Recensione

Un altro comunismo, per un futuro possibile

Recensione del libro di Giovanni Franzoni, I beni comuni
12 marzo 2008

Libri
Un altro comunismo, per un futuro possibile
Giovanni Franzoni, I beni comuni, Edup, Roma 2006, pp. 330, € 20,00

Giovanni Franzoni è una testa pensante del cattolicesimo critico (detto anche “del dissenso”). Come abate di S. Paolo fuori le mura partecipò al Concilio. Per motivi di politica ecclesiastica fu restituito d’autorità allo stato laicale nel 1976. È venuto a Torino il 25 gennaio alla Torre di Abele per la presentazione di questo suo libro. Ha voluto ricordare che Michele Pellegrino una volta andò a casa sua a Roma a chiedergli «perdono per come ti abbiamo trattato», assumendosi così la responsabilità collegiale, che pure non era personale, di quella vicenda ecclesiastica.
Consiglio di entrare nel libro dal fondo, leggendo il dialogo fra Techne e Res (del 2005), cioè la Tecnica, l’Immaginazione e la Natura, con un intervento del saggio Kant. Questo testo ironico e amaro ricapitola i temi trattati da Franzoni lungo 35 anni. Nel 1973 con la pastorale La terra è di Dio affrontava l’appropriazione speculativa del territorio a Roma, che implicava anche istituzioni ecclesiastiche. Pellegrino, che nel ’72 aveva posto con energia il problema della casa a Torino, entrò in dialogo con Franzoni sul tema. Nel 1996 con Farete riposare la terra, in vista del Giubileo, Franzoni proponeva una «moratoria della crescita illimitata». Nel 2000 Anche il cielo è di Dio allargava ancora il raggio dell’attenzione, trattando dei diritti della popolazione del pianeta a fruire della ricchezza del sistema solare, contro la corsa già iniziata, da parte delle potenze, all’appropriazione dello “spazio esterno”. Così, il tema passa dal suolo urbano, alla biosfera, all’universo cosmico.
Nelle Ri-trattazioni (2003), ovvero riprese e precisazioni, Franzoni approfondisce l’esigenza di un diritto internazionale dei beni comuni, configurando l’umanità intera come soggetto di diritto, anche in base al fatto che già ora una quantità di preziosi beni dell’universo – scoperte fondamentali come la ruota, la navigazione, la scrittura, ecc. – sono eredità indivisa di tutti gli umani non brevettabile, non privatizzabile. Così deve essere, per esempio, per i medicinali necessari. Per lo “spazio esterno” è necessaria una moratoria dell’appropriazione delle cose di tutti. Nelle religioni creazioniste c’è il fondamento della destinazione universale dei beni, ma hanno tutte trovato compromessi con la divisione sociale tra ricchi e poveri. Il pensiero femminile può apportare un correttivo importante al carattere patriarcale-dominativo delle culture tradizionali.
Rispondendo a domande dei molti presenti, l’Autore ha riconosciuto che il comunismo, al di là del sovietismo fallito, ritorna come esigenza universale dell’umanità, perché un futuro sia possibile. In questa ricerca c’è una linea religiosa, sulla quale le religioni possono elaborare una posizione comune, e una linea laica, che definisca giuridicamente la titolarità universale dei beni di tutti.
Enrico Peyretti, 29 gennaio 2008

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