Emozioni e momenti di vita
E’ un sorriso contagioso, quello dei curdi. Ti sorridono spesso, i giovani. C’è voglia di comunicare. Non si negano mai ad una foto. Anzi, cercano insistentemente il nostro obiettivo. Italian, e subito i nomi dei nostri calciatori. Veicolo di comunicazione immediato. Roberto Baggio vince la particolare classifica degli azzurri più famosi, seguito da Del Piero, Buffon e Totti. E’ finita 2 – 2 una partita di calcio improvvisata. Nella difesa italiana giocavano, e bene, anche le nostre Fulgida e Gulala. Poi la foto di rito delle due squadre, a fermare il ricordo. E la promessa di tifare Italia ai Mondiali di giugno in Germania.

Le donne portano il vestito della festa. Abiti sgargianti, di un solo colore, ma dalle mille sfumature, che si alternano e si confondono. I rossi dal carminio al porpora. I blu cobalto e di Prussia, gli ardesia e gli oltremare. I rosa, dal madreperla al magenta al corallo. I gialli variamente tinteggiati. E poi i verdi turchese e smeraldo. E i segni dorati che, inseguendosi in infinite geometrie, illuminano le stoffe.
I bambini piccoli accuditi dai fratelli appena maggiori. Gli uomini, seduti sulle sedie di plastica portate da casa, osservano placidamente la famiglia, orgogliosi dei loro figli, che ti indicano. E la foto che scattiamo, a loro con i figli intorno, perché te lo chiedono con quegli occhi che esprimono tutta la fierezza che ci vogliono comunicare.
Nei giorni di festa le famiglie vanno a passeggiare nei parchi cittadini, come il Parco Nazionale a Erbil. Grande, moderno. All’entrata, la lunga fila delle bandiere curde su alti pennoni. Al centro, tra i viali che si susseguono, allargandosi all’improvviso in spazi per i giochi dei bambini, un monumento in marmo nero a ricordo delle stragi.
Oppure le famiglie affollano i locali dove si cucinano i piatti tradizionali. Kabab, carne di montone da mangiare con pomodori e cipolle. Dolma, verdure ripiene di riso, carne macinata, salsa di pomodoro e spezie. Kefta, polpette di carne, cipolla, uvetta e noci. Ma ci sono anche i ristoranti con una cucina curda internazionalizzata, per una clientela che può spendere. Dove è possibile ordinare vino francese o birra tedesca. Come l’Eeifel o, ancor più, il Revan a Sulaymanya. Ristorante, quest’ultimo, dove si usa il tovagliolo di stoffa. Caso praticamente unico nel Kurdistan. E la stanza per i giochi dei bambini. Insomma, una nursery vera e propria. E questo sarebbe un caso quasi unico anche in Italia.
L’Erbil International Hotel, dove scendono a dormire gli occidentali che arrivano nella capitale, è al centro di un parco circondato da un muro di cemento armato. Una tenda militare è la guardiola di giovanissimi militari che fanno passare le auto, dopo attenti controlli, azionando la leva che regola gli spunzoni appuntiti contro il pericolo di attentati. All’entrata, ancora un metal detector prima di perdersi nell’atmosfera ovattata, simile in tutti i grandi alberghi del mondo.
Eppure, dopo alcuni giorni che siamo in Kurdistan, anche noi non facciamo caso più di tanto agli uomini in armi che incontriamo per strada. E’ vero. La normalità è il desiderio più forte.
Alla partenza, all’aeroporto di Erbil, l’ultima attenzione nei nostri confronti. Ara, la figlia dodicenne del sindaco di Halabja, ha consegnato al sindaco di Marzabotto un vaso di fiori. Rose rosse. Di carta, ovviamente. Ora quelle rose sono a Marzabotto, nella sala del Consiglio Comunale.
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