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Elisabetta Trenta sostiene che "l'importante è capire perché stiamo facendo una spesa e quale miglioramento darà al cittadino"

Dopo il via libera agli F35, il nuovo ministro della Difesa sposa le tesi dell'industria bellica

In un'intervista televisiva arriva a sostenere che le spese militari portano innovazione e hanno una ricaduta nel settore civile risultando di beneficio per tutti. Sono lontani i tempi in cui l'onorevole Alessandro Di Battista diceva con veemenza che i sostenitori dell'F35 avrebbero meritato "calci in culo"

Il nuovo governo non comprerà più F35?

I "cafoni di Fontamara" e gli F35

Le parole a La7 del ministro Elisabetta Trenta sono un capolavoro di ambiguità e fanno pensare a Fontamara di Ignazio Silone.

Ricordate il personaggio di Fontamara, don Circostanza, l'"amico del popolo", che beffa i cafoni con la sua parlantina ambigua? 

Il ministro della Difesa non dice che non acquisterà gli F35. Dice che non acquisterà "altri" F35. E' un gioco di parole e ripete più volte la rassicurazione che non ne saranno comprati "altri" (e arriva a dire "questo glielo garantisco"). Ma se si ascolta bene l'intervista si evince chiaramente che non ne acquisterà altri "in più" rispetto a quelli già previsti nel contratto. E quello che il ministro si propone non è di non acquistare più F35 ma di allungare i tempi di consegna (si ascolti l'intervista) in modo da "liberare una parte di budget" da impiegare in altri progetti militari. Quindi nessuna riduzione delle spese militari ma una diluizione dei tempi per poter spalmare la spesa militare anche su progetti militari europei.

E così i "cafoni di facebook", depistanti da "questo glielo garantisco", sono serviti. L'intervista è un ottimo banco di prova per gli analfabeti funzionali che hanno votato per una cosa per poi ritrovarsene un'altra. Rileggiamoci Fontamara. 

"Sicuramente non ne compreremo nessuno di nuovo", dice ambiguamente il nuovo ministro sugli F35 al secondo minuto dell'intervista a La 7. Gli F35 sono gli aerei costosissimi d'attacco a capacità nucleare che i precedenti governi si sono impegnati ad acquistare. Sembrerebbe - dalle parole - che il nuovo governo "sicuramente non ne comprerà nessuno". Ma le due paroline finali ("di nuovo") cambiano completamente il senso della frase e dicono chiaramente invece che il governo non ne comprerà nessuno di nuovo rispetto ai 90 che per i precedenti governi si erano proposti di acquistare. Ossia nessuno in più rispetto ai novanta F35 che sono l'obiettivo finale di acquisizione di questa storia senza fine che ha visto lievitare i costi a dismisura per un aereo oggetto di aspre critiche da parte del M5s (l'onorevole Alessandro Di Battista arrivò a dire che bisognava "prendere a calci in culo" chi lo aveva voluto).

 

E' vero che ci sono "forti penali"?

"C'è già in contratto in essere", dice il ministro, aggiungendo che ci sarebbero "forti penali" se non si onorasse quel contratto. Il ministro dimostra di non conoscere la questione: non vi è nessuna penale. Lo specifica la Corte del Conti. Ci auguriamo che il ministro sia disinformata, altrimenti avrebbe dato un'informazione falsa e depistante. In nessuna delle pagine della Corte dei Conti sugli F35 si dice che vi sia una penale in caso di non acquisto, anzi si dice l'esatto contrario: non vi sono penali. E, si badi bene, la relazione è del 2017.

Ma adesso tutto cambia e chi - per Di Battista - "dovrebbe essere preso a calci in culo" ora è diventato il visionario manager che ha compreso le benefiche ricadute civili delle tecnologie militari. 

"Le spese militari - dice il nuovo ministro della Difesa - hanno una ricaduta anche nel settore civile: Internet nacque come progetto militare".

Sono queste le parole che Elisabetta Trenta ha pronunciato a La7, nel programma televisivo Omnibus.

 

La ricerca militare serve ai cittadini?

Nell'intervista il ministro Trenta dice che le spese militari portano innovazione e l'innovazione porta beneficio per tutti. Il peggio del peggio dei luoghi comuni. Tutte cose contestate da fior fior di ricercatori e smentite da decenni di dibattito scientifico. Settecento ricercatori hanno recentemente sottoscritto un appello contestando la ricerca militare. Ma questo mondo libero e aperto, in cui da tempo sono maturare competenze e strategie per la pace anche grazie a ricercatori e scienziati, non è il mondo da cui proviene la cultura del nuovo ministro Elisabetta Trenta, che si è sempre mossa nell'ambito militare. Noi pacifisti ne ignoravamo completamente persino l'esistenza finché non è andata da Mattarella a giurare sulla Costituzione.

Elisabetta Trenta arriva a sostenere la tesi più insidiosa dell'industria bellica, quella con cui negli anni Ottanta il presidente Reagan diceva che era bene investire in armamenti perché la ricerca militare avrebbe fatto bene a tutti, anche ai civili.

Il nuovo ministro dice che Internet è derivata dalla ricerca militare. A beneficio della ministra Trenta vorrei dire che le prime connessioni telematiche sono state rese possibili non grazie alla ricerca militare ma al software di Tom Jennings, un anarchico americano. PeaceLink è nata non grazie alla macchina bellica americana, ma grazie al software libero e al gesto libertario di Jennings, che lo rilasciò gratuitamente al mondo intero consentendoci le prime connessioni telematiche.

La ricerca militare, proprio per la sua riservatezza e per il segreto militare, ostacola la diffusione della conoscenza e non è un caso che Internet sia arrivata nelle case a metà degli anni novanta, venticinque anni dopo la sua diffusione in ambito militare. Le più recenti innovazioni tecnologiche - chi ha seguito tecnicamente queste faccende lo sa benissimo - sono nate in ambito civile per poi irradiarsi in quello militare. Basti pensare ai personal computer che sono nati in un garage e non in un laboratorio militare. 

F35, cosa diceva Alessandro Di Battista, già parlamentare del M5S

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