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Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA)

Raffineria Eni di Taranto, cosa fare per ridurre l'inquinamento

Osservazioni del coordinamento Altamarea, coordinamento di associazioni e cittadini di Taranto.
31 ottobre 2009
Leo Corvace (Altamarea)

ALTAMAREA
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AIL – ARCI – ASS.NE BAMBINI CONTRO L’INQUINAMENTO – ASS. VOLONTARI OSPEDALIERI – COMITATO PER TARANTO - GREENPEACE - IMPATTO ZERO – LEGAMBIENTE – LIBERA - LIPU – PAX CHRISTI - PEACELINK – SENSIBILIZZAZIONI LIBERE E CONCRETE – TARANTO VIVA – VIGILIAMO PER LA DISCARICA – WWF – CITTADINI VARI.

OGGETTO : PRIME OSSERVAZIONI SUL PROCEDIMENTO DI RILASCIO DELL’A.I.A. ALLA RAFFINERIA ENI DI TARANTO

RELAZIONE di LEO CORVACE

1 - PREMESSA

Secondo i dati riportati nel registro delle emissioni INES il polo industriale dell’area di Taranto risulta il maggiore produttore di gas ed emissioni inquinanti nel Paese, dalla diossina a Nox, SOx, CO, IPA, Benzene, Cadmio, Cromo, Mercurio, Piombo... Ciò nonostante Taranto è ancora in attesa di un efficace piano di risanamento ambientale. La dichiarazione di area ad elevato rischio ambientale del lontano novembre 1990 si è infatti rivelata un’occasione persa. Il piano di risanamento ambientale approvato nel 1998 ha prodotto effetti del tutto marginali poiché, con la complicità di Regione ed enti locali, recepiva in larga parte indicazioni delle stesse industrie, poco propense ad investire nel campo ambientale. Il contesto era quello di un territorio privo di controlli ambientali e nel quale le imprese potevano ridurre i loro costi di produzione scaricando indisturbate nell’ambiente i loro residui di lavorazione. Solo di recente si è dotata l’Arpa Puglia, anche se ancora in maniera insufficiente, delle risorse necessarie per poter svolgere, a differenza del passato, i suoi compiti di controllo istituzionale in maniera puntuale.
I notevoli ritardi accumulati nell’avvio delle procedure per il rilascio delle Autorizzazioni Integrate Ambientali (A.I.A.) ed il mancato rispetto della scadenza del 30 Ottobre 2007 per la loro definizione hanno a loro volta procrastinato uno stato di crisi ambientale del territorio del tutto insostenibile anche in rapporto alle sue forti ripercussioni sulla salute dei cittadini e dei lavoratori. Ritardi che vanno ad aggiungersi a quelli del mancato rispetto della scadenza dei tempi previsti dall’accordo di programma dell’Aprile ’08 per l’area industriale di Taranto e Statte che si traducono in un’ulteriore dilatazione dei tempi di adeguamento ambientale delle industrie del territorio. Altro vantaggio concesso alle imprese è quello di consentire (in base alle modifiche apportate all’art.2 comma 1-bis della legge 243/07, pubblicate sulla G.U.18.03.08)., di realizzare interventi previsti nei cronoprogrammi anche in assenza delle conclusioni dell’istruttoria da parte della commissione nazionale IPPC. Quindi senza tener conto delle prescrizioni che saranno loro imposte con il rilascio dell’A.I.A. In tal modo questi interventi potranno sottrarsi alla valutazione ambientale di tipo complessivo ed integrato, caposaldo della stessa normativa europea in materia di prevenzione e precauzione in campo ambientale. Una valutazione che tiene conto del peso inquinante dell’intero ciclo produttivo dell’impresa considerata e da cui potrebbe scaturire, in sede di prescrizione e diversamente dalle procedure di V.I.A., il ricorso a tecnologie più rigorose in luogo di quelle adottate (art.8 D.L.vo 59/05) e rispetto di limiti di emissioni più severi (art.7 del citato D.Lvo).

