Israele uccide civili palestinesi, attivisti imbrattano un aereo
Se il gruppo Palestine Action verrà messo al bando, anche scrivere parole di sostegno come queste potrebbe diventare un reato grave. È fondamentale opporsi a questo inquietante attacco alla libertà di espressione.

Il 20 giugno, come purtroppo accade sempre più spesso, le forze israeliane hanno aperto il fuoco su civili palestinesi durante una distribuzione di aiuti, uccidendo 23 persone. Lo stesso giorno, alcuni attivisti del gruppo britannico Palestine Action sono entrati in una base dell’aeronautica militare (RAF) e hanno imbrattato due aerei militari come forma di protesta. In un caso si è trattato dell’uso deliberato della forza letale contro civili, con 23 vite spezzate. Nell’altro non c’è stata alcuna violenza contro esseri viventi, nessun ferito, nessun morto. Eppure, il governo britannico ha deciso di trattare uno di questi due episodi come un atto terroristico. Indovinate quale.
Le principali organizzazioni internazionali sono unanimi nel ritenere che Israele stia commettendo crimini di guerra gravissimi a Gaza. A novembre dello scorso anno, una commissione speciale dell’ONU ha dichiarato che l’azione israeliana presenta caratteristiche compatibili con il genocidio. A dicembre, Amnesty International ha affermato che Israele “ha commesso e continua a commettere un genocidio”. Ora una serie di attacchi israeliani illegali e non provocati contro l’Iran ha trascinato anche gli Stati Uniti nel conflitto, in violazione del diritto internazionale. Mentre i massacri continuano a Gaza, l’aggressività israeliana rischia di far esplodere un conflitto regionale, se non globale.
Nonostante tutto ciò, il Regno Unito continua a fornire a Israele informazioni militari, e le aziende britanniche proseguono nella vendita di armi letali allo Stato israeliano. Secondo un sondaggio dello scorso anno, il 56% degli elettori britannici sarebbe favorevole a un embargo totale sulla vendita di armi a Israele. Centinaia di migliaia di persone, in tutto il paese, sono scese in piazza per piangere le vittime e chiedere la fine della carneficina. Ma il governo insiste nel suo sostegno all’offensiva militare israeliana. La protesta pacifica di massa, pur avendo il consenso della maggioranza dell’opinione pubblica, non ha prodotto risultati. Di fronte al sostegno statale a un genocidio, cosa dovrebbe fare chi ha coscienza?
Gli attivisti che hanno compiuto l’azione nella base di Brize Norton sapevano bene che stavano violando la legge. Ma ogni vero movimento di resistenza, dalle suffragette ai diritti LGBTQ+, dalla lotta contro l’apartheid in Sudafrica fino ad oggi, ha comportato forme di disobbedienza civile. Come scriveva Martin Luther King dal carcere di Birmingham: “Esiste una responsabilità morale a disobbedire alle leggi ingiuste”. E fornire armi per agevolare un genocidio non è solo ingiusto: è un abisso morale. Chi ha il coraggio di infrangere la legge per opporsi a questo orrore – spesso pagando di persona con la prigione – merita il massimo rispetto.
Ma mettere al bando un intero gruppo attraverso il Terrorism Act non è la stessa cosa che perseguire individui per azioni specifiche. Se il governo darà seguito alla sua intenzione di dichiarare Palestine Action un’organizzazione terroristica, farne parte diventerà automaticamente un reato. E perfino esprimere pubblicamente un semplice sostegno – come sto facendo io in questo momento – potrebbe essere considerato un crimine, punibile con fino a 14 anni di carcere. Anche avere rapporti economici con i membri o i sostenitori del gruppo potrebbe diventare illegale, indipendentemente da ciò che queste persone hanno effettivamente fatto.
Secondo la legge britannica, il Ministro dell’Interno può mettere al bando qualsiasi organizzazione “coinvolta nel terrorismo”. Finora, questo potere era stato usato solo contro gruppi armati o apertamente violenti. Ma la legge definisce il terrorismo in modo così ampio da includere anche il danneggiamento di beni materiali o l’interruzione di sistemi elettronici, anche in assenza di qualsiasi minaccia alla vita umana. Se si prosegue su questa strada, chiunque in Gran Bretagna potrebbe essere incarcerato anche solo per aver espresso appoggio verbale a forme di attivismo non violento. A prescindere dalle implicazioni generali, si tratterebbe di una drastica limitazione della libertà di parola.
Palestine Action non è un gruppo armato. Non ha mai provocato morti né rappresenta un pericolo per la sicurezza pubblica. Le sue azioni includono il sabotaggio di strutture, sì, ed è illegale. Ma se l’uccisione di 23 civili durante la distribuzione di aiuti non è considerata terrorismo, com’è possibile che lo sia verniciare un aereo? La protesta pacifica non ha fermato il genocidio. Più di 50.000 bambini innocenti sono stati uccisi o feriti. Se non ora, quando mai sarebbe giustificata la disobbedienza civile?
Posso solo dire che ammiro e sostengo senza riserve Palestine Action – e continuerò a farlo, anche se un giorno questo dovesse diventare un reato.
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