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La raccolta differenziata in dieci anni passa dall'1,5% ad un misero 10%

L'assedio della discarica gli sprechi e il colera dei rifiuti

«Dopo 13 anni di emergenza il ciclo dei rifiuti è ancora aperto. Si è venuta a creare una situazione endemica di emergenza che non trova riscontro in alcuna altra realtà locale d'Europa e che non è degna di un Paese civile»
4 gennaio 2008
Fonte: L'unità

Comune di Napoli Era il 2004, quando il prefetto Corrado Catenacci - uno degli otto commissari all'eterna emergenza rifiuti - decise di riaprire la discarica. A Pianura ancora ricordano le parole di Rosa Russo Iervolino. «Caro prefetto no, mi metterò la fascia tricolore e farò le barricate, ma quella discarica non va riaperta». Comune, Regione e Commissariato promisero un Piano di Bonifica: la costruzione di un verdissimo campo da golf con la bellezza di 18 buche e contorno di centro congressi e grandi alberghi.

Otto anni dopo, del green neppure l'ombra, solo monnezza, puzza e veleni. E la disperazione di don Vincenzino Pipolo, uno dei 5mila abitanti di contrada Pisani. «E mo che faccio, avevo costruito qui la mia casa perché mi avevano detto che la discarica sarebbe stata chiusa per sempre». Urla, si piglia a schiaffi, qualcuno lo consola. Altri bestemmiano. In serata viene assalita anche una gazzella dei carabinieri contro cui è stato anche lanciato un estintore. La tensione resta alta. Intanto i camion entrano per preparare il «fosso». È lì che verranno sversati i rifiuti raccolti a Napoli e nei comuni dell'area flegrea.

Nessuno lo ha detto ancora agli abitanti di Pianura, ma, a conti fatti, qui arriveranno qualcosa come 3milioni di metri cubi di mondezza nei prossimi mesi. Almeno fino a quando non aprirà l'inceneritore di Acerra. «Tra nove mesi», calcola il prefetto di Napoli Alessandro Pansa.

E allora, se questa è la situazione, per favore, nessun dotto editorialista accusi gli abitanti di questa parte di Napoli di egoismo o, peggio ancora, di essere affetti dalla sindrome di «Nimby» (dovunque ma non nel mio giardino). «Perché noi siamo vittime di una straordinaria catena di errori politici, di follie gestionali, di incompetenze e di sprechi miliardari», dice con la rabbia negli occhi Ludovico Valentino, uno dei tanti che in questi giorni ha tentato di impedire l'apertura della discarica.

La verità è che a Pianura e nei comuni sommersi da cumuli di rifiuti, nei roghi che ancora ieri a Ischia, Pozzuoli, Afragola e Boscoreale hanno avvelenato l'aria di diossina, è scritta la tragica storia di Napoli. Dove tutto - anche un «normale atto amministrativo» come è altrove la raccolta dei rifiuti - diventa emergenza. Un destino infame che sembra segnare la storia delle classi dirigenti di questa città negli ultimi quarant'anni. Nel lontanissimo 1973 il colera e il suo «vibrione» piegarono in due il potere di Antonio Gava; sette anni dopo, era il 1980, il terremoto dell'Irpinia e i suoi sprechi miliardari spensero l'astro di Ciriaco De Mita; tangentopoli si incaricò di frenare l'ascesa di pezzi da novanta come Pomicino, De Lorenzo, Scotti, Di Donato. Ora, il sogno della rinascita e del rinnovamento bassoliniano rischiano di essere sommersi e cancellati da tonnellate di monnezza. Per sempre.

Perché è ad Antonio Bassolino che, a torto o a ragione, l'opinione pubblica della città e della regione attribuisce gran parte delle responsabilità di questa eterna emergenza. Ci sono stati otto commissari (l'ultimo, il prefetto Cimmino è in carica da pochi giorni), tre presidenti di Regione - Rastrelli, di An; Losco, Udeur; Bassolino - e cinque alti funzionari dello Stato - compreso il capo della Protezione civile Bertolaso - eppure il nome che senti pronunciare davanti ai roghi dei cumuli di rifiuti e sulle barricate di Pianura è uno solo: Antonio Bassolino, l'uomo che da 15 anni è al governo di Napoli e della Campania.

Un destino ingiusto, se si vuole, di chi paga, insieme ad errori propri, il prezzo di una catena interminabile di valutazioni sbagliate, sprechi miliardari, incompetenze, affari, arricchimenti illeciti. Il tutto equamente diviso fra destra, centro e sinistra dello schieramento politico nazionale e regionale. Per Bassolino la Corte dei Conti chiede un risarcimento di 3 milioni di euro per gli sprechi di un call center ambientale pagato dal Commissariato e palesemente inutile. Con i suoi cento «operatori» costretti a smistare cinque telefonate a settimana. I magistrati della procura di Napoli ne chiedono il rinvio a giudizio insieme ad altre ventotto persone e ai Romiti padre e figlio, il discredito popolare sta travolgendo l'intero centrosinistra.

