La lunga lotta per l'abolizione della pena capitale
La Toscana fu la prima in Italia ad abolire la pena di morte. Il 30 novembre del 1786 il Gran Ducato di Toscana sotto Pietro Leopoldo promulgò il nuovo codice criminale; per la prima volta nella storia degli stati moderni, con questo documento, furono abolite la pena di morte e la tortura. Difatti in quell'anno al Palazzo del Bargello tutti gli strumenti di tortura e di esecuzione furono bruciati. Il 30 novembre è una data simbolica che rimanda a eventi rivoluzionari che onorano la Toscana. Questa regione ha deciso di celebrare questa data storicamente importante ogni anno. In altri stati italiani tale pena era ancora largamente prevista.
La Camera dei Deputati passò nel 1865 il testo del nuovo codice penale che includeva l'abolizione della pena di morte. Il progetto in qualche modo cambiò, passò nel 1888 da entrambe le camere e divenne nel 1889 il codice penale Zanardelli, che fu mutato nel codice Rocco del 1930.
La pena di morte fu restaurata nel codice penale emanato durante il periodo fascista per crimini comuni; essa fu nuovamente abolita da un decreto legge nel 1944, che limitava l'abolizione ai codici ordinari, non cambiando le pene militari. In questo periodo (1944) la pena di morte fu ammessa solo per alcuni casi dal codice Militare di Guerra e veniva eseguita per taglio nel cesto (decapitazione), in un luogo militare. Ma quando la condanna comportava la degradazione del militare, veniva eseguita tramite fucilazione: tale esecuzione ha un significato particolarmente disonorevole ed è prevista per determinati crimini ignobili (per esempio tradimento, spionaggio, diserzione ai nemici). Il codice penale militare non è mai stato applicato in periodi di pace (1944-1994). Nel 1994 la pena di morte è stata definitivamente abolita con l'abrogazione del relativo articolo del codice militare penale.
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