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Lettera al Corriere del Giorno

La Costituzione festeggiata a Taranto nella manifestazione del 15 dicembre

E’ stato bello vedere sfilare il corteo davanti al tribunale, insolitamente ed inutilmente presidiato sabato sera, completamente buio eccetto la finestra di un ufficio illuminato. Udire gli applausi e leggere il cartello portato da alcuni bambini in cui c’era scritto “Grazie zia Patrizia continua a difenderci”
26 dicembre 2012
Giancarlo Girardi
Fonte: Corriere del Giorno - 20 dicembre 2012

Sessantacinque ed è ancora giovane! Giorno 22 dicembre la nostra Costituzione, “La più bella del mondo”, compie gli anni e prima ancora che nella trasmissione di Benigni è stata festeggiata nella grande manifestazione di Taranto del 15 scorso. Essa, infatti, è stata la protagonista assoluta del corteo con cartelli, striscioni e slogan che ne rievocavano gli articoli fondamentali, i diritti ed i doveri…per tutti.

I nostri Padri costituenti sarebbero stati certamente contenti di ciò, una grande lezione di educazione civica proprio come quella che alla mia generazione veniva impartita a scuola. La Costituzione italiana si giovò di un linguaggio semplice e chiaro perché pur essendo indirizzata a tutti doveva esserlo, particolarmente, alla stragrande maggioranza dei cittadini, dotati allora di bassa scolarità. Fu un compromesso nobile ed alto tra il meglio della cultura antifascista del tempo, quella comunista e socialista, cattolica, repubblicana e liberale, scritta ed approvata in un parlamento, allora, composto da soli galantuomini. Doveva, quindi, essere compresa sopratutto dal bracciante semianalfabeta e dal comune operaio, le classi soggiogate e sfruttate dal vecchio regime alle quali veniva richiesto il sacrificio, dopo aver liberato con i loro uomini e donne migliori impegnati nella lotta di Liberazione il Paese, della dura ripresa economica. Essa è tuttora pervasa dalla linfa vitale della “solidarietà”, dalla “giustizia sociale” e da “elementi di socialismo e di uguaglianza”, come veniva detto allora.

Quindi il rispetto della dignità di ognuno, di quello della vita dei cittadini, della loro salute, del lavoro su cui fonda la Repubblica, della legalità non intesa nel semplice rispetto delle leggi esistenti ma dell’essere uguali tutti rispetto alla Legge. Nei primi anni della Costituzione questi articoli furono alla base delle rivendicazioni del mondo del lavoro, era facile vedere un operaio ed un bracciante portare con se il libricino ed esibirlo affermando: “C’è scritto qui che mi devi dare un salario degno per far vivere la mia famiglia e non devi offendere la mia dignità di lavoratore e cittadino!”.

Il 15 scorso, ad una settimana esatta da questo anniversario, Taranto l’ha ricordata allo stesso modo: “C’è scritto qui il mio diritto alla vita, alla mia salute e quella dei miei figli attraverso l’applicazione dell’ art. 32!”  E’ stato commovente, per chi ci crede ancora, vedere persone semplici esibire il libricino con orgoglio nei sit-in dinanzi alla prefettura e nel fiume di gente che ha partecipato alla grande manifestazione. Si è reclamato il legittimo e garantito diritto al lavoro ed alla salute dei cittadini , ma anche il dovere del fine sociale della proprietà e dell’impresa la quale  non deve recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”(art. 41).  Nel mondo del lavoro tale diritto viene meglio esplicitato nello Statuto dei diritti dei lavoratori, fatto una ventina di anni dopo, che interviene anche sul modo di organizzare il lavoro stesso dandone precise priorità. Come non ricordare che non solo fuori dalla fabbrica ma anche al suo interno l’attuale proprietà di Ilva ha stacciato la nostra Costituzione! Oltre dieci anni fa il capo dell’ attuale Procura di Taranto entrò con la sua autorità in fabbrica ed impose la chiusura dalla palazzina Laf in cui vivevano, praticante reclusi, privati della propria dignità di lavoratori, una sessantina di dipendenti. Fu lui e non altri deputati a farlo. Come non ricordare nella nostra attualità la possibilità da parte dello Stato di confiscare (art. 42) ai privati i loro beni per gli interessi generali, mentre nel caso della nostra città, circondata da diverse aree industriali, sono le aziende private ad aver confiscato, nei fatti, i beni pubblici sanciti dalla Costituzione rappresentati dall’aria, dall’acqua, dal suolo e dal sottosuolo? uno striscione comparso al corteo del 15 dicembre 2012 a taranto

Quindi, qui da noi più che altrove, la nostra vita di lavoratori, cittadini, anziani e bambini, legittimi proprietari di quel capitale naturale da cui dipendiamo, in cui viviamo o sopravviviamo come nel nostro caso, ci viene continuamente sottratta. Essa è divenuta sempre più povera e precaria, un rovesciamento di fatto del dettato costituzionale. Questa è la drammatica realtà in cui si vive, basta guardare dentro di noi stessi, nelle proprie famiglie, tra i nostri conoscenti, nel mondo del lavoro che ci circonda. La stessa Costituzione stabilisce per tutti, inoltre, la libertà d’espressione, associativa e di tutte le formazioni sociali in cui i cittadini si organizzano, il diritto alla formazione ed alla libera informazione. E’questa la società civile che è scesa finalmente in campo a Taranto e che ha decretato che niente sarà più come prima!

E’ vero che i costituenti non posero la “questione” ambientale come noi la viviamo oggi, non era possibile allora, ma seppero incrociare diritti e doveri dei cittadini in modo tale da poter affrontare eventuali contraddizioni che sarebbero nate attraverso l’intervento e l’autonomia dei poteri costituzionali al fine di tutelare gli interessi superiori della collettività. Questa posta in gioco è stata affrontata, caso senza precedenti, dalla Procura di Taranto. E’ stato bello vedere sfilare il corteo davanti al tribunale, insolitamente ed inutilmente presidiato sabato sera, completamente buio eccetto la finestra di un ufficio illuminato. Udire gli applausi e leggere il cartello portato da alcuni bambini in cui c’era scritto “Grazie zia Patrizia continua a difenderci”. Nell’immaginario collettivo il giudice Todisco era ancora lì, nel suo ufficio, continuava a lavorare per tutti noi.

Oggi possiamo, tutelando la nostra vita, la nostra salute e dignità, reclamare diritti sacrosanti e chiedere una trasformazione radicale del rapporto tra fabbriche e città, un modello sociale ed economico che è fallito e che sostituisca l’attuale. Anche nelle fabbriche occorre, infine, modificare l’organizzazione del lavoro affinché si ponga il legittimo e costituzionale diritto alla tutela fisica e morale dei lavoratori (art. 35) legandola a quello relativo ad una dignitosa retribuzione lavorativa (art. 36). Una comune lotta per applicare la nostra Costituzione...la più bella del mondo.

 

 

 

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