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Riflessioni contro il pensiero unico, per rimettere a centro tavola il reale
18 settembre 2007

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Il pensiero unico ci fa vivere l’elisione della realtà mediante l’uso del ribaltamento.
La Fiom, ad esempio, non approvando l’accordo del 23 luglio 2007 avrebbe fatto politica contro il Governo; mentre invece i tre Sindacati confederali, che quell’accordo l’hanno firmato, non fanno per nulla – come naturale converso - una politica di sostegno al Governo. Essi hanno stipulato un buon accordo, nel merito.

La sicurezza, intesa come controllo e galera, individua come controparte i soggetti sociali deboli facendone conseguire per tutti, come inevitabile effetto, forti limitazioni delle libertà e dei diritti. Attenzione però, ciò che è legato all’economia non va mica toccato; se c’è incertezza del lavoro e del reddito nonché lo smantellamento della previdenza, della sanità e dell’istruzione pubblica – embé - lì è bene che operi il mercato. Il quale, fra l’altro, ha sempre più la tragi-comica faccia delle grandi imprese (per approfondimenti vedere ‘il manifesto’ del 15/9; in particolare, dall’ottimo commento di Marco Bascetta: “La nefasta utopia di una vita sociale priva di conflitti e perfino di attriti comporta una sempre più dettagliata normazione dei comportamenti, una iperregolamentazione della vita quotidiana, la trasformazione della concezione della legalità in una sorta di galateo della cittadinanza, ritagliato sugli umori, ampiamente manipolati, di una presunta maggioranza silenziosa. Oltre, beninteso, alla salvaguardia dei diritti proprietari che hanno occupato spazi e beni comuni e imposto regole che uccidono la libertà d’impresa a favore di monopoli e potentati corporativi).

In merito a prostitute, lavavetri, zingari, migranti, ecc., penso che la traccia giusta sia da ritrovare in un vecchio detto: la legge punisce con uguale rigore chi dorme sotto i ponti, che sia ricco o povero.

Eugenio Scalfari nel suo articolo di commento ‘L’invasione barbarica del comico Grillo’ su ‘la Repubblica’ del 12/09/07 cita ampiamente David Grossman.
Qui si ‘risponde’ con Noam Chomsky da Le Monde diplomatique di settembre: “...Rispetto, ad esempio, al budget federale degli Stati uniti, la maggioranza degli americani auspica una riduzione delle spese militari e un aumento, invece, delle spese sociali, dei crediti versati alle Nazioni unite, dell’aiuto economico e umanitario internazionale, e infine la cancellazione delle riduzioni di imposta decise dal presidente George W. Bush a favore dei contraenti più ricchi. Su tutti questi temi, la politica della Casa bianca è totalmente contraria alle richieste dell’opinione pubblica. Ma le inchieste dimostrano che questa persistente opposizione pubblica raramente trova spazio sui media. Cosicché i cittadini non solo sono allontanati dai centri di decisione politica, ma sono anche tenuti all’oscuro del reale stato d’animo dell’opinione pubblica...Quando i giornalisti sono chiamati in causa, rispondono immediatamente: ‘Nessuno ha fatto pressione su di me, scrivo ciò che voglio’. E’ vero. Solo che, se esprimessero opinioni contrarie alla posizione dominante, non scriverebbero più i loro editoriali. La regola non è assoluta, certo; capita anche a me di essere pubblicato dalla stampa americana, neppure gli Stati uniti sono infatti un paese totalitario. Ma chiunque non soddisfi certe esigenze minime non ha alcuna possibilità di entrare nel novero dei commentatori di primo piano. D’altronde, questa è una delle grandi differenze fra il sistema di propaganda di uno stato totalitario e il modo di procedere delle società democratiche. Esagerando un po’, si può dire che nei paesi totalitari lo stato decide la linea da seguire e tutti devono poi conformarvisi. Le società democratiche operano in modo diverso. La ‘linea’ non è mai enunciata come tale, è sottintesa. Si procede, in qualche modo, a un ‘lavaggio di cervelli in libertà’. Ed anche i dibattiti ‘appassionati’ nei grandi media si svolgono nel quadro dei parametri impliciti consentiti, tenendo al margini molti punti di vista contrari...Non dimentichiamo che un’ideologia viene imposta sempre nello stesso modo. Per dominare, la violenza non basta, ci vuole una giustificazione di altra natura. Così, quando una persona esercita il suo potere su un’altra – che sia un dittatore, un colonialista, un burocrate, un marito o un padrone -, ha bisogno di un’ideologia giustificatrice, sempre la stessa: la dominazione è fatta ‘per il bene’ del dominato. In altri termini, il potere si presenta sempre come altruista, disinteressato, generoso.”

