

  • giustizia per chi oggi non ha voce, ma ha diritto a una vita degna e a uno Stato.

Il comunicato si chiude con parole che richiamano i valori universali della solidarietà e della dignità umana: «Facciamo nostra una verità semplice: la libertà o è per tutti, o non è. Perché crediamo nella solidarietà, e nella forza di chi si alza ogni giorno a testa alta, anche quando tutto crolla intorno. E oggi, quella libertà ha il volto ferito di Gaza. E la nostra voce, anche piccola, deve raggiungerla».

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