Conflitti

Son rose e fioriranno

Un reportages sui volontari delle associazioni di Mitrovica
14 ottobre 2008
Raffaele Coniglio (cooperante in Kosovo dal 2005, www.raffaeleconiglio.blogspot.com)

Nella variegata
città divisa di Mitrovica vivono serbi, albanesi, gorani, bosniaci
e rom. Fattore critico di questo colorato aspetto sono però fratture
e divisioni interetniche che rimangono molto pronunciate a tal punto
che, come spesso avviene, proprio nella città dove la presenza di diverse
comunità è più forte e visibile, più marcati sono i contrasti. È
risaputo infatti che la città, non soltanto per la netta divisione
tra serbi e albanesi, è la più problematica del Kosovo.


Attore determinante
nella ricomposizione del complesso puzzle dovrebbe essere la società
civile della città sul fiume Ibar, i più giovani in primis, con l’essenziale
supporto di donne talentuose e determinate, con l’accondiscendenza
tacita della politica tout court.

Il ruolo delle
donne, qui come in numerosi altri contesti simili, è sempre stato di
vitale importanza per la ricomposizione sociale. Sono in tanti ad aver
da tempo capito questa forza, Unmik e molte altre organizzazioni internazionali,
agenzie governative e Ong, ed ora anche la maggioranza dei suoi cittadini.


Mitrovica,
così come tutto il Kosovo, pullula ancora oggi di associazioni no profit
e non, nate nella maggior parte dei casi subito dopo la guerra, alcune
con un buon intento, altre più semplicemente per intercettare l’importante
flusso di denaro del periodo post bellico. Nella città divisa proprio
per la delicatezza del contesto sono attive, e in molti casi ben strutturate,
varie organizzazioni multietniche, alcune nate per la sola iniziativa
di donne.


Durante la
calda estate kosovara ho incontrato e dialogato con le responsabili
di alcune delle più significative realtà associative di Mitrovica,
Mundesia, Women Business Association e Community Building Mitrovica.



Da Mundesia


La giovane
ed energica Hasime Tahiri è la direttrice di Mundesia, che in albanese
vuol dire “Possibilità”. “L’Ong è nata più di sei anni fa”,
mi dice con il suo fluente inglese, “per iniziativa del governo finlandese”.
L’idea iniziale che ha portato alla nascita dell’associazione è
stata data da una risoluta donna finlandese, Kaisa Penttinen, del Finnish
Refugee Council.


Hasime era
inizialmente il Local Coordinator di questa creatura appena nata, ed
a lavorato tanto prima di diventarne la diretta responsabile, seguendo
insieme alle sue colleghe numerosissimi trainings e tanta formazione
mirata, in Kosovo come in Finlandia. Attualmente intorno a Mundesia
ruotano 140 membri – tutte donne dai 17 ai quasi 80 anni– che pagano
una piccola quota associativa di 2,50 euro l’anno. “È una cifra
simbolica”, tiene a precisare la signora Hasime, spiegandoci anche
come sia impossibile agire diversamente, “Quello che le donne pagano
è logicamente una cifra inconsistente per il nostro budget, ma ci teniamo
a che paghino tale quota per responsabilizzarle sempre di più”. “Noi
viviamo del prodotto che realizziamo, e non certo per via di questa
quota” sottolinea. Mundesia inizialmente si proponeva soprattutto
di promuovere e rafforzare le opere artigianali delle donne di Mitrovica,
come vestiti e tappeti, ed oggi con le sue attività sostiene campagne
volte a sensibilizzare e istruire le donne, si impegna nella raccolta
fondi per i suoi diversi progetti, senza dimenticare la vendita di manufatti
la cui qualità è migliorata negli anni grazie a numerosi corsi. Nella
loro struttura, un palazzo di 3 piani ben tenuto che il governo finlandese
ha donato loro nei primi anni, le operatrici organizzano inoltre momenti
di lettura, escursioni, fiere a Pristina, Peja e nei paesi confinanti.
Insieme queste donne sempre indaffarate lavorano, parlano, discutono
di tutto, macinano progetti e inseguono sogni. Molti di questi sono
così andati in porto:


- nel 2005
hanno portato avanti un progetto in collaborazione con una organizzazione
serba di Novi Sad. Il progetto aveva il fine di analizzare come fossero
rappresentate e presentate le donne in politica sui quotidiani nazionali.


- Hanno implementato
un progetto con la Swiss Development Cooperation il cui fine era quello
di supportare a livello educativo e formativo le donne rom del quartiere
Roma Mahalla di Mitrovica

- Hanno organizzato
una fiera espositiva al Bosnian Mahalla, un quartiere multietnico della
città


- Da due anni
lavorano con la Women Business Association, un’associazione serba
di Mitrovica Nord, e con il supporto di Unmik gestiscono insieme il
Community Business Youth Centre nel Bosnian Mahalla.


