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Ministro Costa, i "carteggi" del Ministero hanno messo nei guai Taranto, ora legga i nostri

Lettera aperta al Ministro dell'Ambiente Sergio Costa
5 giugno 2018

Il Ministro dell'Ambiente Sergio Costa

Gentile Ministro Costa, ho ascoltato le sue dichiarazioni a SkyTg24, successivamente riportate dalle agenzie e dagli organi di stampa. Aspettavamo le sue prime parole sul tema "Ilva". Prima di tutto vogliamo augurarle buon lavoro perché il suo non è un ruolo semplice. Le criticità ambientali italiane sono tante, notevoli ed inoltre la loro incombenza nei territori provoca serie conseguenze in termini sanitari.

"Il ministero dell’Ambiente ha prodotto i carteggi per la valutazione dell’impatto ambientale dell’area. Tutto ciò che accade dopo deve tenere conto di questo carteggio". Sono le prime parole delle sue dichiarazioni in merito ad Ilva. Dopo averle ascoltate le ho rilette perché volevo ben comprenderne il significato. Gentile Ministro, voglio semplicemente richiamare la sua attenzione su un particolare aspetto.

I "carteggi" del Ministero dell'Ambiente" sono gli stessi che sino ad oggi hanno seriamente compromesso la situazione ambientale di Taranto e di conseguenza quella sanitaria dei tarantini. Le matrici ambientali sono seriamente compromesse a causa di inquinamenti storici e quindi esiste un serio problema di contaminazione della catena alimentare. I "carteggi" del Ministero sono gli stessi documenti che la Commissione europea ha chiesto allo stato membro Italia in merito alla gestione Ilva. Bene, questi carteggi non hanno convinto la Commissione europea sino al punto che dopo attente indagini, e previa valutazione dei "carteggi" del Ministero, la Commissione europea, nel già lontano 2013 con la messa in mora, ha avviato una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia a causa della gestione Ilva e nel 2014 ha portato l'infrazione al secondo stadio, il parere motivato. Risultato: i "carteggi" del Ministero hanno comprovato la violazione delle normative europee e  ci si avvia al ricorso in Corte di Giustizia.

Siamo convinti di ciò che sosteniamo proprio perché l'associazione Peacelink è titolare del dossier che ha portato la Commissione europea a muoversi con una procedura di infrazione e perché, in merito a questo argomento, abbiamo più volte incontrato il direttore all'Ambiente della Commissione europea.


Ministro Costa, Peacelink ha seriamente fiducia nel rapporto istituzionale ed in ciò che il dialogo tra istituzioni e associazioni locali può produrre, ed è per questo che riteniamo opportuno che lei, oltre a reperire informazioni su Taranto in merito ad Ilva dai carteggi del Ministero, incontri anche noi così come la Commissione europea, dopo aver letto i carteggi del Ministero, ci ha convocati a Bruxelles.
La sua visione futura che "vede una Taranto ambientalmente ben tenuta" è per noi un obiettivo condivisibile tralasciando, visto che non può essere questo il luogo di discussione, le differenti vedute poste in mezzo tra chi vede una Taranto futura con una industria non inquinante e chi vede una Taranto "green" dopo un processo di riconversione industriale ed economica senza Ilva. Senza dubbio la nostra posizione sostiene la seconda ipotesi, che ad oggi, ancora, non può sperare e non trova fondamento, purtroppo per incapacità politica ed amministrativa, in nessuna progettualità. Ma senza perdersi in questa annosa dicotomia, per entrambe le soluzioni mi chiedo, e le chiedo ministro Costa, come possa un Ministero dell'Ambiente lavorare in libertà e serenità se l'azione legislativa dei precedenti governi ha posto l'immunità penale nei confronti di chi gestisce Ilva: prima per i Commissari di governo e dopo per i gestori privati.

