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Bonifiche, verso l'accordo per evitare il Tar

Area industriale di Brindisi, il 23 giugno l'incontro a Roma. Le aziende, tra cui l'Eni, si sono opposte all'accordo sulle bonifiche. Anche Enel ha in piedi progetti di ambientalizzazioni onerosi, ma rifiuta la transazione.
13 giugno 2008
Fonte: Corriere del Mezzogiorno

- BRINDISI — Marea di ricorsi dei grandi gruppi conto l'Accordo programma per le bonifiche nella zona industriale e nel porto di Brindisi, e nuove proposte degli enti pubblici per evitare il rischio di vanificare la stessa operazione progettata dallo Stato, con la Regione e gli enti locali, per eliminare dai fondali, dalle falde e dai terreni decenni di stratificazioni di scorie tossiche di ogni genere.

Si sono opposti legalmente all'accordo l'Eni e tutte le società del Petrolchimico consortile, fatta eccezione per Basell; la società farmaceutica Sanofi Aventis; lo stesso Enel, mentre Edipower, come Basell (e come Brindisi Lng), ha scelto la strada offerta dal protocollo: dalla quota di costo per il danno ambientale, e da quella degli interventi di bonifica, sarà scomputata una somma pari agli investimenti programmati.

Anche Enel ha in piedi progetti di ambientalizzazioni onerosi, ma rifiuta la transazione. Ma non può essere il Tar del Lazio a decidere su come e quando Brindisi dovrà essere liberata dai veleni. In vista di una riunione del comitato di coordinamento dell'accordo di programma, fissata per il 23 giugno a Roma, nei giorni scorsi si è svolta una consultazione tra enti pubblici a Brindisi (cui ha partecipato anche il Sisri, escluso dall'accordo stesso).

Le proposte in discussione, che saranno portate all'attenzione del comitato, sono: ripartire su tutti i soggetti insediati un costo forfettario pari ad 1 euro a metro quadro, che comprenda danno ambientale e costo di bonifica; escludere da ogni onere i lotti e i terreni mai occupati (per evitare che gli investitori sopportino costi per situazioni di cui non hanno responsabilità alcuna).

L'accordo prevede uno stanziamento di 135 milioni di euro tra ministeri e Regione Puglia (a quest'ultima la quota più importante) per coprire i costi degli interventi, contando però che almeno il 50% venga recuperato attribuendone i costi alle aziende. La Provincia chiede che l'intera quota stimata del danno ambientale, 200 milioni di euro, sia pagata solo dai grandi gruppi.

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