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Uccise dal terrorismo islasmico in Egitto, ferito dal fanatismo in Israele

La morte di Sabrina e Jessica Tinaudo, il ferimento di Adriano Rossi

La tragica fine delle due giovani italiane deve spingere a cercare le vie della pace e della riconciliazione fra i popoli, senza le quali non si prosciugano le paludi dell'odio causate dalla guerra infinita e dal conflitto israelo-palestinese. Anche il ferimento di Adriano ci faccia riflettere.
11 ottobre 2004

Con la morte di Sabrina e Jessica Tinaudo giungono sugli schermi televisivi le solite, logore e insincere parole di quei politici che appoggiano la guerra e credono di fermare il terrorismo.

La guerra sta alimentando il terrorismo e rendendo il mondo meno sicuro.

La tragedia della morte di Sabrina e Jessica Tinaudo ci conferma che nessuno, oggi, può più sentirsi al riparo dalla minaccia del terrorismo, neppure chi vive in una piccola cittadina di provincia e cerca una vacanza in Egitto, a Taba, città di confine tra Egitto ed Israele, nota per le sue belle baie ed insenature.

Si allunga la triste lista degli italiani che dopo l'attentato alle Twin Towers dell'11 settembre 2001 hanno perso la vita in altri Paesi a causa di un gesto terroristico: Luciano Tadiotto (nella notte fra il 16 e il 17 maggio 2003 a Casablanca in Marocco), Fabrizio Quattrocchi (rapito il 13 aprile 2004 in Iraq), Antonio Amato (ucciso il 30 maggio 2004 da un commando di terroristi di Al Qaida nella citta' saudita di Al Khobar), Enzo Baldoni (giornalista freelance in Iraq, rapito e poi ucciso il 26 agosto 2004).

Storie molto diverse. Comune invece la causa.

Sbaglieremmo a pensare che la soluzione stia in un irrigidimento dell'Occidente e in una chiamata a raccolta attorno all'ombrello di Bush: quell'ombrello è in realtà un parafulmini che attira nuove disgrazie.

La loro morte ci deve spingere invece a cercare le vie della pace e della riconciliazione fra i popoli, senza le quali non si prosciugano le paludi dell'odio causate dalla guerra infinita e dal conflitto israelo-palestinese.

Non è una semplice opinione. E' un dato di fatto che l'odio sta divampando ovunque.

Ieri nei pressi del villaggio di Tuwani, a sud di Hebron (nella Cisgiordania rivendicata dai palestinesi), Adriano Rossi, un volontario italiano dell'Operazione Colomba della Comunità Papa Giovanni XXIII, è rimasto ferito in seguito all'aggressione da parte di un gruppo di uomini incappucciati.

Terroristi islamici? Fanatici palestinesi?

No: erano probabilmente israeliani che - di fronte alle tragedie come hanno colpito la famiglia Tinaudo - hanno scelto la risposta violenta contro gente assolutamente innocente.

La zone non è nuova a violeze. In passato a Hebron un militante della destra integralista ebrea fece un'irruzione armata in una moschea uccidendo 29 persone.

Adriano, assieme ad altri 2 volontari americani e 2 ragazze israeliane di Amnesty International, aveva appena accompagnato a scuola i bambini palestinesi del villaggio, che ogni giorno subiscono intimidazioni e minacce dai coloni del vicino insediamento. Sulla strada del ritorno un gruppo di otto uomini col volto coperto hanno sbarrato la strada ai volontari, aggredendoli con pietre e bastoni.

Adriano è rimasto a terra privo di sensi, mentre altri due volontari sono rimasti feriti in modo leggero. Gli assalitori sono fuggiti portando con se anche la videocamera di Adriano.

La cronaca dell'episodio è su http://italy.peacelink.org/conflitti/articles/art_7370.html e giunge dopo altre segnalazioni simili che nei giorni precedenti i volontari dell'Associazione Papa Giovanni XXIII avevano comunicato su PeaceLink.

Questi episodi sono spie di un profondo e tragico malessere.

Ogni soluzione che non passi per il dialogo, la pace e la riconciliazione è destinata a fallire e a generare nuovo odio e nuova violenza.

L'impegno per la pace è un'unica valida strada per una soluzione equa e rispettosa dei diritti, della dignità e della sicurezza di tutti.

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