Yes we can't
Questa è la nostra occasione per rispondere a questo appello. Questo è il nostro momento. Questa è la nostra epoca: per rimettere la nostra gente al lavoro e aprire porte di opportunità per i nostri bambini; per riportare la prosperità e promuovere la causa della pace; per rivendicare il sogno americano e riaffermare quella verità fondamentale, che da molti siamo uno; che finché avremo vita avremo speranza: e quando ci troveremo di fronte al cinismo e al dubbio, e a quelli che ci dicono che non ce la possiamo fare, noi risponderemo con quella professione di fede immortale che riassume lo spirito di un popolo: yes, we can.
Grazie. Dio vi benedica. E che Dio benedica gli Stati Uniti d'America.
(Discorso tenuto dal neopresidente Barack Obama a Chicago dopo la conferma della sua elezione, 5 Novembre 2008)
La sfida è lanciata. Lo slogan è pronto. Al Lingotto era il kennediano "I care", oggi la scelta cade su Obama: "Yes we can". "Possiamo vincere" assicura Walter Veltroni. Anche da soli. Scioglie gli indugi il segretario del Pd.[...]Adesso, però, si volta pagina. "Possiamo vincere" dice Obama. "Possiamo vincere" rilancia Veltroni. Anche da soli. O forse proprio per questo.
(Repubblica.it, 6 Febbraio 2008)
La partita è tutta da giocare perchè il Senato "è un terno al lotto". Walter Veltroni ci crede e ricorre di nuovo al paragone con Barack Obama per dimostrare che il Partito Democratico può farcela.[...] e da Rimini a Modena, il richiamo agli Stati Uniti e al senatore nero dell'Illinois ci sta tutto:"Nessuno avrebbe scommesso un dollaro, o un euro, su di lui o su di me. Ora Obama è il front runner e qui i nostri avversari parlano dell'ipotesi di pareggio"
(Il Messaggero, 24 Febbraio 2008)
«Ce la possiamo fare», ghe a podemo far, come si legge sulle magliette dei giovani militanti[...] Nel Pdl, dice Veltroni, «sono stanchi, ripetitivi, ottocenteschi». E anche parecchio illiberali, stracciano i programmi degli avversari, inorridiscono per Obama presidente nero e per l' Italia del 50 per cento di posti alle donne. Si prendono, candidato a Roma, il «capo della rivolta dei taxi», il nemico delle liberalizzazioni. E si affidano a uno slogan come «Rialzati Italia», «perché non sanno che tanti italiani cominciano a lavorare alle quattro, alle cinque del mattino, quando certi politici tornano dalla discoteca».[...]Veltroni usa un linguaggio da predicatore: «Vorrei parlare uno ad uno ai cittadini di questa terra. Vorrei dire loro: «Dateci fiducia, possiamo cambiare radicalmente il Paese. Da soli, sarebbe la prima volta che governiamo»
(Walter Veltroni ad un comizio a Treviso, Repubblica, 9 Marzo 2008)
Sempre più difficile, dal yes we can di Obama a Roosevelt: il New Deal di Veltroni sta tutto in una parentesi quasi inosservata della «conferenza operaia» di ieri a Brescia[...] Veltroni torna a non nominare Berlusconi, dice di volersi sottrarre alla «campagna d' odio» altrui. E continua a chiedere il duello televisivo: «Sottrarsi al confronto indica scarso senso di responsabilità». C' è pure tempo di cambiare lo slogan: «Non più "si può fare" ma: "lo stiamo facendo"».
(Corriere della Sera, 30 Marzo 2008)
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