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L'idea di combattere "piccole guerre nucleari in luoghi lontani"

Una guerra nucleare vincibile: Trump rianima i sogni dei suoi generali

I presidenti repubblicani da sempre vogliono "piccole" armi nucleari da usare, e non come strumento di deterrenza. La cosa preoccupante è che ora anche i capi militari statunitensi la pensano allo stesso modo.
3 agosto 2019
Paul Rogers (Professor in the department of peace studies at Bradford University and openDemocracy's international Security adviser)
Tradotto da Antonella Recchia per PeaceLink
Fonte: openDemocracy - 25 luglio 2019

Donald Trump La visita alla Casa Bianca di questa settimana da parte del primo ministro pakistano, Imran Khan, ha rappresentato un passo verso la fine della guerra tra Talebani e Stati Uniti che dura da 18 anni. L’incontro diplomatico è stato offuscato, tuttavia, dalla straordinaria affermazione del presidente Trump che ha affermato che gli Stati Uniti potrebbero porre fine a quella guerra nel giro di pochi giorni. Ha detto infatti:

Se volessimo combattere una guerra in Afghanistan e vincerla, ci riuscirei in una settimana. Non voglio uccidere 10 milioni di persone. Ha senso per te?

Per alcuni commentatori, il significato di questa affermazione potrebbe riferirsi all'uso di armi nucleari, una prospettiva che sembra incredibile, con l'era della Guerra Fredda alle spalle ormai da trent'anni.

In realtà, tuttavia, non è così inverosimile. L'idea di combattere "piccole guerre nucleari in luoghi lontani" è una caratteristica della pianificazione nucleare degli Stati Uniti da oltre mezzo secolo. Ciò vale anche per il Regno Unito: basta risalire alla fine degli anni '50, quando la Gran Bretagna sviluppò per la prima volta le proprie armi nucleari, e si trovano riferimenti aperti all'uso delle armi nucleari tattiche in un possibile conflitto con la Cina.

Una delle prime rubriche di questa serie, pubblicata nel 2002, riguardava il problema delle "piccole guerre nucleari". Poco dopo la fine della guerra fredda, si osservava, ci sono stati studi sul potenziale valore delle armi nucleari di piccole dimensioni in conflitti che potrebbero essere di molto inferiori a una guerra mondiale.

Già nel 1991, il Comando strategico aereo americano aveva commissionato uno di questi studi, che divenne noto come Reed Report. La versione finale fu attenuata, ma una bozza riuscì a trapelare, dando qualche indicazione sulla linea di pensiero. Come ho scritto allora:

…vi si esprime la convinzione che la crescente ricchezza delle petro-nazioni e dei nuovi poteri egemonici possa essere disponibile per i bulli e per i pazzi, se ottengono il controllo, al fine di portare il caos e devastare la tranquillità del mondo. Lo studio stesso ha richiesto una nuova strategia di targeting nucleare che includesse la capacità di mettere insieme una forza di spedizione nucleare ... principalmente per l'uso contro obiettivi della Cina o del Terzo mondo.

Questo periodo ha visto anche laboratori di armi statunitensi lavorare su progetti per piccole testate nucleari. Parte dell’idea che si nasconde dietro ciò è stata rivelata in un documento che due membri dello staff del laboratorio di Los Alamos hanno scritto per Strategic Review, intitolato "Contrastare la minaccia del tiranno ben armato: una modesta proposta per le piccole armi nucleari".

Questo lavoro subì un freno dopo l'elezione di Bill Clinton come presidente degli Stati Uniti nel 1992, per poi tornare al centro della scena quando George W. Bush gli successe otto anni dopo. Per citare il mio pezzo di OpenDemocracy del 2002:

Quando Bush salì al potere, portò con sé consiglieri per la sicurezza molto intransigenti, alcuni dei quali avevano lavorato in think-tanks che si occupavano di studiare con attenzione nuove strategie nucleari che erano stranamente simili a quelle dei primi anni '90. Una volta al potere, gli è stata data carta bianca, con i risultati che sono stati riportati così ampiamente questa settimana.

Ciò che ha sorpreso la maggior parte delle persone è l'apparente volontà di considerare di usare prima le armi nucleari, utilizzandole su piccola scala, basandosi sul presupposto che si tratti di una componente ragionevole della politica di sicurezza internazionale.

Otto anni dopo, la nuova amministrazione Obama declassò nuovamente questo approccio, riemerso solo con la presidenza di Trump. Proprio il mese scorso i Capi di Stato Maggiore statunitensi hanno pubblicato la più recente linea di pensiero sulla strategia nucleare in un documento chiamato "Opzioni Nucleari", che ha dimostrato che la possibilità di utilizzare armi nucleari su "piccola" scala era ancora una volta all'ordine del giorno. Dal punto di vista dei Capi di Stato Maggiore:

L'uso di armi nucleari potrebbe creare le condizioni per risultati decisivi e il ripristino della stabilità strategica. In particolare, l'uso delle armi nucleari cambierà radicalmente la portata di una battaglia e creerà condizioni che influenzeranno il modo in cui i comandanti prevarranno nei conflitti.