1.1 – MINISTERO DELL’AMBIENTE E TERRITORIO DI TARANTO

Il contesto descritto è quindi decisamente caratterizzato da notevoli ed insostenibili ritardi nell’attuazione di politiche di risanamento ambientale del territorio e degli impianti industriali presenti nel suo ambito. La politica adottata dal Ministero dell’Ambiente nei confronti del territorio di Taranto è sin qui apparsa più sensibile alle esigenze dei potentati industriali che verso le sue problematiche ambientali. Sintomatici sono gli attacchi rivolti all’operato dell’ARPA Puglia nel mentre si caratterizzava per maggiore incisività rispetto al passato. Il Ministero dell’Ambiente è anche pesantemente intervenuto per depotenziare la legge regionale sulla diossina fortemente voluta dai cittadini di Taranto come dimostra la loro massiccia partecipazione (20mila ) alla manifestazione per l’ambiente del 29 Novembre scorso.
Lo stato di elevato rischio ambientale di Taranto sembra inoltre costituire, per il Ministero dell’Ambiente, condizione non per una politica di risanamento ma per collocare ulteriori attività inquinanti nel suo territorio. A confermarlo le decisioni assunte nell’ultimo anno. Dal già citato contrasto alla legge regionale sulla diossina ai ritardi nel rilascio delle A.I.A alle industrie locali dilatando i tempi di adeguamento dei loro impianti alle B.A.T. sino al blocco dei fondi F.A.S. (una parte destinati alle bonifiche) ed al recente via libera per la triplicazione della produzione energetica dell’ENI e le prospezioni petrolifere nei fondali dello specchio di mare antistante il Mar Grande. Provvedimenti, questi ultimi, assunti anche senza il coinvolgimento di Regione ed enti locali sollevando non profonde perplessità circa la carenza di democrazia con le quali vengono assunte.
Il rischio evidente è di perdere, per Taranto, un’ulteriore occasione storica per risanare il proprio territorio. Per questo le associazioni ambientaliste e civiche raccolte sotto il cartello di “AltaMarea” intendono nuovamente ritornare in piazza il 28 novembre prossimo rivendicando un diverso modello di sviluppo ecosostenibile del territorio ed il diritto a vivere in un ambiente salubre e pulito.

OSSERVAZIONI
1. - RILASCIO DELL’A.I.A., ACCORDO DI PROGRAMMA E PRINCIPI GENERALI

Accanto alla bonifica del territorio le associazioni chiedono il rilascio delle A.I.A. in tempi ristretti, con le prescrizioni più severe ed in sintonia con le finalità dell’art. 1, comma 1 dell’accordo di programma dell’area industriale di Taranto e Statte (siglato l’11 Aprile 2008 in applicazione dell’art. 5, comma 20, del D.Lvo 59/2005).

A) Le norme sull’A.I.A., se rigorosamente rispettate, consentono di poter direttamente intervenire sui sistemi produttivi condizionandone l’esercizio all’adozione delle Migliori Tecniche Disponibili, all’impatto ambientale prodotto e ad un puntuale sistema di monitoraggio delle loro emissioni. Per “AltaMarea” fondamentale risulta l’applicazione di alcuni fondamentali principi contenuti nel D.Lgs 59/2005 ed in generale nella normativa in materia di A.I.A. e M.T.D.:
- incidere sui processi produttivi piuttosto che sui sistemi di depurazione per ridurre i livelli di inquinamento in applicazione del principio della prevenzione
- adozione, per gli impianti maggiormente inquinanti, di misure di adeguamento più incisive e supplementari rispetto a quelle previste dalle M.T.D. (D.Lgs 59/05, art. 8)
- prevedere prescrizioni che impongano limiti di emissione molto più rigorosi rispetto a quelli previsti dalle legislazioni nazionale e regionale (- 20% di quella nazionale in base alla L.R. 7/99) e volti a “ridurre al minimo l’inquinamento” (D.Lgs 59/05, art.7 comma 4 ).

B) Le associazioni ritengono debbano essere osservate le finalità del citato accordo di programma di “garantire una valutazione unitaria ed integrata per il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale ai diversi soggetti gestori..al fine di assicurare ..in conformità con gli interessi fondamentali della collettività, l’armonizzazione tra lo sviluppo del sistema produttivo nazionale, le politiche del territorio e le strategie aziendali”.
Le A.I.A. devono quindi essere rilasciate solo dopo una valutazione complessiva delle criticità ambientali del territorio ed in stretta correlazione tra di loro allo scopo di pianificare un intervento mirato non solo al risanamento ambientale dei singoli impianti ma dell’intero territorio.