E' gravemente compromessa la legalità a Taranto: l'applicazione della Costituzione e l'azione della Procura. Nel 2012 gli impianti dell'area a caldo dell'Ilva di Taranto sono stati posti sotto sequestro dalla Magistratura tarantina. Le successive azioni del MATTM prima, e del Governo dopo, hanno rispettivamente prodotto una Autorizzazione Integrata Ambientale ed un Decreto Legge (il primo decreto Salva Ilva) che acquisendo l'atto amministrativo del Ministero ha consentito a mezzo decreto ad Ilva di continuare a lavorare raggirando così l'azione della Procura. La stessa Procura di Taranto impugnò quel decreto del dicembre 2012 e successivamente, ad aprile 2013, la Corte Costituzionale si è espressa sostenendo che quel decreto era costituzionale vincolando questo verdetto all'attuazione del riesame dell'AIA di ottobre del 2012. Siamo nel 2018 ministro Costa, quell'AIA non è mai stata rispettata, lo certificano le ispezioni di Ispra ed Arpa, e sino ad oggi i governi succeduti dal 2012 hanno legiferato dopo quel primo decreto per ben undici ulteriori volte, proprio perché Ilva non riusciva a rispettare le tempistiche di quelle prescrizioni che andavano concluse nel 2015, poi nel 2016, poi nel 2017. In ultimo arriva la cordata condotta da ArcelorMittal che con una nuova domanda di AIA, acquisita dal dodicesimo decreto legislativo, rilancia l'attuazione delle prescrizioni sino al 2023, ma dovevano essere attuate nel 2015 ministro Costa.

Lei in merito ai nuovi acquirenti ha dichiarato che "tutto ciò che l'acquirente nuovo dovrà fare nel campo della tutela dell'ambiente e del territorio è già perfettamente individuato dal ministero dell'Ambiente". Se posso permettermi, ministro Costa, tutto quello che sino ad oggi è stato "individuato dal Ministero dell'Ambiente", ma non solo per responsabilità dello stesso Ministero, viola la nostra Costituzione semplicemente per quanto premesso e cioè: prescrizioni AIA 2012 da attuarsi al 2015, 12 decreti per rimandare la tempistica di attuazione al 2017 e consentire ad Ilva di continuare a produrre eludendo l'azione della Procura di Taranto, immunità penale per i Commissari posta in decreto legge, nuova AIA alla cordata di ArcelorMittal che sposta la tempistica di attuazione delle prescrizioni AIA sino al 2023 (ma che dovevano attuarsi entro il 2015), immunità penale per gli acquirenti. Spero che il suo Ministero cambi immediatamente rotta ministro Costa perché quanto "individuato dal ministero dell'Ambiente", sino ad oggi, consente ad Ilva e ai suoi gestori di violare la legge e di mettere a serio rischio la salute dei cittadini di Taranto. Chi è il responsabile oggi delle patologie e dei decessi che incidono sulla popolazione di Taranto a seguito di quanto ciò premesso?

Siamo sicuri che sia sufficiente quanto sino ad oggi è stato "individuato dal Ministero dell'Ambiente" per assicurare la salute dei cittadini di Taranto o forse è necessario cambiare rotta?

Cosa pensare, inoltre ministro Costa, delle recenti dichiarazioni del PM Buccoliero della Procura di Taranto che chiede l'archiviazione al Gip in merito ai picchi di diossina misurati nel quartiere Tamburi di Taranto nel 2014 e 2015? Livelli mai registrati in Italia neanche dopo il disastro di Seveso. Quella diossina era dell'Ilva: le relazioni di Arpa Puglia confermano che quella diossina proviene degli elettrofiltri dell’impianto di agglomerazione dell'Ilva di Taranto ma il Pubblico Ministero si vede costretto a chiedere l'archiviazione delle indagini per effetto di un decreto sfornato nel 2015 che “autorizza l’attività produttiva anche in presenza di deficienze impiantistiche che possono determinare pericolose emissioni di sostanze nocive”.

E sempre nel 2015, come hanno fatto i carteggi del Ministero dell'Ambiente, dopo la nostra denuncia, a risponderci reputando "tutto a norma ed autorizzato" un contratto tra Ilva in amministrazione straordinaria e gli affiliati alla famiglia mafiosa dei Santapaola che gestivano la discarica Cisma Ambiente? Portavano a Melilli il polverino e i fanghi di altoforno ed acciaieria dell'Ilva, nel 2015 sollevammo il caso dopo il primo carico partito da Taranto per il porto di Augusta con la nave Rita BR, per il MATTM era tutto regolare ma nel 2017 la Direzione Antimafia di Catania sequestra la discarica e arresta 14 persone per traffico illecito di rifiuti.