Bad & good News

Due notizie di segno opposto si sono accavallate quasi in contemporanea in questi "hot days". E' ormai confermata l'uscita degli Stati Uniti dallo storico Trattato INF sulle testate a gittata intermedia (vedi ICAN Statement on INF Treaty) accrescendo quindi il rischio di un conflitto atomico - specialmente qua in Europa - anche scatenato per errore. Si ricordi che una delle cause che portarono nel 1987 alla firma del Trattato fu proprio lo sviluppo del concetto di "conflitto atomico non intenzionale", una minaccia che proprio gli Euromissili rendevano più reale: nel caso di "falso allarme", il breve tempo che un Pershing II o un SS20 avesse impiegato per raggiungere il proprio bersaglio non sarebbe stato sufficiente per accorgersi dell’errore interrompendo in tal modo le procedure di lancio dei missili o di risposta al presunto attacco.

Ma la seconda notizia aggiunge un piccolo tassello alla speranza: sono 24 adesso gli Stati che hanno ratificato il TPNW, il Trattato per la proibizione delle armi nucleari approvato alle Nazioni Unite nel 2017. Sono spesso piccoli Stati, quest'ultimo - Saint Vincent e Grenadine - forse semisconosciuto tra le isolette del Mar dei Caraibi. Ma il suo voto all'ONU ha lo stesso peso di tutti gli altri, e anch'esso contribuisce al raggiungimento del traguardo delle 50 ratifiche necessarie per dare al TPNW lo status giuridico nel Diritto internazionale.

Si dirà che è poca cosa di fronte alle minacce globali dai Nuclear States ma è quanto la maggioranza degli Stati del pianeta vuole: l'olocausto globale non può essere deciso da pochi potenti ma incoscienti leaders, e gli effetti giuridici del Nuclear Ban si affiancheranno a quanto già imposto per le altre armi di distruzione di massa, quelle chimiche e batteriologiche.

Roberto Del Bianco

Non sorprende che ciò abbia provocato molte reazioni e che il Pentagono abbia rimosso il documento dal web dopo pochi giorni. Prima di ciò, però, la Federazione degli Scienziati americani l'aveva scaricato e pubblicato sul proprio sito, quindi rimane liberamente disponibile.

Alla base dell'approccio c'è la convinzione che l'uso su piccola scala di armi molto potenti potrebbe porre fine a un conflitto alle condizioni statunitensi. Calza a pennello con la vecchia politica NATO della risposta flessibile - sebbene quella politica prevedesse il primo passo in una guerra nucleare con l'Unione Sovietica in termini di "interventi dimostrativi", intesi non a uccidere milioni di persone ma a scioccare Mosca trattenendosi da un attacco convenzionale. La visione di "Operazioni Nucleari" consiste molto di più nel porre fine a una guerra in modo più trumpiano.

C'è un pezzo di storia in questo, che risale agli anni dopo la prima guerra in Iraq nel 1991. Dopo quella guerra divenne chiaro che l'Iraq aveva sviluppato una forza limitata ma potenzialmente efficace di armi chimiche e biologiche. Risultato di ciò fu uno sviluppo del pensiero nucleare statunitense illustrato dall'esercitazione di wargaming "Global 95", condotta in condizioni attentamente controllate presso lo US Naval War College. Come riferito da un briefing dell’Oxford Research Group, un paio di anni fa, c’era stata:

... un’esercitazione per una "crisi gemella" incentrata sulla Corea e sul Golfo Persico. Secondo quanto disposto dall’esercitazione, entrambe le crisi hanno avuto un’escalation giunta fino all'uso di armi chimiche contro le forze statunitensi, ma il rinascente regime di Saddam Hussein in Iraq è andato oltre, usando armi biologiche con effetti devastanti contro le forze militari statunitensi e i civili sauditi. Gli Stati Uniti hanno risposto con un attacco nucleare a Baghdad, ponendo fine alla guerra. Il wargame è stato riportato sulla rivista militare americana Defense News ([Theresa Hitchens "Wargame trova gli Stati Uniti a corto di risorse nella guerra biologica") il 28 agosto 1995), sollevando una serie di problemi critici:

“Gli Stati Uniti non hanno praticamente alcuna risposta all'uso di tali armi potenzialmente devastanti se non la minaccia di usare armi nucleari", ha detto un funzionario dello Stato Maggiore Congiunto il 22 agosto. Ma non è chiaro se anche le armi nucleari fornirebbero un deterrente, a meno che gli Stati Uniti non fossero disposti a compiere il difficile passo, dal punto di vista morale, di distruggere una città, ha detto. D'altra parte, se gli Stati Uniti lanciassero un attacco nucleare in risposta, "nessun paese userebbe quelle armi per i prossimi 100 anni", ha detto il funzionario ".

Sostituite l'Iraq con l'Iran o l'Afghanistan e tutto diventa un po’ troppo familiare, ma c'è un altro elemento da considerare. Se gli Stati Uniti uccidessero milioni di persone in una piccola guerra nucleare, ciò non impedirebbe certo ulteriori attacchi nucleari nei prossimi cento anni, come sosteneva Theresa Hitchens. La nuova certezza sarebbe l'opposto: qualsiasi uso nucleare USA di questo tipo scatenerebbe attacchi clandestini alle città degli Stati Uniti al massimo entro pochi anni.

Tutto questo sembra molto più simile al "Dr. Stranamore” di Stanley Kubrick che al mondo di oggi. Ma l'atteggiamento stesso non è molto distante da quello di Donald Trump e, cosa ancora più preoccupante, mal si adatta con la strategia nucleare ufficiale degli Stati Uniti, come illustrato da "Operazioni Nucleari".

Note: Link all'articolo originale:
https://www.opendemocracy.net/en/a-winnable-nuclear-war-trump-revives-his-generals-dreams/

Tradotto da Antonella Recchia per PeaceLink. Il testo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali citando la fonte (PeaceLink) e l'autore della traduzione.

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