2 – EMISSIONI ATMOSFERICHE E MONITORAGGIO

La rete di monitoraggio dell’inquinamento atmosferico gestita dall’ARPA Puglia non comprende una stazione di monitoraggio nelle vicinanze dello stabilimento ENI. Alcune indagini hanno potuto comunque rilevare livelli di inquinamento preoccupanti e molto meno rassicuranti rispetto a quelli offerti dal sistema di monitoraggio in continuo installato dall’azienda. Dalle attività di controllo ambientale sulle emissioni di I.P.A. predisposte dall’ARPA Puglia nel periodo Agosto 2001 – Dicembre 2006 i valori più rilevanti di deposizioni sono stati misurati proprio nella postazione dell’Ospedale “Testa” con una media di 5,96 ug/mq die e determinazioni massime parziali di 99,55. Medesimi risultati rispetto al B(A)P : media 0,56 ug/mq die con valori massimi parziali di 9,82. Le altre postazioni erano disposte presso le sedi di autorità portuale e capitaneria di porto, della Chiesa Gesù Divin Lavoratore nel quartiere “Tamburi” .
Altra campagna di monitoraggio è stata realizzata dall’ARPA Puglia nel periodo 16 Ottobre – 4 Dicembre 2006 con il mezzo mobile in dotazione. Dalla relazione emerge come si siano rilevati “ 17 giorni di superamento del valore limite giornaliero per il PM10, su 46 giorni effettivi di campionamento”. Sui risultati va comunque considerata l’incidenza anche dello stabilimento siderurgico essendo stata riscontrata nelle polveri presenza di ferro oltre che di I.P.A. Maggiore è la correlazione tra il sito monitorato ed i dati sul benzene. “l’analisi..ha fatto emergere la presenza di sorgenti prossime al sito di indagine..Inoltre dal confronto con i dati rilevati in una stazione sita nel quartiere Tamburi si evidenziano, nel sito indagato, concentrazioni 4-5 volte superiori.” Anche rispetto ai limiti normativi l’indagine ha registrato a livello puramente indicativo “valore superiore a tale limite”. Per gli altri inquinanti va rilevato come per il solfuro di idrogeno sia “emerso un comportamento molto simile a quello riscontrato per il benzene (sia per la presenza di picchi molto elevati di concentrazione che nella differenza con i dati rilevati in una stazione fissa del quartiere Tamburi”
Nella documentazione presentata dall’ENI risultano insufficienti i dati relativi ai benefici ambientali attesi in seguito alla realizzazione degli interventi programmati in riferimento sia ai singoli impianti che ai camini in termini di riduzione delle emissioni inquinanti. I parametri presi in considerazione sono per lo più riferiti ai macroinquinanti. La frequenza programmata delle operazioni di monitoraggio non sempre risulta adeguata per tenere sotto controllo gli scarichi in acqua e nell’atmosfera. Ma soprattutto emerge un contesto, relativo al controllo ambientale, in larga parte inadeguato ed insufficiente. La rete di monitoraggio delle emissioni atmosferiche convogliate, soprattutto se rapportata all’apporto diretto dei forni, appare obsoleta. Le torce necessitano di urgenti lavori di adeguamento sia per garantire la misurazione delle emissioni che per ridurre, attraverso l’installazione del sistema smokeless, fenomeni di inquinamento con la formazione dei pennacchi. Quelli previsti hanno accumulato ritardi insostenibili. Più volte l’ARPA Puglia è intervenuta sulla necessità di installare una terza torcia per garantire una migliore sicurezza del lavoro e dell’ambiente. Prevista nell’ambito della progettazione “Autoil”, non ne sono definiti i tempi di installazione e funzionamento, come del resto l’entrata in esercizio degli impianti in previsione (Hydrocracking, RHU, Produzione Idrogeno etc) con i relativi obblighi imposti in sede di rilascio della valutazione di compatibilità ambientale. Del tutto assente è la rilevazione delle sostanze odorigene. La rilevazione delle emissioni fuggitive è occasionale e priva di programmazione. Molti interventi inseriti nel cronoprogramma presentato dall’azienda non sono definiti nei tempi di realizzazione e rimandati ad un generico piano investimenti 2008-2011.
Obiettivo prioritario deve essere quello di ridurre drasticamente nei tempi più rapidi l’ammontare annuo e le concentrazioni dei vari inquinanti immessi nell’ambiente. L’adozione delle MTD deve essere uno strumento per realizzare tali obiettivi.
Le prescrizioni dell’AIA devono prevedere :
- il monitoraggio in continuo e controllo delle emissioni su tutti i camini ed i forni. Il ventaglio di inquinanti da monitorare deve includere almeno quelli inseriti nell’allegato III del D. Lgs 59/2005;
- il monitoraggio in continuo e controllo delle emissioni da torce;
- il monitoraggio in discontinuo degli inquinanti con una periodicità nettamente inferiore a quella semestrale proposta dall’azienda;
- il controllo delle emissioni diffuse e fuggitive anche con il ricorso alla tecnologia di rilevazione laser;
- il controllo programmato degli obiettivi da raggiungere;
- il potenziamento ed adeguamento della strumentazione dedicata al monitoraggio;
- il monitoraggio in continuo delle sostanze odorigene;
- utilizzo delle torce solo per situazioni di emergenza;
- rete di monitoraggio inglobata in quella preesistente gestita dall’ARPA Puglia ;
- campagne di rilevamento parallele effettuate dall’Arpa con il suo mezzo mobile a turno presso i punti di maggiore criticità del processo produttivo
- la pubblicazione dei dati sul sito dell’Arpa;
- controlli sulle tarature degli strumenti in uso dell’azienda per il monitoraggio dei suoi impianti (art. 11, comma “b” del D. Lgs 59/2005);
- l’individuazione precisa dei punti di rilevamento in merito ad altezza e sezione dei camini (art. 11, comma “b” del D. Lgs 59/2005);

