Da Emmaus alla base Nato di Amendola: la Marcia per la Pace nel nome di Andrea Rocchelli
La Marcia di quest’anno è particolarmente significativa perché dedicata ad Andrea “Andy” Rocchelli, il giovane fotoreporter italiano ucciso nel Donbass il 24 maggio 2014, mentre documentava il conflitto ucraino. Insieme a lui perse la vita anche Andrej Mironov, intellettuale russo, interprete, attivista per i diritti umani, ex prigioniero politico e figura storica dell’impegno civile in Russia, nonché caro amico di Amnesty International Italia. I due furono colpiti deliberatamente da colpi provenienti dall’esercito ucraino, mentre svolgevano il loro lavoro: raccontare la verità.
Documentare la guerra è resistere alla sua logica
Rocchelli e Mironov non erano armati. Avevano solo macchine fotografiche, taccuini, domande. La loro presenza sul campo era un atto di resistenza alla propaganda e all’indifferenza. La loro uccisione ha rappresentato non solo una tragedia personale, ma anche un colpo alla libertà di stampa e al diritto dei cittadini di essere informati in modo indipendente.
La Marcia Emmaus Amendola, anche attraverso la pubblicazione di alcune fotografie su Sociale.network - il network di PeaceLink e Altrinformazione - vuole rendere omaggio a questo coraggio. Camminare oggi vuol dire anche ricordare chi ha scelto di raccontare la guerra per mostrarne gli orrori, non per glorificarla.
Una risposta civile al riarmo
Il convegno di ieri ha visto la partecipazione di esperti, attivisti, docenti e cittadini, tutti uniti da una domanda di fondo: come possiamo costruire una sicurezza che non passi per le armi? Le riflessioni emerse hanno toccato il cuore della questione: investire nella pace significa investire nell’educazione, nella cooperazione internazionale, nel disarmo, nella cultura dei diritti e della giustizia sociale.
La marcia, partita con questo spirito, rappresenta dunque un gesto collettivo di responsabilità e speranza. Non è solo un evento, ma un processo. Un movimento che, passo dopo passo, riporta al centro valori dimenticati: la solidarietà, la nonviolenza, la giustizia.
Camminare per ricordare, per cambiare
Emmaus, Amendola, Rocchelli, Mironov: nomi e storie che oggi si intrecciano lungo le strade di Foggia e oltre, in un messaggio che è insieme denuncia e proposta. In un mondo che rischia di assuefarsi alla guerra, questa marcia è un inno alla vita, un invito a scegliere ogni giorno da che parte stare.
Proprio come Andrea e Andrej, che hanno scelto di testimoniare. Anche a costo della vita.
Perché la marcia è partita da Emmaus
La Comunità Emmaus di Foggia fa parte del movimento internazionale Emmaus, nato in Francia nel dopoguerra su impulso dell’Abbé Pierre. Questo movimento si ispira a valori profondamente legati alla solidarietà, alla giustizia sociale, alla nonviolenza e alla pace.
Che cos’è la comunità Emmaus nel foggiano?
È una comunità di accoglienza e lavoro che si trova in Puglia, a Borgo Incoronata (Foggia). Qui convivono persone in difficoltà, spesso emarginate o provenienti da contesti di disagio (senza dimora, migranti, ex detenuti, persone con problemi di dipendenza). L’obiettivo non è solo offrire un tetto, ma dare dignità attraverso il lavoro comunitario, prevalentemente legato al recupero di materiali usati e all’economia del riuso.
Il modello di vita è nonviolento e cooperativo: non si ricevono sussidi pubblici, ma si vive del proprio lavoro, secondo un’economia sobria e solidale. Le decisioni sono spesso condivise e i membri della comunità partecipano alla vita comune con eguale dignità.
Qual è il rapporto con la pace?
Il rapporto con la pace è profondo e concreto, e si esprime su più livelli.
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Pace come giustizia sociale: Emmaus combatte l’ingiustizia e l’esclusione sociale, che sono terreno fertile per violenze e conflitti. Accogliere chi è ai margini significa agire per una società più pacifica e inclusiva.
