ILVA, continua la nostra lotta per l'ambiente e la salute pubblica
Cari soci e sostenitori di PeaceLink,
questo messaggio vi giunge in un momento di riflessione e rinnovamento per la nostra organizzazione.
Stiamo affrontiamo una battuta d’arresto nel lungo e impegnativo caso giudiziario contro l’ILVA, una questione su cui PeaceLink ha investito energia, tempo e grandi speranze. Nonostante le difficoltà, desideriamo mantenere accesa quella fiamma di speranza e determinazione che ci ha guidati fin dall'inizio.
Fiamma di speranza che è mantenuta accesa anche da una class action di cittadini che ha ottenuto in sede civile importanti risultati con la sentenza della Corte di Giustizia dell'UE che ha ribadito la preminenza della salute pubblica sulle ragioni aziendali e produttive. Il 24 ottobre 2024 vi è stata un'udienza del Tribunale di Milano in un procedimento civile che dovrà decidere sul futuro dell'ILVA alla luce della sentenza della Corte di Giustizia dell'UE. Quali sono i tempi?
Spiega l'avvocato Maurizio Rizzo Striano: "Servono 4 mesi per studiare i nuovi documenti che, fra quelli che abbiamo prodotto noi e quelli di ADI , consistono in circa 3.000 pagine. Il giorno 6 febbraio 2025 ci sarà la discussione finale. Poi al Tribunale servirà il tempo per redigere la motivazione che sarà molto complessa, quindi almeno altri 4 mesi".
Questi sono i tempi della giustizia ma sono anche i tempi - necessari alle parti - per studiare circa 3.000 pagine prodotte sia da Acciaierie d'Italia sia dai promotori dell'azione inibitoria e risarcitoria promossa dai cittadini.
Ma torniamo al processo Ambiente Svenduto e al suo trasferimento da Taranto a Potenza.
L’annullamento della sentenza di primo grado rappresenta un passo indietro, causato da questioni procedurali legate alla presenza di giudici onorari tra le parti civili. Giudici che non hanno mai fatto parte del procedimento penale in alcun modo.
E' importante ed è essenziale ricordare che quanto è avvenuto non equivale a un'assoluzione. La verità sulla devastazione ambientale e sulle sue conseguenze sanitarie rimane chiara e scientificamente documentata - oltre che acquisita agli atti del nuovo processo che riparte a Potenza - e quindi non è necessario ricorrere ad altre prove oltre a quelle già raccolte durante l'iter processuale passato. La realtà dell’inquinamento dell’ILVA è stata cristallizzata e acquisita in maniera inequivocabile e indelebile: questo patrimonio di conoscenza non può essere cancellato e costituisce una base di forza e consapevolezza per la comunità e per la giustizia.
È inoltre importante ricordare che, nonostante l’annullamento della sentenza, resta in vigore il sequestro degli impianti a caldo, ordinato dal GIP Patrizia Todisco per proteggere la salute pubblica. Il sequestro è stato confermato dal GIP di Potenza.
Il GIP di Potenza Ida Iura ha infatti emesso un nuovo decreto di sequestro degli impianti dell'area a caldo dell'Ilva, su richiesta della procura lucana.
Questo provvedimento, a tutela della vita e dell’ambiente, continua a rappresentare un importante passo avanti verso la giustizia.
“È evidente – scrive il gip come anticipato da La Gazzetta del Mezzogiorno – che l’utilizzo criminale dello stabilimento a fini di profitto in spregio persino agli accordi presi per ridurre l’impatto mortale delle lavorazioni non può che essere arrestato sottraendo la disponibilità delle aree in cui avvengono le lavorazioni che hanno determinato la compromissione dell’ambiente, della salute dei lavoratori e della popolazione residente”.
Non tutto è perduto quindi, come qualcuno potrebbe pensare.

Il processo ILVA ha già portato a un profondo cambiamento nella coscienza collettiva. I cittadini di Taranto non sono più disposti a restare in silenzio e a subire un modello industriale che li ha feriti profondamente. Insieme, siamo diventati più consapevoli e determinati a lottare per un futuro più giusto e sostenibile. La nostra comunità è cresciuta, e le persone di Taranto hanno trovato una nuova forza per reclamare il diritto a un ambiente sano e sicuro.
Questo non è un “processo tutto da rifare,” ma una lotta che continua, in cui le prove acquisite non vengono invalidate. Alcuni reati potrebbero cadere in prescrizione, ma le accuse più gravi - come quella di disastro ambientale - restano. La strada è ancora lunga, ma la consapevolezza collettiva è il nostro alleato più forte, e ci dà una spinta vitale per andare avanti.
PeaceLink è nata e si è rafforzata proprio grazie a sfide come questa. In momenti difficili come questi, ci ritroviamo ancora più convinti della nostra missione e del valore delle nostre azioni. Che questa battuta d’arresto possa diventare una spinta per rinnovare il nostro impegno. Così come la ginestra di Leopardi, che cresce sulle pendici del vulcano, PeaceLink è simbolo di resilienza e solidarietà, una comunità che crede in un futuro migliore e più giusto per tutti.
Ringraziamo tutti coloro che continuano a resistere e a mobilitarsi. Occorre supportare chiunque dà un apporto positivo a questa causa. Insieme, possiamo continuare a seminare speranza e giustizia, anche nei momenti più difficili.
Con gratitudine e fiducia,
Alessandro Marescotti
Presidente di PeaceLink
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