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PeaceLink sulle dichiarazioni di Mario Ghini (UILM)

Che l'Ilva possa spostarsi all'estero per l'adozione della legge sulla diossina è un'ipotesi fantasiosa. Le norme si applicano in tutt'Europa e non per questo c'è il fuggi fuggi generale in Cina. Ma il problema va ben oltre la mancata conoscenza dei problemi su cui si fanno dichiarazioni.
10 febbraio 2009
Peacelink (Alessandro Marescotti & Biagio De Marzo)

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Il segretario generale nazionale della UILM Mario Ghini è intervenuto sulla questione delle emissioni di diossina dell'Ilva per criticare la legge regionale. Ha dichiarato che l'Ilva potrebbe non rispettare il primo limite fissato per aprile di quest'anno. Arriva a dire che con l'applicazione della legge regionale "verrebbe messa in discussione la sopravvivenza dello Stabilimento Ilva di Taranto".

Ma come fa a sostenere una cosa del genere? L'Ilva ha già dimostrato di potere rispettare quel limite (2,5 ng/m3) utilizzando sperimentalmente un sistema di assorbimento delle diossine basato sull'urea.

Riva deve adesso solo sborsare il denaro per rendere continuativo ed effettivo quel sistema di abbattimento della diossina. Come mai ora che deve "aprire il portafogli" un sindacalista fa una dichiarazione allarmistica all'ANSA con la quale quel portafogli torna a chiudersi?

PeaceLink ha da tempo inviato ai sindacati provinciali FIOM, FIM e UILM la scheda tecnica delle tecnologie con cui è possibile tagliare del 97% le emissioni di diossina siderurgica in 16 mesi. L'ha mandata anche al ministro dell'Ambiente e la invierà anche a Mario Ghini perché se la studi.

Mario Ghini interviene come se non esistessero tecnologie di abbattimento della diossina applicabili in 16 mesi. La UILM nazionale poteva almeno chiedere lumi alla UIL provinciale e regionale che da tempo hanno avviato un percorso di studio e di ricerca assieme alle associazioni ambientaliste.

Ma il problema va ben oltre la mancata conoscenza dei problemi su cui si fanno dichiarazioni.

Mai una parola è stata spesa in 12 anni di mancata applicazione della normativa europea IPPC per la riduzione dell'inquinamento ambientale mentre il resto le industrie europee hanno fatto investimenti e si sono adeguate sopportando la concorrenza di quanti non lo facevano.

Il vero problema è che manca la volontà di impegnarsi per il rispetto dei limiti europei. La dirigenza Ilva sta dando prova di voler prendere continuamente tempo allontanando le scadenze in attesa di eventi "favorevoli".

Che poi l'Ilva possa spostarsi all'estero per l'adozione della legge sulla diossina è un'ipotesi fantasiosa. Le norme antidiossina si applicano in tutt'Europa e non per questo c'è il fuggi fuggi generale in Cina.

L'impianto di abbattimento delle diossine costa 80 milioni di euro quando gli utili annui del gruppo Riva sono mediamente superiori a 700 milioni di euro. E' una spesa che rientra pienamente nelle capacità di investimento di Riva.
La verità è che più viene ritardata l'adozione delle migliori tecnologie più diventa antieconomico adottarle in uno stabilimento che ha già mezzo secolo.

L'Ilva è come una vecchia auto a cui si devono mettere le cinture di sicurezza, la marmitta catalitica, i copertoni e i freni nuovi. Qualcuno sta accampando le scuse più fantasiose pur tirare avanti così e non spendere soldi per la tutela della salute e della sicurezza. Vogliamo mettere il filtro antidiossina quando l'Ilva sarà diventata ancora più obsoleta? Se si vogliono adottare le nuove tecnologie di ambientalizzazione esse vanno implementate adesso e non domani quando l'Ilva sarà ad un passo dalla rottamazione.

Per fortuna a livello sindacale ci sono centri studi che da tempo approfondiscono la questione dell'ecosostenibilità.

Diffondiamo in allegato un intervento che Gianni Alioti (CISL) ha inviato sia a PeaceLink sia alla CISL locale.

Gianni Alioti è responsabile nazionale dell'Ufficio ambiente, salute e sicurezza della Fim-Cisl (gianni_alioti@cisl.it)

Troverete la netta differenza fra un sindacalista che fa dichiarazioni carenti di fondamento scientifico e chi invece il problema l'ha studiato a fondo, proponendo soluzioni avanzate che tutelano sia la salute sia lavoro.

Infine PeaceLink ritiene che convocare i sindacati a Roma senza convocare anche le associazioni ambientaliste è una violazione della legge 108/2001 che recepisce la Convenzione di Aarhus. Tale normativa impone l'obbligo di consultazione di tutto il pubblico interessato senza distinzione fra sindacati, associazioni e comitati di cittadini.

La riunione di domani al Ministero dell'Ambiente è pertanto da considerarsi lesiva dei diritti di partecipazione di quei soggetti portatori di interessi collettivi.

Abbiamo presentato ufficialmente osservazioni sull'Autorizzazione Integrata Ambientale e non siamo convocati a Roma: perché quest'esclusione?

Alessandro Marescotti
Biagio De Marzo

Associazione PeaceLink
www.peacelink.it

Allegati

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