Si sottolinea come le prescrizioni non possono limitarsi a far rispettare i limiti di emissione imposti dalla normativa in vigore. La dichiarazione di area ad elevato rischio ambientale e la gravità ormai largamente documentata delle condizioni ambientali del territorio impongono limiti di emissione molto più ristrettivi in applicazione dell’art. 8 del D. Lgs 59/2005. Tanto più che dal 2010 il D.M. 60/02 prevede l’entrata in vigore di norme più severe in materia di emissioni atmosferiche. Inoltre i valori limite devono tener conto anche del trasferimento dell’inquinamento da un elemento ambientale all’ altro (aria, acque, suolo) come definito dall’art.9 comma 3 della Direttiva europea n.2008/1 del 15 Gennaio 2008.

Sulla base di queste considerazioni non si condividono:
a) le modifiche apportate dalla commissione istruttoria IPPC ai limiti delle emissioni convogliate di Nox, SO2, PST inizialmente formulati nel parere istruttorio conclusivo del 2 Aprile 2009. Il limite di SO2 nella configurazione Autoil è stato elevato, come flusso di massa, da 2.900 t/a ad 3.050 ed in termini di concentrazione da 650 mg/Nmc ad 800. Parimenti per i limiti dei Nox, sempre nella configurazione Autoil, passati da 250 mg/Nmc a 300 e quelli delle PTS da 35 a 40. Sono state in tal modo accolte, anche se parzialmente, le richieste aziendali ridimensionando, in tal modo, gli obiettivi di risanamento ambientale degli impianti.
b) la prescrizione per la quale si intende rispettato il valore limite annuale di SO2 se il 97 % di tutte le medie giornaliere non supera il 125 % dello stesso indice in quanto appare eccessivamente permissivo nei confronti dell’azienda.

Per le emissioni fuggitive di COV si condivide l’obbligo all’azienda di implementare un programma di Leak Detection and Rpair (LDAR) secondo i protocolli EPA 21 e rivolto ai componenti (pompe, compressori, valvole, scambiatori etc) di tutte le unità di raffineria.
I ritardi nel rilascio dell’AIA devono anche ridurre i tempi di esecuzione di altri interventi previsti nelle prescrizioni ed imporre una scadenza temporale certa e non più legata all’esito delle procedure della stessa AIA. Si richiede quindi che entro il 31 Dicembre di quest’anno sia :
- implementato il programma Leak Detection and Rpair (LDAR) comprensivo dei
protocolli di ispezione ed intervento, rispetto al quale l’azienda ha accumulato forti ritardi
rispetto al calendario di controlli da essa stessa definito.
- presentata la relazione tecnica relativa all’adozione del sistema di bilanciamento e recupero vapori di COV durante le operazioni di scarico/ carico dei prodotti petroliferi leggeri effettuate presso il terminale marittimo e presso l’area spedizione prodotti via terra.
- consegnato il programma di monitoraggio degli odori per la stima, il controllo e l’analisi dell’impatto olfattivo indotto dai processi produttivi.
- attivato il sistema di monitoraggio in continuo di COV e benzene contestualmente al suo potenziamento (tre centraline da adeguare a standard più efficaci e due nuove da installare) ed affidato, secondo le premesse aziendali e prescrizioni, all’ARPA Puglia.
- implementato nel piano di monitoraggio e controllo, in raccordo con l’ARPA Puglia in applicazione dell’intesa raggiunta tra le parti il 21.11.2008, il “programma di monitoraggio delle ricadute delle emissioni in atmosfera al fine di conseguire” gli obiettivi come da prescrizione nel paragrafo “Monitoraggi ambientali” (comprensivo, tra l’altro, di “sistema di controllo di valori soglia per le emergenze di natura industriale con sistemi di remote sensing (DOAS)”.
- definita, di concerto con l’ente di controllo, la soglia di emissioni di gas oltre la quale far scattare le modalità di intervento secondo prescrizione.

