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"Come si muore nella città più inquinata d’Europa"

A Taranto, nell’estremo sud italiano, la popolazione muore a fuoco lento da mezzo secolo, nell’indifferenza delle autorità. Responsabili le acciaierie, che generano inquinamento mortale a base di amianto, Co2 e diossina. Queste forniscono 10 milioni di tonnellate di acciaio per anno, ossia la più grossa produzione di Europa. Un sistema nel quale le fortune generate per alcuni valgono bene il sacrificio di qualche migliaio di operai e abitanti del vicinato.
29 ottobre 2010
Fonte: www.bastamag.net (1)
articolo di Xavier Renou, traduzione di Pierangela Fontana

Prima di tutto, c’è il mare, immenso. E Il sole certamente, i campi di ulivi, di arance e mandarini a perdita d’occhio. Una situazione geografica eccezionale, per la città tra le più meridionali d’Europa. Situata nel tacco dello stivale, terra fertilissima, Taranto fu anticamente porto di commercio principale della Grecia mediterranea, prima della conquista romana. Ma se Taranto è conosciuta oggi in tutta Italia e in tutta Europa, è in ragione del suo livello estremo di inquinamento, e del tasso record di cancro che l’accompagna. foto di Taranto


Negli anni ‘60, le autorità italiane decisero di costruire a Taranto la più grande acciaieria d’Europa, con 54 altiforni. È la società pubblica oggi Ilva (n.d.r. prima Italsider) che è incaricata della gestione di questi altiforni. Privatizzata nel 1988, l’Ilva (che prende il suo nome dell’isola d’Elba da cui era estratto il minerale ferroso necessario alla fabbricazione dell’acciaio) e cade nel girone del gruppo Riva spa, gigante italiano della siderurgia, decimo produttore mondiale di acciaio. 20 anni dopo, il sito di Taranto è ancora il primo produttore europeo d’acciaio: 10 milioni di tonnellate sfornate ogni anno.

CONTATTO DIRETTO CON L'AMIANTO

Quando l’ilva sbarca a Taranto, si mette in primo piano la creazione di lavoro, la modernità degli impianti, la fierezza di accogliere un tale investimento nella regione Puglia, una delle più povere d’Italia. Oggi invece si parla, come dice Roberto Missiani, ex operaio dell’acciaieria, di sacrificio puro e semplice della città in nome della crescita economica. giovane pensionato dal temperamento focoso, le cui braccia si agitano in tutte le direzioni appena gli sale la collera, Roberto ormai maneggia meglio il pc portatile che le lastre d’acciaio. Roberto è potuto andare in pensione a 50 anni, ancora non troppo “usato”. Prima era la regola, dopo 30 anni di lavoro a contatto con l’amianto, sostanza che ricopre numerosi attrezzi in acciaieria per le sue qualità isolanti e anti incendio.
Roberto si ricorda che prima di sentire parlare dei disastri dell’amianto, gli si faceva manipolare questo materiale con le mani, senza maschera e guanti. Alle polveri di amianto di cui si riempiva i polmoni si aggiungevano poi il diossido di carbonio e il benzopirene uscito dalla combustione dell’acciaio, tutti e due forti cancerogeni. E anche la diossina, che fece già la tragica reputazione di Seveso, dopo l’esplosione. Senza contare la polvere rossa dei minerali dell’acciaio, scappata dalle montagne di minerali lasciati all’aria nell’industria, e che copre ogni giorno le strade del quartiere dei Tamburi, adiacente la fabbrica. I bambini qui respirano l’equivalente di 800 sigarette per anno. Roberto è malato, si: ha già subito diverse operazioni alla gola, alla tiroide, i suoi polmoni sono avvelenati. Lui lo sa di essere condannato. Ma su questo punto preferiamo sorvolare.