Nel 2006 Mundesia
ha inoltre lavorato ad un importante progetto volto a ripulire ambe
le sponde del fiume Ibar. Era il luglio del 2006, e quello è stato
il loro primo progetto in collaborazione con la Women Business Association
della signora Olivera, mi spiega Hasime. 170 persone, membri di tutte
le comunità etniche di Mitrovica, vi hanno lavorato per più di 5 mesi.
“Le minacce e i rischi erano altissimi nella fase iniziale e per tutta
la durata del progetto, anche per questo eravamo molto attente a scegliere
le persone che dovevano lavorarci, cercando di scartare a priori quelle
che potevano creare dei problemi” sottolinea la direttrice di Mundesia.
Non sono mancati i batticuori, ricorda ancora, ripercorrendo col sorriso
la fase finale in cui il successo del progetto era ormai evidente, tanto
che sono riuscite a portare a casa il secondo premio di UNDP Global.



Raggiungendo
il quartiere Bosnian Mahalla dove ha sede il
Community Business Youth Centre


La signora
Hasime, albanese kosovara, ha molta dimestichezza con il Pajero che
guida, donato anch’esso dai finlandesi. Ricorda affettuosamente il
giorno in cui le è stata consegnata, “So bene che potrei, a questo
punto, dopo l’usura degli adesivi attaccati sulle due portiere della
macchina, toglierli” ammette, “Di per sé non è un gesto scorretto,
certo, ma come si fa?” “Voglio esserli riconoscente”, aggiunge
riferendosi ai finlandesi, “Anche con questo piccolo gesto”. L’inglese
continua ad essere la principale lingua di comunicazione anche quando
mi accompagna con la sua macchina, il Pajero appunto, al Bosnian Mahalla,
un quartiere cuscinetto sito proprio tra la parte sud e quella nord
di Mitrovica, dove incontriamo la sua collega e amica Olivera, direttrice
della Women Business Association. Ci vivono tutte le etnie del Kosovo
in questo solo quartiere, che anche per questo è piuttosto militarizzato.
I soldati della Kfor continuano a svolgervi attività di controllo e
peacekeeping. Noi parcheggiamo e in maniera del tutto naturale vedo
Hasime attraversare la strada di questo posto di confine, (a pochi metri
dalla zona serba), e salutare con affetto Olivera Milosevic nel Community
Business Youth Centre che gestiscono insieme. Può sembrare un gesto
di assoluta normalità quello del bacio tra due persone che si conoscono
da tempo. Ma non lo è certo per chi vive da queste parti ed appartiene
a due etnie“contrapposte” da decenni di tensioni e conflitti. Una
volta terminate le presentazioni iniziali, con Hasime e Olivera parliamo
in tutta tranquillità di politica e integrazione. Olivera espone chiaramente
le sue idee, dimostrando subito di essere anche lei energica e determinata,
mi spiega come mai lei sia così conosciuta e ben inserita nella città
nonché alla guida di quest’attiva associazione creata nel 2004. “Sin
da allora”, spiega la direttrice della WBA, “ci siamo occupate di
lotta contro la violenza domestica sulle donne, campagne per il rispetto
ambientale, organizzare incontri tra micro imprese di Mitrovica -sia
Nord che Sud- che operano nello stesso ambito, supportare piccoli agricoltori,
albanesi, serbi o di altre etnie, nelle loro attività, organizzare
tornei di calcetto multietnici tra i più giovani”. Apprendo poi che
la WBA organizza anche corsi di cucina (dolci), a cui partecipano soprattutto
donne rom, poi ci sono anche corsi di informatica, inglese, artigianato,
corsi sull’analisi del sangue, la misurazione del colesterolo. Nella
lunga lista di attività, prosegue Olivera evidentemente orgogliosa,
si sono occupate anche di una campagna contro il traffico di esseri
umani. “Oggi con il WBA, che partecipa ad un progetto di sviluppo
locale di UNDP siamo qui”, ci dice muovendo gli occhi ad indicare
la bella ancorché semplice struttura del centro giovanile.


