27 gennaio - Giorno della Memoria: lettera a Primo Levi
Lettera a Primo Levi di Fabrizio Cracolici e Laura Tussi.
Il 27 gennaio 1945 l’Armata Rossa libera il campo di concentramento e sterminio di Auschwitz.
Mai l’umanità aveva raggiunto un tale livello di odio, barbarie e violenza e proprio per questo oggi ognuno di noi deve praticare esercizio di Memoria affinché questo non avvenga mai più.
Oggi proviamo a fare Memoria scrivendo un’ipotetica lettera a Primo Levi che, con i suoi occhi, vide questo orrore e, con le sue carni, sperimentò il baratro della deportazione e del campo di concentramento e sterminio, che il nazifascismo costruì per imporre la follia e la violenza di cui era impregnato.
Caro Primo,
Tu non ci conosci, ma noi sappiamo tanto di te.
Noi sappiamo, perché tu ci hai raccontato.
Noi sappiamo, perché tu hai avuto la forza e il coraggio di raccontare e di farti testimone di questo nefasto periodo storico per tramandarlo a noi future generazioni.
Vivere una tale esperienza la deportazione, la Shoah, segna un punto di svolta dove nulla può essere più come prima.
Sai, nel nostro percorso abbiamo incontrato molti tuoi compagni deportati e ognuno di loro ci ha fatto una precisa richiesta e cioè di non dimenticare e non dimenticarli.
Noi abbiamo un dovere etico e morale imprescindibile nei vostri confronti ed è quello di essere portatori e testimoni di Pace.
Giustamente dici “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario” e ancora “L’Olocausto è una pagina del libro dell’Umanità da cui non dovremo mai togliere il segnalibro della Memoria”.
Queste tue profonde parole le rivolgi a noi che siamo il futuro.
Ti chiediamo come agire e cosa possiamo fare di concreto per evitare che tutto questo tragico passato si perpetui nella storia.
Quando dici “Auschwitz è fuori di noi, ma è intorno a noi. La peste si è spenta, ma l’infezione serpeggia” cosa vuoi dirci?
Forse che all’orrore e al baratro non esiste limite? oppure che quando ci rinchiudiamo nei nostri egoismi, nelle nostre “tiepide case” poniamo le basi per una nuova stagione di orrore?
Queste risposte tu ce le hai date, il problema è che noi non vogliamo sentirle.
Oggi troppe persone negano l’Olocausto e lo fanno perché una tale verità è scomoda, scomoda per chi vorrebbe imporsi con la forza, traendone beneficio economico e politico.
Muovere masse di persone contro altre permette al potere di garantirsi lunga vita e prosperità proprio come fecero il fascismo e il nazismo.
Caro Primo, ti ringraziamo e salutiamo con la promessa di impegnarci ogni giorno ad esercitare la memoria perché questa è come una piantina che innaffiata ogni giorno diventerà un albero grande e rigoglioso proprio come i valori e gli ideali che hai voluto trasmetterci.
Fare “Antifascismo Sociale” oggi permetterà all’umanità di sopravvivere alle barbarie di un potere mercificatorio che cambia il suo vestito ma non cambia le sue intenzioni. Ti rivolgi a noi che pratichiamo ancora oggi Antifascismo, ossia consideriamo i soprusi, le ingiustizie, e abbiamo a cuore la condizione di chi si trova nel bisogno e nell’indigenza, di chi vive le difficoltà e le ingiustizie sociali.
Antifascismo oggi significa tutelare i diritti umani degli oppressi, dei diversi, dei più fragili, delle vittime di violenza, di cui tutti siamo parte nel tessuto sociale, comunitario, nel mondo: nel terribile deserto della sopraffazione e della violenza dove tante voci chiedono giustizia, verità, libertà per tutti quegli innocenti che ancora nascono solo per morire.
Un abbraccio che accoglie
Fabrizio e Laura
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