La definizione di questi obiettivi risulta importante per superare la genericità dei tempi di realizzazione di alcuni interventi previsti nel cronoprogramma come “Miglioramento del sistema di monitoraggio delle emissioni in atmosfera”, “Riduzione delle emissioni diffuse atmosferiche da drenaggi, prese campione e da pompe”, “Riduzione delle emissioni7fuggutive da caricamento navi”, “Riduzione delle emissioni di VOC”. Interventi per i quali si richiede la realizzazione in tempi ristrettissimi e definiti dalle prescrizioni.
Si ritiene, inoltre, che le prescrizioni debbano prevedere, da parte dell’azienda, anche uno studio aggiornato circa l’impatto prodotto dallo stabilimento sull’ambiente esterno.

2 - I SERBATOI

I tempi previsti nel cronoprogramma per l’installazione dei doppi fondi ai serbatoi contenenti prodotti idrocarburici risultano insufficienti. L’azienda dichiara, infatti, di averne dotati 48 su un totale di 84 serbatoi interessati e di aver in corso interventi per altri sei. Il completamento è rinviato a tempi non definiti ed inseriti in un generico piano degli investimenti 2008 – 2011. Le prescrizioni impongono a loro volta tempi lenti di adeguamento, due serbatoi all’anno. Gli interventi necessitano di tempi più stringenti in quanto l’incidente del 1° Maggio 2006 al serbatoio T 3002 ha fatto emergere carenze nel sistema di tenuta di questi contenitori. La dispersione di idrocarburi dovuta ai processi di corrosione del fondo dei serbatoi di stoccaggio è del resto tra le cause di maggior contaminazione del sottosuolo. Gli interventi dell’azienda sono limitati agli 84 serbatoi di stoccaggio di idrocarburi ritenuti a più elevata mobilità nel sottosuolo Nessun cenno però sui restanti 27 in esercizio e su analisi di piezometri che accertino l’assenza di perdite dai loro fondi e/o corrispondenti certificazioni di controllo.
Legata alla presenza dei serbatoi è anche parte della problematica della dispersione delle COV. Da rilevare come dalla campagna di monitoraggio eseguita dall’ARPA Puglia nel periodo 16 Ottobre – 4 Dicembre 2006 con il mezzo mobile in dotazione siano emersi preoccupanti valori di solfuro di idrogeno la cui sorgente emissiva veniva individuata “a Nord Ovest (zona degli impianti) e a Est- Sud- Est in cui sono presenti i serbatoi, la SS 106 e l’area portuale” .
Nell’area dell’incidente del 1° Maggio la situazione è di particolare criticità..
.. omissis..
A fine 2008 si era ancora in attesa della relazione sulle modalità e risultati delle attività di verifica della tenuta delle reti tecnologiche e dei serbatoi imposta all’azienda all’indomani dell’incidente del 1° Maggio 2006 dalla conferenza dei servizi del S.I.N. del 19 ottobre 2006. Tale relazione è da ritenersi rilevante per le procedure di rilascio dell’AIA e determinante per le relative prescrizioni da imporre all’azienda. Nel merito non si è in possesso di aggiornamenti .
Oltre l’installazione dei doppi fondi le B.A.T. prevedono come ulteriore misura di sicurezza anche interventi di impermeabilizzazione dei bacini di contenimento degli stessi serbatoi. Nel cronoprogramma non sono previsti interventi di questo tipo. L’azienda non relaziona neanche nel merito. L’unico riferimento è contenuto nella scheda “A” “informazioni generali” in cui viene riportato il dato di 706.000 mq relativo all’intera superficie scoperta pavimentata e quindi comprendente strade, serbatoi ed aree pavimentate impianti. Occorre che l’azienda entro il 31 Dicembre definisca la mappatura degli interventi di pavimentazione dei bacini di contenimento già effettuati e la programmazione di quelli da realizzare e dei controlli e verifica del fondo del parco serbatoi di stoccaggio dei liquidi idrocarburici. Le prescrizioni nel merito appaiono molte blande in quanto non impongono dei tempi di intervento. Una omissione da considerarsi tanto più grave nella considerazione che il serbatoio T 3002 fosse sprovvisto di pavimentazione.
In linea con le B.A.T., fondamentale per la tutela di falda e sottosuolo dalle contaminazioni di idrocarburi è garantire comunque a monte misure di prevenzione con un efficace sistema di controllo, ispezioni e manutenzione. Misure che devono trovare la loro determinazione nelle prescrizioni dell’AIA con relative tabelle di interventi e di monitoraggio. Gli interventi di ispezione e/o manutenzione devono svolgersi in un periodo sensibilmente inferiore ai 5 anni previsti dalle norme. Mentre per il report periodico i tempi di aggiornamento devono anch’essi ridursi rispetto ai sei mesi previsti dalle prescrizioni.

