Taranto, sotto le ciminiere
Una grande città, una grande fabbrica: l’una vive - e muore - dell’altra. Le tragedie, il dolore, l’aria e il sudore dell’una sono le stesse dell’altra. Proviamo a raccontarvi questa realtà. È un viaggio nel tempo, in cui ci guidano vecchi e nuovi operai dell’acciaio. Sono padri e figli, testimoni dei mutamenti del lavoro nel passaggio dalla gestione pubblica a quella privata dello stabilimento, dal ’95 del Gruppo Riva. Le loro storie ci portano dove non è semplice andare: nelle officine, nelle cokerie, nei laminatoi… Tra gli oltre 13 mila dipendenti diretti e i 4mila delle ditte dell’appalto.
L’Ilva di Taranto è il più grande centro siderurgico d’Europa. Dà lavoro, ma è un lavoro che uccide. Uccidono gli incidenti, 42 negli ultimi quattordici anni. E uccidono le emissioni inquinanti.
Secondo dati Ines, nei cieli di Taranto viene riversato il 9% della diossina prodotta in tutta Europa. Le storie di fabbrica si incrociano con testimonianze di lavoro precario, di lavoro nero, di non lavoro. Di morti di cancro e malati. Di giovani che emigrano. Di nuove periferie e nuovi santi. Storie che narrano la parabola di una città alle corde, che però, ancora una volta, prova a reagire.
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