E anche stavolta – come sappiamo – in ottobre bisogna ratificare l’accordo ‘per il bene’ di lavoratori, giovani, pensionati, ecc. Insomma, c’è bazza per tutti!

Ancora, l’ex Direttore de ‘la Repubblica’ ricorre a nove esponenti della politica, protagonisti nel tempo che fu. E si capisce, non poteva certo portare come esempi: Casini e Fini (ex delfini rispettivamente di Forlani e Almirante), Pecoraro Scanio e Rutelli (responsabile ambientalista ed ex), Bertinotti, Russo Spena e Cento (ex movimentisti), Prodi e Berlusconi (premier ed ex).

Bisogna segnalare che Scalfari prima di chiudere il suo articolo arriva ad esaminare ‘nella sostanza quei tre quesiti’ dei Vaffa. Sì, vi dedica una frase, di numero, per ognuno e poi giù subito ad opinionarci contro, quesito per quesito.

Luciano Ligabue canta che si nasce incendiari e si muore pompieri. Pochi ragionano sul motivo di tale trasformazione e forse è talmente banale che nessuno lo dice. Azzardo. Invecchiando, come si sa, si diventa più deboli fisicamente e, nel contempo, meno capaci di sostenere concetti propri e di difenderli; men che mai di arricchirli di nuove argomentazioni. Di fronte agli attacchi quotidiani, il pensiero diffuso penetra; trova varchi; fa praticamente un’opera di sfinimento fino a portare, di solito, alla trasformazione senile.

Scalfari – a mio parere - ha perso la passione per la verità; lo scalfarismo si è incastonato nel pensiero unico dove la produzione di informazione e cultura della comunità è centralizzata. Da poco esiste la free press che in quanto tale è gratis; da sempre il canone Tv è la tassa a più alta percentuale di evasione, per la quale – guarda caso – si è creata un’aura che è giusto non pagarla. Ci troviamo di fronte a due strumenti più che unici in quanto gratuiti. Per il sistema è più importante lasciarli leggere e vedere a tutti. Dando l’illusione di informare, si crea il gusto omogeneizzato della cultura di massa.
Così come spesso fa Veltroni, adesso provo a dire un’inversione affermativa: non è che i giornalisti siano tutti uguali; è che, poiché sono tutti uguali possono fare i giornalisti. Non c’è più la missione d’informare ma il compito di spalmare una modalità di vita.

Infine, per tornare a far evidenziare la differenza fra destra e sinistra, si deve rimettere in gioco come questione centrale il controllo dell’economia. E la lotta - di fatto - non è più fra libera concorrenza e classe operaia poiché entrambe sono ‘rappresentazioni zombie della realtà’. E’ fra potere monopolistico e massa mercificata. Fra chi si mangia l’ambiente e chi per davvero lo difende. La lotta è fra ricchi e poveri, dei giorni nostri. Questo è il principale terreno della sinistra.

La finanziaria eclissa i nostri soldi e i nostri soldati; tranquillamente razziamo terre e decimiano popolazioni. La sinistra esiste se a centro tavola c’è il reale con tutto il suo ingombro; altrimenti – come vediamo – è anch’essa finzione.

18/9/7 – Leopoldo BRUNO

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