3 - DIRETTIVA “SEVESO”

L’ENI ha accumulato gravi ritardi in rapporto agli adempimenti previsti dal D.L.vo 334/99 e dal successivo 238/2005. Il mancato adeguamento degli impianti alle prescrizioni del Comitato Tecnico Regionale ha comportato la mancata approvazione dei Rapporti di sicurezza relativi a raffineria ed annesso deposito di GPL (rispettivamente presentati ad Ottobre 2005 e Febbraio 2007). In rapporto a questo ultimo il Comitato Tecnico Regionale, dopo diffide varie, ha ritenuto di denunciare il gestore in base all’art. 27 comma 3 del D.Lvo 334/99 ed interessare la magistratura. Dalla relazione dell’ARPA datata 15 Luglio 2008 si puntualizza che nel corso dell’istruttoria nel “ Rapporto di sicurezza del deposito GPL sono emerse…anomalie riguardanti la funzionalità e affidabilità degli impianti di protezione attiva antincendio (impianto di spegnimento a pioggia con acqua di mare) e dell’impianto elettrico ADPE delle pensiline di carico”. Grave è , inoltre, che al Dicembre 2007 l’azienda fosse ancora sprovvista dei certificati di prevenzione incendi che, secondo il rapporto redatto dagli ispettori del Ministero dell’Ambiente al termine dell’ispezione del 22 Dicembre scorso, risulterebbero scaduti il 27 Dicembre 1988 per la raffineria ed il 30 Giugno 1997 per il deposito GPL. Un contesto tanto più grave in rapporto ai piani di potenziamento presentati dal gestore ed agli incidenti accaduti negli ultimi tre anni nella raffineria. L’ENI intende infatti elevare la sua capacità di lavorazione da 6,5 a 11 mln di ton/a e di stoccaggio. Due sono gli incidenti di un certo rilievo che vanno registrati di recente. Il 1° Maggio 2006 con la fuoriuscita di ben 30mila mc di gasolio da un serbatoio sito a ridosso della linea ferroviaria. Il 12 Ottobre 2007 con la dispersione di acido solfidrico (per fortuna non in grosse quantità per il pronto intervento) generatosi dalla fuoriuscita di gasolio ed idrogeno ad alta pressione dall’impianto di desolforazione Rhu. Altro incidente, di portata minore, il 14 Marzo 2008 per lo scoppio della tubatura di un compressore. Sul primo episodio il gestore, nonostante le diffide del Comitato Tecnico Regionale non ha ancora relazionato nel merito.
Le incongruenze registrate nei Rapporti di sicurezza hanno negativamente inciso sulla formulazione del nuovo piano di emergenza esterno redatto dalla Prefettura nel Giugno scorso. Per l’ARPA “ il piano di emergenza esterno ... risente delle carenze informative, connesse alle schede informative ed ai Rapporti di sicurezza..” Da rilevare infatti come neanche il Rapporto di gestione della sicurezza dell’Ilva sia stato approvato dal Comitato Tecnico Regionale presentando “ numerose carenze, soprattutto per gli aspetti di Analisi di rischio” (nota citata)
Ne deriva che la fascia di territorio considerata a rischio dal piano di emergenza esterno continua ad essere vulnerabile per la scarsa applicazione dei dettami della “Seveso”. Alle responsabilità delle imprese si affiancano quelle di carattere amministrativo da parte di Comune e Prefettura.
..omissis….

