Latina

Nuove manovre degli antichavisti per destabilizzare il paese

Venezuela: ancora un tentativo di golpe

Guaidó per ora non gode del sostegno della maggioranza della popolazione. Trump non esclude la possibilità di un intervento militare.
1 maggio 2019
David Lifodi

 

colpo di stato in Venezuela

Siamo alle solite. Ancora una volta, su input della Casa Bianca, Guaidó cerca di forzare la mano per rovesciare il governo del Venezuela bolivariano con un colpo di stato. Il paese è di nuovo sull’orlo della guerra civile e l’informazione embedded la fa da padrone. Quello di Maduro è un “regime” a priori, pur essendo stato eletto democraticamente, quelle dell’opposizione sono proteste pacifiche e non un colpo di stato, come ha tentato di precisare più volte Guaidó, un presidente autoproclamatosi tale senza alcuna legittimazione elettorale forte, adesso, del sostegno di Leopoldo López, il picchiatore del partito fascista Voluntad Popular liberato da un gruppo di militari antigovernativi e incredibilmente descritto dalla stampa di tutto il mondo come un sincero democratico.

Nonostante si parli di colpo di stato fallito in partenza, la situazione in realtà è più complessa. Pur se oscurate dai media, le manifestazioni di sostegno a Maduro, ma soprattutto a difesa del Venezuela dalle ingerenze straniere e della democrazia, devono comunque fare i conti con una nuova, per quanto ridotta, dissidenza delle Forze armate, con la ripresa delle guarimbas e con la chiamata alle armi di Guaidó, insieme alla diffusione di notizie false, come riporta Telesur  tramite la giornalista Madelin García, la quale ha informato che la base aerea di La Carlota, che tutti indicavano come già presa dall’ultradestra, in realtà non è stata conquistata, nonostante gli episodi di violenza di cui si sono resi protagonisti i gruppi più radicali dell’estremismo antibolivariano. A questo proposito, il presidente dell’Assemblea nazionale Diosdado Cabello ha sottolineato come un gruppo di militari sia stato inviato a La Carlota con l’inganno, senza che fosse detto loro che l’intento era quello di far partire da lì il colpo di stato.

L’autoproclamato presidente Guaidó, insieme al suo sodale López, ha invitato comunque la popolazione a partecipare all’Operazione Libertà, ma come ha scritto il sociologo venezuelano Álvaro Verzi Rangel, condirettore del Clae (Observatorio en Comunicación y Democracia y del Centro Latinoamericano de Análisis Estratégico), nessuno parla di almeno 40.000 suoi concittadini morti in meno di due anni a seguito delle sanzioni illegali imposte dagli Stati uniti per rovesciare un governo democraticamente eletto. Un economista universalmente stimato e riconosciuto come Jeffrey Sachs ha definito le sanzioni come un atto volto a distruggere deliberatamente l’economia del Venezuela.

Quanto a Juan Guaidó, adesso acclamato da mezzo mondo come il liberatore del Venezuela dalla “dittatura”, giova ricordare che non era niente più che un dirigente di seconda fila di Voluntad Popular, almeno fin quando Trump non ha deciso di puntare su di lui per accelerare il colpo di stato puntando su un’ambigua emergenza umanitaria nel paese alla quale non hanno abboccato, tra gli altri, organismi di soccorso internazionale come la Croce rossa e la Mezzaluna rossa.

Solo pochi giorni fa, il 27 aprile, il Venezuela aveva deciso di uscire dall’Osa (Organizzazione degli stati americani) dopo che con 18 voti favorevoli e 14 astenuti o contrari era stato riconosciuto Gustavo Tarre Briceño, uomo di Guaidó, come rappresentante ufficiale del Venezuela in seno alla stessa organizzazione. Difficile capire che direzione prenderà adesso la crisi venezuelana, poiché Guaidó, non controlla una sola parte del territorio venezuelano, gran parte dei militari, per ora, sembra rimanere fedele a Maduro e il Gruppo di Lima, pur avverso a Maduro, sembra tentennare a proposito di una eventuale azione militare contro Caracas, anche se le condizioni per uno scenario simile a quello siriano potrebbero realizzarsi rapidamente.

Ancora è presto per dire se questo nuovo tentativo di colpo di stato è fallito, ma soprattutto preoccupa la strategia di destabilizzazione permanente che, a ondate, cerca di far capitolare il Venezuela bolivariano, nonostante finora Guaidó e López non abbiano ottenuto quel sostegno popolare che si aspettavano, con buona pace dei servizi televisivi che tendono a mostrare un paese pronto ad affidarsi a due liberatori diretti come burattini dagli Stati uniti e dalla Colombia.

Tuttavia una cosa è certa: la mobilitazione a cui incita Guaidó è tutt’altro che non violenta e sembra incredibile che la stampa abbia subito adottato la sua parola d’ordine, quella che definisce Maduro come “usurpatore”. Ancora una volta occorre ricordare che usurpatore è colui che si definisce, senza alcun processo elettorale, presidente del Venezuela: Juan Guaidó.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
Il testo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali citando la fonte e l'autore.
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Ultime notizie: "Il presidente in tenuta militare dichiara che le forze armate sfileranno per le strade di Caracas. Arrestato l'esponente dell'opposizione Leopoldo Lopez. Trump dice di auspicare una transizione pacifica, ma non esclude la possibilità di un intervento militare. La Russia minaccia "gravi conseguenze" in caso di ingerenza Usa. Sale a quattro il numero delle vittime". (Il Fatto Quotidiano 2 maggio 2019)

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