Ma quando nasce l'eterna emergenza rifiuti? È il 1997, un decreto del ministro Edo Ronchi obbliga le regioni a fare piani e progetti per trasformare la monnezza in energia. In Campania governa il centrodestra con Antonio Rastrelli. In campo per aggiudicarsi l'appalto, due catene di imprese, una guidata dalla Fibe del gruppo Impregilo di Romiti e figli, e l'altra che vede presenti colossi come l'Ansaldo e l'Enel. Vincono le imprese dei Romiti. Non hanno le qualità richieste («il progetto presentava lacune imbarazzanti», dichiara un docente universitario), ma abbassano i prezzi: 83 lire/kg per i rifiuti da conferire agli impianti Cdr (che trasformano la monnezza in combustibile) contro le 110 lire dei concorrenti.

Ma non è l'unica stranezza, perché una ordinanza di Ronchi del 1998 fissa in dieci mesi i tempi per la realizzazione dei sette Cdr e in 24 mesi quelli per la costruzione dei due inceneritori. Nel frattempo, il materiale prodotto va collocato in cementifici e centrali elettriche e utilizzato come combustibile. La Fibe, però, non dispone di strutture del genere sul territorio campano. L'Enel sì, ma viene cancellata. Poco male perché nel passaggio tra l'ordinanza ministeriale e il capitolato d'appalto, spariscono quelle due semplici parole «impianti esistenti». E la Fibe e i Romiti possono andare avanti alla conquista di un business che si aggira intorno ai 600 miliardi di vecchie lire l'anno.

Il contratto viene ratificato da due presidenti di Regione, Rastrelli e Losco, approvato anche da Bassolino quando nel 2000 diventa presidente della Regione e commissario straordinario. Il resto è inefficienza: dei due termovalorizzatori solo quello di Acerra, forse, entrerà in funzione, i sette impianti di Cdr producono rifiuti «tal quali», le ecoballe. Sei milioni di tonnellate, la gran parte stoccate a Taverna del Re, tra Giugliano e Villa Literno, in un'area di 3 chilometri per tre. Una montagna di mondezza impacchettata. Materiale che non potrà mai essere bruciato senza il rischio di provocare un immane disastro ambientale.

Ma un dato è certo: il Commissariato all'emergenza rifiuti ha prodotto solo sprechi e clientele politiche. Lo documenta la Corte dei Conti. I Consorzi di bacino (una delle tante strutture burocratiche) sono nati «per trovare posto a personaggi trombati in precedenti incarichi politici». Uomini senza competenze, ma dotati di auto blu e autisti. E che dire delle indennità di commissari, subcommissari e vicecommissari: inizialmente erano fissate in 10 milioni di lire mensili, ma forse non bastavano, si decise di elevarle allo stesso livello dello stipendio percepito dagli assessori regionali. Un vero e proprio bingo: 10mila euro mensili.

Intanto la raccolta differenziata in dieci anni passa dall'1,5% ad un misero 10, mentre nel resto del Paese siamo al 24,3%. Il Commissariato ha speso cifre da capogiro anche per pagare giornalisti (due nella struttura) «ma è mancata una adeguata informazione». Il consorzio Conai aveva 2316 dipendenti, ma «se lavorano in 200 è un miracolo», dice il prefetto Catenacci. Il risultato è che fino ad oggi la gestione Commissariale è costata al contribuente qualcosa come 1 miliardo e 200 milioni di euro, buona parte spesi per pagare i 101 dipendenti, consulenti e collaboratori, altri 60 milioni di euro l'anno sono stati sprecati per trasferire la mondezza in Germania, dove diventava combustibile per produrre energia. Per non parlare delle spese folli dei consulenti della struttura.

Ti raccontano di commissari e loro collaboratori alloggiati nei più prestigiosi e costosi hotel del lungomare e dei 724.680,25 euro spesi in telefonate internazionali e in contatti con le «linee erotiche». E che dire di quel funzionario in trasferta a Rimini che decide di alloggiare al Grand Hotel (quello di Fellini), categoria cinque stelle extra-lusso? O di quel solo consulente del Commissariato che si fa rimborsare biglietti aerei per 35mila euro e spese per pasti che superano i 7mila euro? Amare le conclusioni dei magistrati contabili: «Dopo 13 anni di emergenza il ciclo dei rifiuti è ancora aperto. Si è venuta a creare una situazione endemica di emergenza che non trova riscontro in alcuna altra realtà locale d'Europa e che non è degna di un Paese civile». Per favore non prendetevela con gli abitanti di Pianura.

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