Attivisti della comunità Rohingya hanno deciso di denunciare Facebook
Non c'è pace per i Rohingya e non c'è pace per Facebook nonostante il recente cambio di nome della società statunitense in Meta, ufficiosamente per scrollarsi via di dosso l'onta di tante inchieste sui diritti violati. Questa volta la minoranza etnica, tra le fasce più povere al mondo, che perlopiù vive in Myanmar ma che non è riconosciuta dalla Birmania, ha deciso di denunciare il popolarissimo social network per "aver contribuito alla diffusione di messaggi d'odio nei loro confronti". Un'azione che arriva dopo lo scandalo di Frances Haugen, ex Product Manager di Facebook, che consegnò al Wall Street Journal documenti interni sui meccanismi degli algoritmi "inclini a favorire contenuti divisivi per monetizzare i profitti". La richiesta è di 150 miliardi di dollari di risarcimento. La causa intentata in un tribunale di San Francisco, in California, dove ha sede Facebook, sostiene che gli algoritmi utilizzati dal gigante della tecnologia abbiano favorito la disinformazione e le ideologie estremiste che hanno portato ad atti violenti nel mondo reale.
"Facebook è come un robot programmato con un'unica missione: svilupparsi", scrivono i denuncianti.
"La realtà innegabile è che la crescita di Facebook, alimentata da odio, divisione e disinformazione, ha lasciato sulla sua scia centinaia di migliaia di vite Rohingya devastate", si legge nel documento consultato dall'agenzia Afp.
Save the Children sulla comunità Rohingya
- I Rohingya sono un gruppo di fede musulmana che risiede principalmente in Myanmar nello stato di Rakhine, al confine con il Bangladesh e fanno parte degli strati più poveri della popolazione.
- In Myanmar la situazione dei Rohingya è sempre stata difficile. Da molti non vengono riconosciuti come cittadini birmani: vengono visti come bengalesi musulmani, arrivati con la colonizzazione britannica. Il governo birmano non riconosce loro la cittadinanza e non possono muoversi liberamente nel paese.
- La situazione è precipitata nell’estate 2017: centinaia i villaggi distrutti, decine di migliaia i morti e le vittime di violenza di genere attraverso attacchi sistematici alla popolazione civile. A seguito di questa escalation di violenza circa 738 mila Rohingya sono fuggiti in Bangladesh.
- La Corte internazionale di giustizia (organo giudiziario delle Nazioni Unite) a gennaio 2020 ha ordinato al governo birmano di prendere disposizioni immediate per fermare la violenza, in applicazione della Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio.
La dichiarazione di Amnesty International
Fin dal 2017 erano emerse evidenti atrocità. Villaggi distrutti, case date alle fiamme, stupri, uomini disarmati pestati e uccisi, insieme a donne e bambini. Il Rohingya sono una minoranza musulmana (1,3 milioni di persone) sottoposta da anni a una spietata persecuzione da parte della maggioranza buddhista nel Myanmar. https://www.ilsole24ore.com/art/l-odissea-rohingya-e-vergogna-myanmar-ADyo2yQC
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