Ed ancora, le bonifiche non realizzate. Ministro Costa, oggi i lavori eseguiti nei parchi minerali Ilva al fine di realizzare la loro copertura avvengono nella totale violazione del Testo Unico Ambientale. Già nel marzo 2016 proprio il Ministero che lei presiede, in sede di Conferenza dei servizi, chiedeva ad llva la bonifica del sito. Lo stato, Ministero, lo chiedeva allo stato, Commissari. I risultati della analisi effettuate per mezzo della caratterizzazione dei suoli e della falda, fatte da Ilva nel 2015 in contraddittorio con Arpa Puglia, ci hanno consegnato una situazione critica: i terreni, la falda superficiale e profonda sono contaminate da metalli e idrocarburi. Una contaminazione storica che richiede solo l'opera di bonifica e ritiene un palliativo persino le opere di Messa in sicurezza di Emergenza. Questo dice la nostra legge. Ed inoltre il piano ambientale di AMInvestco non prevede nessuna bonifica. Quanto riportato nei loro carteggi è paragonabile ad una Messa in sicurezza di emergenza operativa, non è un'opera di bonifica. In merito la legge è abbastanza chiara e non lascia spazio a equivoci o a giochi di parole, così come accade nell'AIA degli acquirenti. In merito le osservazioni di Peacelink chiariscono molti lati oscuri della domanda di AIA di AMInvestco.

I documenti relativi alla caratterizzazione dei parchi minerali Ilva, ministro Costa, ad oggi, cosa assurda, sono pubblicati solo sul sito di Peacelink, anche se parliamo di documenti ufficiali di Ilva ed Arpa, quando invece dovrebbero essere pubblici. Il MATTM ci ha fatto ostruzione per ben sette mesi dopo la nostra richiesta di accesso agli atti, mentre oggi ci fa diniego sull'analisi di rischio sanitaria a seguito di quella caratterizzazione e sull'integrazione a quella caratterizzazione. Il motivo? "Diritto alla riservatezza in relazione a fondamentali interessi di carattere industriale". Quindi un'azienda che contamina terreni e falda e lo rende noto tramite i suoi documenti ufficiali non può rendere pubblica l'analisi di rischio sanitaria per riservatezza di carattere industriale? E la salute dell'uomo quanto vale di fronte alla mendace riservatezza della società Ilva?

Ministro Costa, sarebbe inutile, ma non è il caso di dilungarmi qui, leggere i dati sanitari inerenti la popolazione tarantina, dati che lei conosce bene. Mi basta ricordarle che la diossina è stata trovata, oltre che nei deposimetri della rete di Arpa Puglia nel 2015, anche nelle cozze del Mar Piccolo di Taranto insieme al temuto PCB, così come confermano i dati recenti dati Asl del 2017 che abbiamo ottenuto e depositato presso la Procura della Repubblica di Taranto.

Ministro Costa a Taranto la legge è stata calpestata del tutto, la Costituzione cancellata. Alle direttive europee, sino ad oggi, i governi succeduti non hanno dato nessun peso, motivo per cui la procedura di infrazione è ancora aperta. C'è un processo in corso, "Ambiente svenduto" che ha terminato le sue indagini a settembre 2013 mentre sino ad oggi sono aperte diverse indagini penali della Procura di Taranto di fronte alle reiterate violazioni di legge dell'Ilva di Taranto che oggi continua ad inquinare e a provocare "malattia e morte", e ciò nonostante i decreti che pongono l'immunità penale.

In attesa di poterla incontrare per mostrarle i documenti di questa vicenda, alcuni dei quali ignorati in un passato recente dal Ministero dell'Ambiente, ma interessanti e fondamentali per la Commissione europea, le auguriamo buon lavoro.

Noi nel frattempo continueremo a difendere questa terra contro gli inquinatori, contro chi ha legiferato per difendere gli inquinatori ed in futuro anche contro chi non farà nulla per cambiare queste cose.

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