Il premier britannico Starmer a Zelensky: "Con voi fino alla fine"
Il premier britannico Keir Starmer lo ha abbracciato dichiarando: "Sarò al tuo fianco fino alla fine". Ma cosa significa esattamente "fino alla fine"? Fino alla guerra nucleare? Fino alla vittoria dell'Ucraina? Fino a un accordo irrealistico in cui Putin rinuncia alla Crimea e al Donbass? Sarebbe come chiedere a Trump o Biden di restituire le Hawaii, annesse con un’azione imperialistica al di fuori di ogni diritto internazionale, o di abbandonare la base militare di Guantanamo a Cuba.
Quali prospettive sta costruendo per il futuro Zelensky?
Cosa possiamo attenderci da questa azione diplomatica?
Ma soprattutto: Zelensky ha un piano realistico per uscire dalla guerra? Vuole combattere fino alla sconfitta? Per questo è andato da Starmer? E il premier britannico lo ha abbracciato come chi stringe a se un martire dichiarando di sostenerlo fino alla morte?
Ma veramente questa è diplomazia?
Per tentare di capire meglio riavvolgiamo il nastro e ritorniamo alle immagini in mondovisione di Zelensky che incontra Trump.
Prima di partire per Washington, Volodymyr Zelensky aveva dichiarato con fermezza che non avrebbe rinunciato a Crimea e Donbass. Tuttavia, alla Casa Bianca, l'incontro convocato da Donald Trump aveva un obiettivo chiaro: definire i termini per porre fine alla guerra. La posta in gioco è alta. Si parla tanto di terre rare ma quelle sono un capitolo a parte e nebuloso. Focalizziamoci sulla exit strategy dalla guerra. Zelensky doveva portare a Trump un suo piano per la fine della guerra, una exit strategy, termine che abbiamo imparato a conoscere con la guerra del Vietnam e dell'Afghanistan.
La stridente contraddizione si è manifestata subito: Zelensky, anziché discutere della fine del conflitto armato, stava di fatto apprestandosi a chiedere ancora una volta più armi agli Stati Uniti. Trump chiedeva di porre fine alla guerra, Zelensky andava lì per continuarla. Due linguaggi incompatibili.
Va ricordato che Volodymyr Zelensky aveva dichiarato - la cosa fece scalpore - che l'Ucraina non aveva la forza per riconquistare i territori controllati dai russi, come la Crimea e il Donbass. Quindi è lecito chiedersi quali sollecitazioni (interne o esterne) abbia ricevuto a cambiare posizione e a irrigidirsi prima dell'incontro con Trump.
Tutte le discussioni sul fatto che Zelensky è stato trattato male, è stato "bullizzato" e così via, non affrontano questo nodo cruciale: ma si erano messi d'accordo o no su quello che era l'ordine del giorno dei colloqui alla Casa Bianca? O l'improvvisazione dell'uno e dell'altro hanno sostituito quella delicata e fitta azione di preparativi di cui è intessuta l'azione diplomatica?
Se sei convocato per negoziare la pace e invece chiedi l'opposto, la reazione è prevedibile. Trump glielo ha detto in maniera cruda a Zelensky: "Così non otterrai mai un accordo". E la logica dell'ex presidente è chiara: se gli USA alzano la tensione militare per far ottenere all'Ucraina Crimea e Donbass, il rischio di una terza guerra mondiale diventa concreto.
Repubblica ha titolato:
Trump umilia Zelensky e lo caccia dalla Casa Bianca. “Giochi con la Terza guerra mondiale”
Ma questo è l'epilogo. Rifacciamo un passo indietro. A complicare la discussione è infatti intervenuto J.D. Vance, senatore repubblicano dell'Ohio, e attuale vicepresidente degli Stati Uniti d'America. Vance ha sottolineato un fatto oggettivo: "In questo momento state costringendo i coscritti a combattere perché avete problemi di reclutamento". Una verità che non era mai stata detta in faccia a Zelensky. Quella verità andava detta o no? E' documentato che Zelensky stia facendo catturare - con vere e proprie scene da caccia al capretto - coloro che cercano di fuggire dalla guerra. Bracca i renitenti e i disertori. Non rispetta il diritto all'obiezione di coscienza, riconosciuto dall'ONU, per chi si rifiuta di andare in guerra e di uccidere. È paradossale che una critica così rilevante venga sollevata da un personaggio come Vance - l'esatto opposto di un pacifista libertario - mentre i leader europei tacciono su questo.
Come pacifisti non possiamo sostenere Trump e la sua squadra. Non possiamo - men che meno - sostenere Putin.
Ma possiamo come pacifisti sostenere chi, come Zelensky, vuole prolungare una guerra già persa, che ha già provocato un milione di vittime? L'Europa, invece di accodarsi a slogan bellici, dovrebbe interrogarsi sul proprio sulle proprie responsabilità in questo massacro senza fine. Essere responsabili significa salvare vite umane, non mandarle a sbaraglio - con il piglio del generale Cadorna - "fino alla fine" in una "guerra giusta".
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