Una settimana cruciale per Julian Assange all’Alta Corte londinese e al Campidoglio di Roma
Lo è perché l’Alta Corte londinese sta per pronunciarsi sulla sua richiesta di appello (l’ultima di cui dispone). Se la Corte dice di no, egli potrebbe essere, seduta stante, spedito negli Stati Uniti dove l’attende un processo per ergastolo già scritto.
Certo, in teoria, i suoi avvocati avrebbero la possibilità di bloccare l’estradizione chiedendo un’ingiunzione presso la Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU). Ma solo in teoria. Stella Assange, moglie di Julian e madre dei suoi bimbi Gabriel di sei anni e Max di quattro anni, teme infatti un colpo di mano proprio questa settimana, l’ultima utile prima delle vacanze giudiziarie di agosto.
Infatti, la Corte potrebbe riunirsi questo venerdì sera, 28 luglio, pronunciarsi contro un’ulteriore udienza e Julian potrebbe poi trovarsi sabato mattina su un aereo diretto negli USA. Mancherebbe infatti il tempo materiale per chiedere l’ingiunzione, che può essere concessa solo dopo il rigetto dell’ultimo appello. Oppure la Corte potrebbe pronunciarsi la mattina di lunedì prossimo (31 luglio) e già nel pomeriggio Julian potrebbe trovarsi su quell’aereo. Ovviamente, sia nel primo che nel secondo caso, le autorità britanniche violerebbero la prassi che lascia all’imputato il tempo necessario per formulare una richiesta di ingiunzione. Ma non violerebbero nessuna legge. Sarebbe un atto di forzatura giuridica di cui Julian ha già subito innumerevoli esempi.
Siamo in una settimana cruciale, dunque. Proprio la settimana in cui l’Assemblea Capitolina di Roma decide se conferire o meno la cittadinanza onoraria al co-fondatore di WikiLeaks. Il percorso fino ad oggi è stata accidentato: alla prima calendarizzazione della mozione martedì, 18 luglio, mancava il numero legale. Alla seconda, giovedì 20 luglio, il numero legale c’era ma è stato raggiunto troppo tardi per lasciar spazio alla mozione. Alla terza, martedì 25 luglio, la discussione sulla legge del bilancio ha occupato tutto il tempo disponibile. Ci sarà una quarta ed ultima calendarizzazione venerdì prossimo 28 luglio, ore 15: dita incrociate.
Che contrasto, però!
Da una parte abbiamo il coraggioso e geniale co-creatore del sito WikiLeaks – colui che ci ha permesso di sapere i misfatti che i nostri governanti nascondono dietro pretestuosi Segreti di Stato – il quale, da più di quattro anni, marcisce in isolamento in un buco nero due metri per tre: una forma di tortura psicologica, dice il relatore speciale ONU sulla tortura, Nils Melzer.
Dall’altra parte abbiamo i coraggiosi e diligenti Consiglieri Comunali romani che accettano di patire l’insopportabile calura estiva – sicuramente una forma di tortura anche quella, se non proprio paragonabile – pur di mandare avanti l’amministrazione cittadina malgrado le défaillance di alcuni colleghi e la mancanza del numero legale.
Eppure ci vorrebbe così poco perché quei consiglieri, mettendo da parte le loro rivalità e guardandosi dentro, chiedessero alla presidenza dell’Assemblea la precedenza assoluta per la mozione ex art. 109 e poi la votassero, offrendo così una mano a Julian in questo momento decisivo.
Una mano non indifferente. Votare la mozione non sarebbe semplicemente un gesto di riconoscimento per l’enorme contributo di Assange al giornalismo investigativo mondiale. Il voto potrebbe avere effetti tangibili e reali. Infatti, il conferimento della cittadinanza onoraria della città di Roma, Caput Mundi, che si aggiungerebbe ai tanti altri conferimenti già concessi da altre città, potrebbe offrire al Presidente statunitense Joe Biden la giustificazione di cui egli ha bisogno per tenere a bada i suoi falchi e ritirare la richiesta di estradizione di Assange, inoltrata dal suo predecessore Trump.
“Una telefonata può salvare una vita” diceva una vecchia pubblicità. Anche un conferimento di cittadinanza onoraria.
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