MEDICINA DEL LAVORO AL SOLDO DELL'ILVA

Roberto, insieme ad altre persone, a comunque deciso di battersi, dopo aver scoperto le cause della sua malattia. Per diversi decenni, è come gli altri 11mila impiegati che il gigante industriale divora ogni anno. Al tempo stesso ignorante e sottomesso. Ignorante, perché la medicina del lavoro, pagata dall’Ilva, si accontenta degli esami superficiali della salute del personale, e perché le malattie non appaiono che dopo molti anni di lavoro nel ventre d’acciaio.
Sottomesso anche, perche il lavoro è raro nella regione e perché la paga è corretta (1000-1500 euro mensili, oggi un salario molto buono a sud di Napoli). Ecco perché i vecchi impiegati sofferenti scelgono di tacere, per non precludere le chance ai loro figli di trovare lavoro nella fabbrica. D’altronde, quale famiglia della città ancora oggi non conta almeno un membro che ha lavorato o lavora nell’ILVA?
Nel 2007, Roberto si associa ad un gruppo di abitanti per creare l’associazione Alta Marea, dal nome della marea che inghiottirà un giorno- speriamo- il mostro. Alta Marea è infatti una piattaforma che riunisce aderenti individuali, vecchi lavoratori dell’Ilva e una quindicina di associazioni ecologiste (wwf, Peacelink, Lipu, LegaAmbiente) o dei malati (Lega nazionale anti Cancro, l’Associazione dei malati di leucemia).

1500 MORTI ALL'ANNO

E di malattie, ce ne sono! Taranto conta attualmente un po’ meno di 200mila abitanti. A quanto ci dice Roberto, la città ha perso 40mila abitanti in 10 anni. Morti prematuramente, per la metà di questi, o partiti altrove per scappare ai fumi e alla contaminazione del suolo. 1500 persone muoiono ogni anno per cause legate all’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo. Ogni abitante respira diverse decine di tonnellate di monossido e di diossido di carbonio all’anno. Il 92% della diossina emessa dalle industrie d’Italia (ossia l’8,8% delle emissioni totali di diossina nell’Unione Europea), proviene dai camini dell’Ilva, e si diffonde sulla città al volere dei venti marini.
La lista delle malattie provocate agli abitanti a causa dell’esposizione a questo cocktail chimico è lunga : tubercolosi, emorragia, embolia e edema polmonare, cancro dei polmoni e del sangue (leucemia), del plasma. Qui si battono tutti i record. Il proprietario della fabbrica, e del gruppo internazionale che porta il suo nome, Emilio Riva, 75 anni, è stato tra l’altro condannato a seguito di una denuncia relativa alle emissioni di diossina ben superiori alle norme europee. Solo che la giustizia italiana è fatta in modo che i processi si protraggono per molti anni, e che spesso si svolgono dopo lo scadere dei termini di prescrizione. E poi si fa in modo che raramente si rispettino le sentenze quando queste colpiscono le personalità potenti.

VERSO LA DISOBBEDIENZA CIVILE?

Riva è stato condannato in ottobre 2008 a due anni di prigione, e il direttore Luigi Capogrosso, a 1 anno e 8 mesi. Nessuno dei due passerà in prigione neanche un giorno. In termini di sanzione pecuniaria, Riva ha dovuto pagare 8mila euro di spese legali! Curiosamente, la città di Taranto ha anche finora rinunciato a richiedere ciò che gli spetta, ossia delle compensazioni per i disastri ambientali causati dalle emissioni dell’acciaieria.
In un perimetro di 25km attorno alla città, tutti i campi sono considerati inadeguati per la coltivazione agricola: contaminati. Eppure crescono larghi frutteti che nutrono e avvelenano allo stesso tempo la popolazione di questa provincia.
Oggi, Alta Marea è arrivata al culmine della sua pazienza, dopo aver bussato a molte porte, ascoltato molte promesse, portato avanti molte operazioni di allerta e sensibilizzazione, di cui due grandi manifestazioni con la partecipazione di più di 20mila persone, nel 2008 e 2009. La stessa ha anche ottenuto con sentenza del TAR, grazie ad una petizione firmata da diverse migliaia di persone, che il Comune di Taranto sia obbligato a organizzare un referendum consultivo sulla chiusura dell’acciaieria. Le autorità della città hanno in un primo momento dovuto cedere, promettendo il referendum per marzo venturo. Ma poi, appena qualche giorno dopo, c’è stata una ulteriore marcia indietro.
La democrazia fa paura nel paese dell’inquinamento. E molti attivisti, ormai, guardano sempre più verso la disobbedienza civile. A seguire…

Note: (1) Bastamag.net è un'agenzia francese d'informazione delle lotte ambientali e sociali, indipendente e alternativa.

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