Conflitti

L’Egitto è una polveriera esplosa improvvisa e senza controllo. D’istinto confronto le immagini del Cairo che arrivano sulle reti televisive, con quelle della città che ho visitato pochi mesi fa.

Egitto: non c’è democrazia senza giustizia sociale

E’ necessario che il periodo di transizione si concluda rapidamente, per stroncare sul nascere una spirale di caos che devasterebbe la fragile economia locale. Il fuoco che avvampa il Maghreb, è ormai guerra civile. Il Mediterraneo, il “grande lago” di Giorgio La Pira, si riscalda. In questo brodo che potrebbe diventare primordiale, per la crescita di possibili, nuove democrazie nel Medio Oriente, il nostro stivale galleggia con fatica. Risucchiato da antichi egoismi e solitarie guerre di interessi personali.
30 gennaio 2011
Andrea Misuri

L’Egitto è una polveriera esplosa improvvisa e senza controllo. D’istinto confronto le immagini del Cairo che arrivano sulle reti televisive, con quelle della città che ho visitato pochi mesi fa. Quando raggiunsi gli amici in un appartamento in Sharia Ahmed Hishmat, a Zamalek, nella parte nord dell’isola di Gezira, sul Nilo al centro della città. Lì ho trascorso dieci giorni da cooperatore solidale, condividendo il loro quotidiano. Mi attraeva l’idea di vedere le bellezze artistiche del Cairo, così come l’opportunità di entrare nella vita di questa metropoli di venti milioni di persone. Zamalek è il quartiere delle Ambasciate. Dove risiedono e lavorano la maggior parte degli stranieri. Diplomatici, rappresentanti delle tante associazioni impegnate in progetti per lo sviluppo, oltre a famiglie della borghesia locale. Dalle finestre dell’appartamento, il Nilo appariva maestoso e tranquillo. Solcato da barche e velieri grandi e piccoli, carichi di turisti, con cena e spettacolo musicale inclusi o meno. Dagli altoparlanti, moderne musiche a tutto volume attiravano l’attenzione di nuovi, possibili clienti.

In queste ore gli italiani di Zamalek non escono di casa. In contatto con l’Ambasciata, attendono l’evolversi della situazione. I cellulari locali hanno ripreso a funzionare a singhiozzo. Internet ancora no. Chiusa la postazione di Al Jazeera al Cairo, da dove, in questi giorni, ha trasmesso in diretta la rivolta popolare. Le immagini arrivano ora da altre sedi dell’emittente araba. Dalle finestre si vedono salire le colonne di fumo. Bruciano i barconi-ristorante, incorniciati dalle acque del fiume dove, fino alla settimana scorsa, si ritrovavano a fumare la shishia i giovani bene della città. Le carcasse fumanti delle auto della polizia sono ancora poste di traverso sul ponte 26 Luglio. Isolano Zamalek dal quartiere di Baluq, con il grande mercato, che dalla riva destra del Nilo si estende verso est. Da lì, si raggiunge il Museo Egizio percorrendo a piedi la Corniche, il lungo Nilo. Sede di incontro per gli innamorati, che seduti vicini, ma senza sfiorarsi, si sussurrano frasi di speranza e d’amore.

Tanti i bambini, sarà dato loro un futuro di libertà e di giustizia sociale?

Realtà diverse, a volte contrapposte, si sovrappongono. Una metropoli infinita, divisa in spicchi. Il Cairo non ha un sindaco. Cinque governatori fanno rispettare le regole imposte al popolo. Dai grattacieli, vediamo i tetti lastricati dei sottostanti palazzi, trasformati in improbabili abitazioni. Famiglie numerose che vivono in miseria. Spietate disuguaglianze sociali. Che coinvolgono sempre più i giovani e le donne con numerosa prole. L’assenza dei diritti per il genere femminile è ancora profonda, radicata a condizionamenti culturali duri da mettere in discussione. Stridono l’abbandono e la povertà a confronto di un nuovo modello di ricchezza che avanza. A giro nelle strade, troppi i minori che chiedono sostegno vitale. Li abbiamo visti vendere mazzi di menta nel caos del traffico quotidiano all’incrocio di Sharia El Brazil; andare sotto il peso di grandi ceste ripiene di pani in Sharia Darb El Malaheen a Baluq; spingere carretti più grandi di loro sulla dissestata Sharia Haret El Salheia in Khan al-Khalili. Disuguaglianze e condizionamenti che aumentano se ci si allontana verso i confini lontani dell’immensa periferia. Il 42% degli egiziani vive con un dollaro al giorno, il 30% non sa leggere e scrivere, la disoccupazione è dilagante, la corruzione è ovunque. Dove saranno ora le molte donne con i bambini piccoli che vendevano fiori all’uscita dei locali della vita notturna sul lungo fiume. Che dormivano sotto i ponti. Parteciperanno alla rivolta o si saranno rifugiate chissà dove, in questi giorni di caos e di violenza incontrollata? Le ragioni del diffuso disagio, sono le stesse che si ritrovano anche in altre realtà maghrebine, a cominciare da quella tunisina: la mancanza di prospettive di lavoro, l’ingiustizia sociale elevata alla massima potenza, una rivendicazione di libertà e di diritti che si scontra con le chiusure di un potere incapace di rinnovarsi.