a) TRASPORTO MERCI PERICOLOSE SU GOMMA

Nell’area di rischio rientrano due importanti arterie come la Statale Jonica 106 e la tratta ferroviaria Taranto – Metaponto - Bari – Roma site a ridosso della raffineria e della sua area di stoccaggio. Già nel 1992 un rapporto della Direzione del Siar del Ministero dell’Ambiente includeva queste arterie (oltre la parallela Statale 7) nell’area critica sia a rischio di decessi che di feriti. Ad esse va aggiunta la prevista strada di attraversamento dei moli, inserita nel progetto di costruzione della piattaforma logistica e che sorgerà a circa 150 - 200 metri dall’area dei serbatoi di stoccaggio.
Lo stato di pericolosità a cui sono interessate queste arterie è testimoniato anche dalle ripercussioni subite in termini di interruzione del traffico in seguito ai già citati incidenti. O per altri accaduti in aziende contermini come l’esplosione avvenuta nella ‘Hidrochemical’ il 6 Maggio 2004 durante il travaso da una cisterna all’altra di acido solforico e acido acetico. Nonché per la corposa casistica di incidenti in cui sono rimasti coinvolti automezzi con carico di merci pericolose provenienti o diretti alla raffineria. Tra gli altri va citato quello accaduto il 21 Agosto 1997 in cui rimase coinvolta un’autocisterna contenente petrolio greggio. A svilupparsi fu un rovinoso incendio che interessò una zona molto vasta sino a ridosso del sito individuato per il rigassificatore. Per il suo spegnimento l’intervento dei vigili del fuoco si protrasse per ben otto ore. Il conducente perse la vita.
Il trasporto di merci pericolose e/o infiammabili costituisce a sua volta un fattore di alto rischio per il parco stoccaggio idrocarburi della raffineria. Se coinvolti in un incidente rilevante accaduto in aziende site nell’area a rischio, i mezzi possono amplificarne gli effetti. D’altro canto un deragliamento di vagoni o la fuoriuscita di un’autocisterna, in determinati punti, può avere un’incidenza molto pericolosa per i serbatoi del parco di stoccaggio della raffineria anche in termini di effetto domino. La Statale 106 è attraversata, secondo le stime fornite dalla stessa azienda, da 10016 autocisterne con un carico di 278 kton. di materie prime e prodotti finiti in entrata e da altre 107.550 in uscita per 2.857 kton. Ad Ottobre del 2007 sono deragliati undici vagoni contenenti il micidiale propilene presso la stazione di Taranto. Il pronto intervento ha impedito la tragedia. Ma solo dieci minuti prima il convoglio era passato nelle vicinanze del parco serbatoi della raffineria.
La presenza di queste arterie avrebbe già dovuto imporre da tempo alla raffineria ed agli impianti ad esso collegati l’adozione delle migliori tecnologie disponibili in applicazione dell’art.14 comma 6 del D.Lvo 334/99, come modificato dal successivo D.Lvo 238/2005 .”In caso di stabilimenti esistenti ubicati vicino…a vie di trasporto principali..il gestore deve, altresì, adottare misure tecniche complementari per contenere i rischi per le persone e l’ambiente, utilizzando le migliori tecniche disponibili”. Nel citato rapporto della Direzione del Siar del Ministero dell’Ambiente già nel 1992, tra i provvedimenti da assumere, si indicavano quali alternative:
-) divieto di traffico e di trasporto passeggeri nelle strade statali e sulla linea ferroviaria. Trasferimento dei residenti in aree diverse;
-) delocalizzazione degli impianti;
-) interramento dei depositi, riduzione degli stoccaggi di prodotti tossici ai livelli funzionali alle sole produzioni.
E’ possibile intervenire soprattutto sulla terza ipotesi ed in parte sulla prima. Fuori luogo sarebbe l’approvazione dei progetti di potenziamento della raffineria con conseguente elevamento dei rischi rientranti nella “Seveso”. Nel potenziamento, tra l’altro, è prevista la costruzione di altre 14 cisterne con un incremento dell’attuale capacità di stoccaggio di 445.000 mc Si è del resto già registrato, rispetto alla data del rapporto Siar, un aumento della produzione sino a 6,5 milioni di prodotti derivati. Tra gli interventi per mettere in sicurezza il parco serbatoi devono rientrare delle prove di resistenza dell’attuale muro di cinta del parco serbatoi in rapporto all’eventualità di un’uscita di strada di mezzi pesanti a velocità sostenuta. Particolari accorgimenti vanno assunti sul tratto della Statale 106 nella quale insiste una scarpata al di sotto della quale sono posizionate delle cisterne. Gli adeguamenti del caso rientrano nelle MTD “Installare barriere e/o sistemi di blocco per evitare danni alle attrezzature, causati da urti accidentali di veicoli in moto (vagoni cisterna su strada o su ferrovia) durante le operazioni di scarico”.
Rispetto alla prima ipotesi la soluzione è da ricercarsi in un trasferimento della stazione con un diverso percorso della linea ferroviaria. Ma è una soluzione che esula dalla procedura di AIA. Occorre quindi potenziare le misure di sicurezza insistenti tra il lato Sud – Ovest del parco serbatoi e la linea ferroviaria. L’incidente del 1° Maggio 2006 ed il blocco del traffico ferroviario a più riprese negli ultimi anni in quel tratto dimostrano che sono insufficienti. Tra gli interventi vanno inclusi sistemi antincendio più sofisticati, pavimentazione impermeabile di tutta l’area parco, manutenzione più frequente, potenziamento del muro di cinta. Interventi da aggiungersi a quelli predisposti per la messa in sicurezza delle cisterne in termini di realizzazione del doppio fondo ed installazione del doppio tetto galleggiante per le cisterne interessate.

