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Il Tar Lazio e i poligoni militari

C'erano rapporti, perizie e le nanoparticelle di uranio nei suoi organi, ma a un militare ammalato era sempre stato negato un risarcimento. Il Tar sta ai fatti e smentisce i Ministeri
28 luglio 2014

Esercitazioni militari (altamuralive.it @ n.c.)

 Pochi giorni fa, il Tar Lazio ha emesso una sentenza importante.

Non sempre l’importanza di una decisione dei Tribunali Amministrativi dipende dalla profondità delle ricostruzioni o dalla raffinatezza dei ragionamenti giuridici. A volte il progresso sta nell'essere riusciti, in quel caso e per qualche motivo, a intaccare posizioni retrograde, inerzie tenaci e arroccamenti di un'amministrazione pubblica, che in questi giudizi è controparte di chi vi lavora (se fa parte di una categoria "non privatizzata") o di cittadini con cui entra in rapporto svolgendo funzioni istituzionali. Ogni volta che accade, quella decisione innovativa potrà fare breccia per il futuro. In questo caso l'amministrazione in questione è il Ministero della Difesa.

LA VICENDA 

Un giovane militare, giudicato non idoneo al servizio e collocato in congedo nel novembre del 2000 poiché affetto da Malattia di Hodgkin (un tumore del sistema linfatico), nel 2002 aveva richiesto un indennizzo per causa di servizio (così come previsto e secondo le apposite procedure), indicando le ragioni per le quali la patologia  era da considerare connessa al servizio prestato. Un organo si era espresso nel febbraio 2005 – non proprio tempestivamente – e non aveva individuato, nel servizio prestato, la sussistenza di “specifiche noxae potenzialmente idonee ad assurgere a fattori causali o concausali efficienti e determinanti". In poche parole, il Comitato di verifica delle cause di servizio ha sostenuto di avere un'altra opinione (non pare infatti che abbia motivato un granché), che le situazioni descritte dall'ex militare non erano in gr ado di far sorgere, o contribuire a far sorgere, la malattia.

Anche la richiesta di un nuovo esame, proposta in base alla normativa  che si occupa del personale impiegato nelle missioni militari all'estero, nei conflitti e nelle basi militari nazionali  (attuata dal D.P.R. 3 marzo 2009, n. 37, che è poi confluito nel mastodontico Testo Unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare), non aveva avuto esito positivo. L’ultimo diniego è del febbraio 2012.

Il Tar Lazio non ha però condiviso ed ha annullato tutti i provvedimenti.

Qui di seguito c’è il triste riassunto delle pericolose operazioni alle quali costringe l’uso delle armi, operazioni a cui vengono adibiti proprio i più giovani, per di più nell’incredibile mancanza  di misure di protezione.

I RISCHI DESCRITTI IN SENTENZA 

Ecco una parte della sentenza (le sostanze di cui si parla, prelevate negli organi del giovane Caporale Maggiore, sono nanoparticelle di uranio):

“ (…) l’Amministrazione non ha addotto ragioni sufficienti ad escludere l’esposizione del ricorrente alle polveri di uranio impoverito ed altri inquinanti carcinogenici nel corso dei diversi impieghi ai quali era stato adibito e che hanno comportato occasione di contatto con oggetti contaminati da sostanze la cui presenza è stata effettivamente riscontrata nei prelievi bioptici. Occasioni che invece sono state accuratamente rappresentate dal ricorrente che ha riferito specifiche circostanze di svolgimento di prestazioni che l’hanno esposto all’azione nociva di tali sostanze:

tre mesi di servizio presso il 57 Battaglione Abruzzi di Sulmona nei quali è stato applicato come vedetta nei poligoni di tiro ed esposto alle polveri di materiale esplodente;

periodo di addestramento presso l’80 Reggimento di Roma Cassino che implicava la permanenza in buche e trincee realizzate mediante esplosioni nonché operazioni di pulizia e smontaggio/rimontaggio di armi con benzene senza le necessarie attrezzature protettive;