“Da un anno
e mezzo gestiamo il Community Business Youth Centre nel Bosnian Mahalla”,
ripete Hasime che traduce il discorso di Olivera dal serbo all’inglese,
un centro voluto da ciascun leader di ogni gruppo etnico di Mitrovica
e “fortemente desiderato da Unmik che ha chiesto proprio a noi di
gestirlo” conclude. Nel centro c’è internet, 15 persone impiegate,
tra cui albanesi, serbi, turchi e bosniaci. Il CBYC è un luogo di incontro
e aggregazione per donne e uomini, soprattutto giovani. Soddisfatte
Hasime e Olivera elencano le tante sfide vinte contro il muro di gomma
che è Mitrovica ed, in particolare, alcune sue istituzioni locali,
rivivendo le avventure e paure dei giorni della pulizia del fiume Ibar,
confine improvvisato tra il nord e il sud della città e due mondi divisi.
Anche Olivera descrive con fierezza quella fase come un momento di rottura
di un muro di pregiudizi, ricordando che in quel progetto del 2006 lei
ed Hasime erano riuscite ad impiegare quasi 200 persone di diverse etnie
che guadagnavano grazie a loro 120 euro al mese (un salario medio mensile
in Kosovo va dai 150 ai 180 euro al mese). Quest’ultimo aspetto viene
ulteriormente sviluppato in un dialogo tra le due donne ed Olivera,
in maniera diretta, afferma come quello economico sia un aspetto non
trascurabile nel processo di pacificazione del Kosovo. “La gente più
che sedersi intorno ad un tavolo tecnico appositamente convocato per
parlare di pace o di analisi pacifica del conflitto, o di multiculturalismo,
ha bisogno di mangiare e di mandare a scuola i propri figli”, sentenzia
gelida. Hasime muove energicamente la testa mostrando la sua piena condivisione
di tale analisi.


Community
Building Mitrovica quanto a personale, organizzazione e progetti sembra
essere l’associazione meglio strutturata di Mitrovica.

A concludere
questa giornata tutta al femminile incontro lo staff di CBM (Community
Building Mitrovica). Ad accogliermi nel loro ufficio, prima dell’arrivo
di uno dei managers, Flora (Florije) Sylaj, trovo Lindsay, una stagista
venuta dall’Olanda, quasi a marcare l’aspetto internazionale di
questa Ong locale radicata evidentemente non soltanto su tutto il territorio
kosovaro. CBM è stata fondata nel 2001 e come allora anche oggi conta
personale multietnico del nord e sud di Mitrovica e collabora con numerosi
attori nei Balcani, tanto che la sua direttrice gestisce anche un network
di 30 Ong balcaniche che ha sede in Macedonia. Quanto a personale, organizzazione
e progetti sembra essere l’associazione meglio strutturata di Mitrovica.


Ha tanti punti
di forza CBM, evidenti non soltanto per le sue iniziative che si concentrano
nella promozione del dialogo tra serbi e albanesi, la tutela delle minoranze
e la protezione e il rafforzamento delle donne, ma anche nella motivazione
dei suoi membri che considerano CBM forte e unica nel suo genere e si
dichiarano fermamente convinti dell’importanza del lavoro che svolgono.
“Gestiamo il Centro Multietnico di Donne nella parte Nord di Mitrovica,
a Kodra Minatore/Mikronaselje, monitorato da una volontaria di CBM”,
spiega Flora, “Lì si organizzano incontri, visite, viaggi, corsi
di formazione su vari temi come la violenza domestica o la tessitura
di tappeti (per le ragazze rom), scambi con organizzazioni simili nei
Balcani”. “Proprio qui, in un’area nevralgica nella contrapposizione
tra serbi ed albanesi, grazie a questo centro multietnico di donne,
la situazione è nettamente migliorata”, commenta.


Si occupano
poi di advocacy e di diritti delle donne e di progetti generatori di
reddito. Cercano in particolare di aiutare donne, ma in molti casi anche
uomini, a sviluppare abilità che possono essere vendute sul mercato,
con corsi, ad esempio, per chi lavora nelle costruzioni, corsi tecnici
rivolti ai più poveri e di cucito per le donne rom. “La lista delle
nostre attività è molto lunga”, precisa sorridendo la collaboratrice
di CBM, “ci sono anche diverse attività che riguardano i giovani,
in particolare per la promozione del dialogo interetnico, come l’organizzazione
di visite in Olanda e Macedonia, l’ultimo un summer camp di
una settimana a Ohrid (Macedonia) a cui hanno partecipato studenti di
musica di tutto il Kosovo, serbi e kosovari”. A questo progetto che
si è svolto appunto nell’agosto 2008, CBM ha lavorato con l’organizzazione
Musicisti senza frontiere (Musicians without borders) che ha offerto
loro l’assistenza tecnica necessaria. Inoltre gli istruttori del corso,
albanesi e serbi, sono stati formati insieme in Olanda. “Adesso vogliamo
costruire una pop-rock school a Mitrovica”, afferma Flora. “Nonostante
la nostra dimensione non tanto grande, cerchiamo comunque di mettere
da parte delle risorse da investire nel fundraising e nei media, e nella
pubblicazione mensile del nostro M-magazine, quando riusciamo anche
nella versione in inglese” conclude la manager.


Community Building
Mitrovica, insieme a Mundesia e la Women Business Association, sono
tre realtà vive di Mitrovica, soggetti con i quali, nel bene e nel
male, le faziose istituzioni locali e la classe politica di Pristina
e di Belgrado dovranno sempre più misurarsi per uscire dal pantano
Kosovo e ritornare così a vedere e rappresentare la colorita composizione
etnica di sempre.

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