b) TRASPORTO MERCI PERICOLOSE SU NAVI E TRAFFICO MARITTIMO
Si ritiene che la valutazione dei grandi rischi debba interessare anche il traffico mercantile e l’attracco delle navi al pontile della raffineria. Tanto più che non sono stati sinora osservati gli obblighi della “Seveso” previsti dal D. M. A. n. 293/2001 risultando, il porto di Taranto, attualmente sprovvisto del piano integrato portuale, del piano di emergenza interno e di quello esterno.
Nel 2005 il porto di Taranto, con un traffico in arrivo o in partenza di 5.212 navi e merce movimentata pari a 48.888.000 ton., è stato il secondo hub italiano dietro il porto di Genova. Nello specifico le rinfuse liquide si sono attestate a circa 7 milioni di volume di traffico di cui 2.657.766 ton di petrolio greggio, 3.990.623 di prodotti raffinati e 258.363 di altre rinfuse liquide. Le rinfuse solide (tra cui carbone e minerali) sono state invece pari a 24,1 milioni di ton. movimentate.
Secondo i dati aziendali nel 2007 sono risultate ormeggiate presso il pontile ENI 168 navi per un carico di 3.758 kton ed una movimentazione in uscita di 622 navi con 4.442 kton di prodotti petroliferi. Nel 2002 ne sono approdate circa una sessantina munite di un solo scafo. Il volume di traffico e la tipologia di gran parte delle merci movimentate comportano per il porto di Taranto dei rischi che possono comportare incidenti quali : collisioni, incendi a bordo, urti contro le banchine di attracco. Nella documentazione A.I.A. fornita dall’ENI la tematica non risulta trattata nonostante disponga, al centro della rada di Mar Grande, di un campo boe per l’attracco di petroliere di grossa stazza fino a 250.000 ton in funzione dello scarico del greggio trasportato e di un pontile dotato di quattro ormeggi. La trattazione si rende opportuna anche in relazione ad alcuni incidenti accaduti negli anni passati in cui è rimasto coinvolto del naviglio legato anche ad altre attività portuali
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L’analisi dei rischi deve rapportarsi anche ad eventuali effetti domino con le attività del vicino molo polisettoriale e degli sporgenti 4 e 5. Nel vicino molo polisettoriale nel 2005 sono stati movimentati container per 716.856 TEU contenenti anche sostanze pericolose. Va infine considerato il traffico navale militare legato alle attività della base navale militare e per le quali il porto di Taranto è sottoposta agli adempimenti del decreto legislativo 230/95 relativo al rischio nucleare.
Vanno infine considerati, nell’analisi dei rischi, anche i progetti di potenziamento e ristrutturazione che qualificheranno il porto di Taranto sempre più come Hub di valenza strategica internazionale (delibera Cipe n.121/2001). Allo scopo la Finanziaria 2007 (L.ge n. 296/2006) con l’art. 1002 ha inserito il porto di Taranto tra quelli per cui il cui ampliamento il Ministero delle infrastrutture può procedere ai sensi dell’art. 163 del codice dei contratti pubblici di cui al d.l. 12 Aprile 2006 n.163. In quest’ambito rientrano opere previste nella legge obiettivo ed approvate dal Cipe con atto n. 74/2003 come la piattaforma logistica che, tra l’altro, prevede la realizzazione di un terminal ferroviario raccordato con la rete ferroviaria nazionale ed una strada di attraversamento dei moli.
L’AIA deve essere rilasciata solo se l’ENI regolarizza la sua posizione rispetto agli adempimenti normativi ed atti amministrativi conseguenti previsti dal D.Lgvo 334/99. In questo ambito l’azienda deve rivedere il suo “Rapporto di sicurezza” rapportandolo ad una più adeguata valutazione dei rischi di incidenti rilevanti estesa anche al traffico su gomma e navale ed osservando le prescrizioni imposte dal verbale datato 22 Dicembre 2008 redatto dalla Commissione ministeriale in seguito ad ispezione.

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