Una rivolta sociale e generazionale che nei giorni scorsi El Baradei così commentava: "È inevitabile, il cambiamento deve arrivare. E il motore di questo cambiamento sono i giovani. È la generazione sotto i trent’anni, il 60% della popolazione egiziana, persone che non hanno alcuna speranza, alcun futuro, ma neanche nulla da perdere". Proprio Mohamed El Baradei, Premio Nobel per la Pace 2005 con la motivazione “ impavido fautore che l’energia nucleare non venga male autorizzata per scopi militari”, che ho incontrato in occasione del conferimento della cittadinanza onoraria di Firenze nel 2007, è il leader intorno al quale unificare le forze di opposizione. E’ necessario che il periodo di transizione si concluda rapidamente, per stroncare sul nascere una spirale di caos che devasterebbe la fragile economia locale. Il fuoco che avvampa il Maghreb, è ormai guerra civile. Il Mediterraneo, il “grande lago” di Giorgio La Pira, si riscalda. In questo brodo che potrebbe diventare primordiale, per la crescita di possibili, nuove democrazie nel Medio Oriente, il nostro stivale galleggia con fatica. Risucchiato da antichi egoismi e solitarie guerre di interessi personali.

Egitto, polveriera in (ri/e)voluzione

Ulteriori articoli e riflessioni

Tra rivoluzioni reali e immaginarie

Lo studioso e giornalista politico Majed Kayyali dà un resoconto di alcuni aspetti della rivoluzione egiziana, con le sue caratteristiche di movimento spontaneo, sostanzialmente nonviolento, slegato dalle categorie politiche tradizionali
12 febbraio 2011 - Majed Kayyali (traduzione di Susanna Valle)

L’Egitto scompare dall'internet

Grazie a tutti per gli interessanti commenti e domande; seguono alcune considerazioni sugli ultimi sviluppi sul lungo black-out Internet egiziano, inclusa un’analisi trace-based ed alcune osservazioni sui Paesi vicini. Entro stamattina concluderemo questo articolo ed aspetteremo che le connessioni vengano ristabilite, speriamo il prima possibile – Jim.
11 febbraio 2011 - James Cowie (traduzione di Susanna Valle)

Esercito egiziano coinvolto in detenzioni e torture

I militare sono accusati dai sostenitori dei diritti umani di torturare centinaia di manifestanti antigovernativi
11 febbraio 2011 - Chris McGreal (traduzione di Beniamino Trucco)

Frammenti di rivoluzione

Cristiani e Musulmani uniti in preghiera a Tahrir Square
7 febbraio 2011 - Francesco Iannuzzelli

Sangue e paura nelle strade del Cairo mentre gli uomini di Mubarak reprimono le proteste

Il cielo era pieno di pietre. I combattimenti attorno a me erano così terribili che potevo sentire l’odore del sangue.
9 febbraio 2011 - Robert Fisk (traduzione di Stefano Gubion)

Google e Twitter ridanno voce agli egiziani

5 febbraio 2011 - Doug Gross (traduzione di Roberta Morese)

Ammar404: in Tunisia la censura si chiama così

Alla vigilia della sua partenza precipitosa, il vecchio presidente tunisino Ben Ali aveva accettato di sospendere la censura del web in Tunisia. Da quel momento uno dei blogger arrestati durante le sommosse è stato nominato segretario di stato del nuovo governo. Ma Ammar404, lo pseudonimo per la censura tunisina, ha attraversato il Mediterraneo. E' ciò che constata Karim Guellaty, un tunisino che era stato la fonte d'informazione più debole su Twitter la sera della partenza di Ben Ali, e che pubblica il testo seguente, sotto licenza libera. Ce lo ha trasmesso Paul Da Silva, il presidente del Partito Pirata francese. Lo pubblichiamo tale quale.
27 gennaio 2011 - Karim Guellaty (traduzione di Maurizio Carena)

Segnaliamo infine che nel sito del CIPMO, il Centro Italiano per la pace nel Medio Oriente vengono pubblicati diversi altri articoli e commenti da giornalisti e opinionisti qualificati. Il CIPMO è un'organizzazione che da anni si occupa delle problematiche riguardanti i rapporti tra mondo arabo e occidente, in primis la situazione di conflitto Palestina-Israele.

 


 

Nota personale di Roberto Del Bianco:
Certamente gli articoli proposti rappresentano momenti di una cronaca che si evolve via via. Una considerazione personale riguarda le comunicazioni via Internet e via cellulare, reti utilissime per la diffusione delle notizie e per il coordinamento dei gruppi "ribelli" e delle manifestazioni di popolo.
Utilissime sì ma estremamente "fragili", al punto che è bastato un "click" imposto dal governo egiziano alla compagnia Vodafone per far zittire per giorni questi canali di comunicazione.
Internet ormai è visto come il principale mezzo per tutte le comunicazioni mondiali. Tant'è vero che le compagnie di radiodiffusione di tante Nazioni vanno spegnendo via via le proprie emittenti a onda corta, confidando più nel web e nelle Internet radio il compito di diffusione dei propri notiziari e broadcast. Motivi economici sicuramente; ma non diventa "fragile" anche qua, la diffusione dell'informazione e il conseguente diritto ad essere informati?
Ricordo quanta importanza ebbe invece la radio a onde corte nel passato, ad esempio ai tempi della "Guerra Fredda" come pure durante le tante guerre e guerriglie che da sempre infestano il nostro pianeta. Quali siano state quelle parole trasportate nell'etere - voci ribelli, voci di propaganda, voci espressione di libertà - spesso provenivano da emittenti nascoste, itineranti, realizzate con mezzi "poveri" ma anch'esse ricevute "worldwide". E che sicuramente non era possibile, allora, far zittire istantaneamente con un "click"...

Note: La situazione in Egitto è in continua evoluzione, e le cronache quotidiane ci portano notizie di scontri e violenze sempre più gravi. Il nostro team di traduttori volontari è al lavoro per riportare nel nostro sito articoli e comunicazioni che provengono anche dal territorio e i cui link saranno qua via via riportati.

Stay tuned!

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