Conflitti

Uganda: un Natale di lacrime per gli Acholi

7 gennaio 2006
padre Carlos Rodriguez ( missionario cattolico in Uganda del Nord.)

E’ stato un Natale triste per Martha quest’anno. La notte del 13 dicembre i ribelli dell’LRA si sono introdotti nella sua proprietà, a circa 5 km dalla mia casa nella parrocchia cattolica di Minakulu-Bobi e hanno sequestrato i suoi due figli. Una di loro, una ragazza di 16 anni, è tornata indietro 10 giorni dopo, con i piedi gonfi, gli occhi pesti e terrorizzati, dopo essere stata costretta a guardare, mentre suo fratello, ventenne, veniva picchiato a morte.
Altre quattro ragazze rapite dallo stesso villaggio sono ancora disperse. Ho visto i loro genitori venire alla preghiera, la vigilia di Natale, con un peso nel cuore. “Dio ascolterà le nostre preghiere e farà tornare le nostre figlie?” Mi hanno chiesto. Per più di 15 anni ho ascoltato la stessa domanda centinaia di volte e la maggior parte delle volte mi sono trovato privo di speranza a cercare la risposta nel più profondo angolo del mio cuore, senza sapere cosa dire.
I miei genitori, mia sorella e alcuni amici mi hanno telefonato quella sera: “Stai andando a celebrare la messa di mezzanotte?” La messa di mezzanotte in un campo per sfollati Acholi? “No”, ho risposto, “abbiamo già celebrato la messa alle 5 del pomeriggio, in modo da finire prima che venisse buio”.
Dalle 8 o 9 di sera c’è completo silenzio tutto intorno. La gente sa che è Natale, ma rimane in profondo silenzio, un silenzio senza gioia. Dopo la messa si ritira in silenzio, pronta per un’altra notte che sarà uguale a cento, mille altre notti, e così faccio anch’io.
Il 22 dicembre i ribelli sono penetrati nuovamente nel villaggio del distretto di Apac, a circa 5 – 6 km di distanza, e hanno sequestrato altre quattro persone. Si sente a mala pena parlare di questi incidenti negli ultimi giorni. Per anni è diventata una moda ascoltare le stesse voci ufficiali parlare della “gente del nord che sta festeggiando un Natale di Pace….grazie al contributo di tutti“.
I ribelli dell’LRA saranno anche pochissimi, agiranno per lo più in piccoli gruppi, ma la vita qui non si è ancora normalizzata, per usare un eufemismo. Nella stessa settimana in cui figli di Martha sono stati rapiti, un ciclista è stato ucciso sulla strada da Kitgum Matidi a Kitgum. Lo stesso giorno, una famiglia di tre persone –marito, moglie e figlio- è stata rapita, sempre nella zona di Kitgum Matidi.
La moglie è riuscita a scappare e avvertire i soldati, che hanno immediatamente reagito sparando ai ribelli. Suo marito e suo figlio sono rimasti uccisi durante lo scontro a fuoco. Subito dopo, il 17 dicembre, undici passeggeri sudanesi sono stati uccisi dopo che la loro auto era caduta in un’imboscata a circa 5 km da Madi-Opei, sempre nel distretto di Kitgum.
Come molti sottolineano, uno degli aspetti più tristi di questa situazione è che pare ormai diventata poco più che routine e che nessuno sembra avere molta speranza che questo stato di morte lenta avrà mai fine.
Adombrato da eventi di più alto profilo nel paese, il nord Uganda è ricacciato attualmente in un angolo invisibile, anche se ha preso parte la scorsa settimana al consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Non cercate troppo riscontro a questi atti di violenza nella stampa ugandese.
Al massimo potrà riportare qualche fatto, liquidandolo in sei o sette righe in un angolo “in breve”.
Questo è il Natale degli Acholi. Niente a che vedere con i viaggi “tutto compreso”, con gli stabilimenti balneari e i ristoranti alla moda di Kampala, o di altre destinazioni turistiche. Un altro segno del fatto che continuiamo ad avere due differenti Uganda!
Personalmente, ciò che mi sostiene di più durante questo periodo dell’anno è la convinzione che la società in cui Gesù di Nazareth è nato in Israele duemila anni fa, ha molte più somiglianze con il Nord Ugando, straziato dalla violenza, dove la gente continua a vivere nella disperazione e nella tristezza, che con ogni altro tipo di società benestante.
Quelli di noi che ogni giorno incontrano gente come Martha e i suoi figli non possono tacere, e devono continuare a chiedere a gran voce perché questa situazione disumana stia continuando, anche se non trova spazio nella propaganda ufficiale, secondo la quale tutto va bene. Altrimenti il figlio di Dio –nato in una mangiatoia per animali, costretto a fuggire in Egitto quando era ancora bambino- ci giudicherà per il nostro inutile silenzio.

Note: traduzione e' di Laura Lanni

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