addestramenti nell’uso di esplosivo sospetto “che al denotare sprigionava polvere giallastra tipica del tritolo” in località non meglio precisata della Jugoslavia  - operazioni sulle quali l’Amministrazione rifiutava di fornire informazioni, respingendo le relative richieste di accesso formulate dal ricorrente invocando il segreto militare -;

servizio prestato al 9° Reggimento Paracadutisti “Col. Moschin” di Livorno per 13 mesi, dal giugno 1999 al luglio 2000 dove ha partecipato ad attività di addestramento con armi e materiali esplosivi, ha effettuato stoccaggio di materiale bellico nella polveriera della Brigata Folgore di Cesina e nel Magazzino delle Casermette (deposito di Bibbona) che asserisce inquinato da uranio impoverito;

soprattutto l’attività di pulitura e bonifica di munizioni ed automezzi blindati e cingolati rientranti dalle operazioni militari nei Teatri Operativi all’estero ove era utilizzato l’uranio impoverito (Kosovo) ordinate dal Maresciallo Emanuele Terzi nonché delle operazioni di scarico di materiale bellico inscatolato in casse di metallo sigillate asseritamente recanti il simbolo di materiale radioattivo."

I MILITARI E LE COMUNITA' A RISCHIO

Il precedente è importante anche per altri militari colpiti da gravi patologie - sempre da ricondurre all'uso di esplosivi - e per le comunità che vivono nei pressi di basi militari e poligoni, come le comunità sarde intorno al poligono sperimentale e di addestramento interforze Salto di Quirra. Ma in generale, tutte le regioni sono interessate da queste attività, anche per i rischi legati agli inevitabili trasporti di armi (terrestri, navali e aerei). Gli effetti sui territori, sulle acque e sulle coltivazioni sono perciò ad ampio spettro. Nel nostro paese, non è prevista nepure una tutela per i parchi naturali e i più delicati ecosistemi. Nonostante le maggiori conoscenze sulla nocività delle sostanze - e nonostante purtroppo l'aumento di ordigni e rischi - le istituzioni non dimostrano un'alta sensibilità e capacità di gestione. Si sta intervenendo anzi con iniziative legislative allarmanti, addirttura innalzando, intorno ai poligoni, la soglia di tossicità che va verificata affinché scattino obblighi di bonifica dei terreni.

Note: Il testo della sentenza N. 7777/2014 del Tar Lazio (depositata il 21 luglio 2014) http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Roma/Sezione%201B/2012/201204763/Provvedimenti/201407777_01.XML


Speranze per Quirra http://www.ambienteambienti.com/news/2014/07/news/poligoni-militari-primo-risarcimento-121153.html

La richiesta di indennizzo è stata fatta sulla base dell'art. 2 del D.P.R. 3 marzo 2009, n. 37
http://www.aneis.it/dmdocuments/DPR_2009_03_03_n_37.pdf

Sono norme ora confluite nel "Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare", approvato con D.P.R. 15 marzo 2010, n. 90. La norma da utilizzare è ora l’articolo 1079 - http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.del.presidente.della.repubblica:2010-03-15;90!vig

Ecco il primo comma (come si può vedere, non si riesce a non fare passi indietro, quanto a chiarezza. Comunque il tema emerge):

“Art. 1079. Principi generali e ambito di applicazione. Ai soggetti di cui all'articolo 603 del codice e' corrisposta l'elargizione di cui agli articoli 6 della legge 13 agosto 1980, n. 466, l e 4 della legge 20 ottobre 1990, n. 302, della legge 23 novembre 1998, n. 407, e 5, commi 1, 2 e 5, della legge 3 agosto 2004, n. 206, quando le condizioni di cui all'articolo 1078, comma l, lettere d) ed e), ivi comprese l'esposizione e l'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e la dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte da esplosione di materiale bellico, hanno costituito la causa ovvero la concausa efficiente e determinante delle infermita' o patologie tumorali permanentemente invalidanti o da cui e' conseguito il decesso.”).

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