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Pace come stile di vita: la comunità vive secondo valori di sobrietà, nonviolenza, solidarietà. Non è solo assistenzialismo, ma una forma di convivenza pacifica, alternativa alla logica del profitto e del dominio.
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Pace come testimonianza attiva: Emmaus Foggia ha partecipato a numerose iniziative per la pace, l’antirazzismo, il disarmo e l’ecologia. Don Michele De Paolis fu una figura di riferimento del pacifismo meridionale. La sua testimonianza si riflette ancora oggi nell’impegno della comunità.
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Pace attraverso l’autonomia e la dignità: restituendo dignità attraverso il lavoro, si toglie spazio alla rabbia, alla devianza, alla disperazione. La pace, quindi, si costruisce a partire dagli ultimi.
In sintesi, la Comunità Emmaus di Foggia è un laboratorio vivente di pace: non teorica, ma fatta di relazioni, accoglienza, recupero, lavoro condiviso. Una piccola utopia realizzata, dove si dimostra che un’altra economia e un’altra convivenza sono possibili.
Perché la marcia va ad Amendola
La base militare di Amendola, in Puglia, riveste un ruolo strategico di primo piano nell’ambito dei piani di guerra della NATO e, più in particolare, nella strategia nucleare integrata dell’Alleanza Atlantica. Ecco perché.
1. Gli F-35A: una piattaforma per l’arma nucleare
La base Nato di Amendola, una base a comando italiano, ospita i cacciabombardieri F-35A dell’Aeronautica Militare Italiana. Questi aerei non sono semplici velivoli multiruolo: nella loro versione "A", quella destinata all’Aeronautica, sono abilitati al trasporto delle bombe nucleari B61-12, l’ultima generazione di ordigni nucleari statunitensi.
L’Italia alla cosiddetta nuclear sharing della NATO, una politica di "condivisione" in cui Paesi non dotati di armi atomiche (come l’Italia) ospitano bombe statunitensi sul proprio territorio, pronte all’uso in caso di conflitto. Gli F-35 della base di Amendola userebbero le B61-12 di Ghedi, vicino Brescia.
2. Amendola come base avanzata NATO
La base è inserita nel sistema di comando e controllo integrato della NATO, con capacità operative che la rendono idonea ad accogliere missioni congiunte, esercitazioni e interventi in scenari internazionali. In caso di escalation, può fungere da punto di partenza per missioni a lungo raggio, anche con ordigni nucleari, nei teatri dell’Est Europa o del Mediterraneo.
3. Le esercitazioni nucleari NATO
Ogni anno, la NATO conduce l'esercitazione "Steadfast Noon", in cui vengono simulate missioni di attacco nucleare. L’Italia partecipa regolarmente, e gli F-35 italiani – provenienti anche da Amendola – sono integrati nel dispositivo. Questo contribuisce al mantenimento operativo di piloti e mezzi nell’uso di armi atomiche, anche se l’impiego reale resta sotto controllo USA.
4. Il silenzio sul rischio nucleare in Italia
Molti cittadini non sono consapevoli che le basi italiane come Ghedi e Aviano (dove sono custodite le bombe nucleari B61) sono strettamente collegate alle attività operative degli F-35, come quelli di Amendola. In caso di conflitto armato, l’Italia potrebbe essere coinvolta attivamente in una guerra nucleare, contraddicendo lo spirito dell’articolo 11 della Costituzione.
5. Perché è importante parlarne
Rendere visibile il ruolo della base di Amendola è fondamentale per:
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avviare un dibattito pubblico trasparente sul coinvolgimento dell’Italia nei piani nucleari della NATO;
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rivendicare il diritto dei cittadini ad essere informati su decisioni che possono mettere a rischio la sicurezza collettiva;
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chiedere un ripensamento strategico in favore del disarmo nucleare e della pace, come chiesto dalla società civile e da numerose associazioni.
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