Cresce la spesa militare italiana e avanza il progetto GCAP del caccia di sesta generazione
La nuova Legge di Bilancio approdata in Parlamento offre uno spaccato sempre più chiaro della direzione imboccata dal governo italiano sul terreno della difesa. Dietro il linguaggio tecnico delle “tabelle” ministeriali e dei “documenti programmatici” si nasconde una tendenza inequivocabile: le spese militari crescono di anno in anno, e non soltanto per effetto dell’inflazione.

Secondo i calcoli dell’Osservatorio Mil€x, la spesa militare complessiva prevista per il 2026 raggiungerà la cifra record di 33,9 miliardi di euro, con un incremento del 2,8% rispetto al 2025 e del 45% sul decennio. Un aumento che supera ormai la soglia del 1,5% del PIL, avvicinando progressivamente l’Italia agli obiettivi della NATO di portare gli stanziamenti militari prima al 2% e poi al 3,5% del PIL entro il 2035.
Una crescita continua, anno dopo anno
Il bilancio del Ministero della Difesa per il 2026 ammonterà a 32,4 miliardi di euro, in aumento di oltre 1,1 miliardi rispetto all’anno precedente.
Nel 2017 il budget era di 19,7 miliardi: in dieci anni l’incremento è stato del 64%.
Di questi fondi, quasi 10 miliardi saranno destinati all’acquisto di nuovi sistemi d’arma, un record storico che si innalza ulteriormente se si considerano i 3 miliardi provenienti dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy.
Le cifre diventano ancor più significative se si includono le missioni militari all’estero (1,18 miliardi) e la spesa pensionistica militare (4,5 miliardi).
L’Italia punta sui caccia: F-35, Eurofighter e ora il “Tempest”
Uno dei capitoli più rilevanti del nuovo
Documento Programmatico Pluriennale della Difesa (DPP 2025-2027)
riguarda il potenziamento della forza aerea. Tre programmi emergono in modo particolare: F-35, Eurofighter e GCAP (Global Combat Air Programme), cioè il nuovo caccia europeo di sesta generazione.
Per il solo 2025, il DPP prevede:
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735 milioni di euro per gli F-35, di cui l’Italia prevede di acquistare 115 esemplari;
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740 milioni per gli Eurofighter, con l’avvio della sostituzione di 24 velivoli della prima generazione;
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625 milioni per il GCAP, il programma trilaterale con Regno Unito e Giappone.
E proprio il GCAP, noto anche come Tempest, rappresenta oggi il progetto militare più ambizioso e più costoso in prospettiva per il nostro Paese: una spesa stimata in 9,6 miliardi di euro entro il 2035, su un totale complessivo di 50 miliardi a carico dei tre Paesi partecipanti.
Il caccia sarà un sistema “ibrido”, capace di operare con o senza pilota, integrato nei diversi domini (terra, mare, aria, spazio e cyber).
Un programma imponente, coordinato dall’ente trilaterale Gigo e affidato, per l’Italia, alla società Leonardo, in joint venture con BAE Systems (Regno Unito) e Japan Aircraft Industrial Enhancement.
Un progetto ancora senza prototipo, ma con già miliardi stanziati
È importante sottolineare che il Tempest non è ancora stato costruito nemmeno come prototipo. Eppure, i fondi cominciano a scorrere copiosi.
Solo nel 2025 l’Italia investirà 625 milioni di euro, seguiti da altri 274 milioni nel 2026 e 260 nel 2027, con una crescita vertiginosa dopo il 2028.
Il GCAP è presentato dal Ministero della Difesa come un investimento strategico per la “crescita tecnologica e industriale del Paese”. Ma resta una domanda cruciale: a quale prezzo sociale e politico?
Le risorse destinate a questa “corsa ai nuovi armamenti digitali” sottraggono risorse a settori civili strategici come sanità, scuola, ricerca e transizione ecologica.
Inoltre, questo programma GCAP del caccia di sesta generazione resta poco conosciuto anche nei movimenti pacifisti, nonostante sia uno dei principali driver del riarmo italiano nei prossimi anni.
Oltre un anno fa dodici esponenti del movimento pacifista e nonviolento hanno lanciato un appello sul GCAP:
La lotta al Global Combat Air Programme (GCAP) va avviata adesso prima che sia troppo tardi.
Ma evidentemente occorre fare di più per vedere partire una mobilitazione più ampia, informata e consapevole. Ma adesso, con la Legge di Bilancio, cominciano ad emergere i dati iniziali di un'emorragia che - dall'attuale Documento Programmatico Pluriennale della Difesa in poi - diventerà più grave e difficile da contrastare.
Il nodo del GCAP e la nuova corsa agli armamenti
Mentre il dibattito pubblico in Italia appare spesso concentrato su temi di politica interna o di ordine pubblico, avanza quasi sotto silenzio un processo di crescente militarizzazione delle politiche economiche e industriali del Paese.
Il Documento Programmatico Pluriennale della Difesa (DPP) 2025–2027 conferma una forte accelerazione nella modernizzazione dello strumento militare e un aumento costante delle spese destinate ai programmi di armamento, con cifre che iniziano a delineare una vera e propria “economia di guerra”.
Tra questi, il programma GCAP (Global Combat Air Programme) — che prevede la costruzione del caccia di sesta generazione “Tempest”, in collaborazione con Regno Unito e Giappone — rappresenta la voce di spesa più ambiziosa e, in prospettiva, una delle più costose della storia militare italiana.
Secondo il DPP 2025–2027, per l’Italia il finanziamento ammonta a 9,6 miliardi di euro entro il 2035, mentre la stima complessiva del programma per i tre Paesi coinvolti è di circa 50 miliardi di euro, una cifra che resta però ancora imprecisa poiché il progetto è nella fase di sviluppo e non esiste ancora un prototipo.
Nel solo 2025 sono previsti 625 milioni di euro per il GCAP, ai quali si aggiungono 735 milioni per gli F-35 e 740 milioni per gli Eurofighter, confermando che la priorità del Ministero della Difesa è il rafforzamento della forza aerea.
L’Italia, inoltre, intende anticipare i finanziamenti e consolidare la propria presenza industriale, attraverso Leonardo — capofila nazionale del progetto — nella joint venture paritetica “Edgewing”, accanto a BAE Systems (Regno Unito) e Japan Aircraft Industrial Enhancement (Giappone).
Il GCAP dovrebbe entrare in funzione nel 2035, con l’obiettivo di sviluppare un sistema di combattimento aereo in grado di operare sia con pilota che senza, integrato nei cinque domini operativi (terra, mare, aria, spazio e cyberspazio).
Questa corsa tecnologica, presentata come un investimento per la “difesa del futuro”, rischia tuttavia di impegnare risorse economiche enormi per i prossimi decenni, sottraendole a settori civili e ambientali. È anche, paradossalmente, il progetto meno conosciuto dal movimento pacifista, ma quello su cui — proprio per la sua fase ancora iniziale — è più urgente concentrare l’attenzione e la mobilitazione.
Il Coordinamento No Riarmo, che già lavora in rete con realtà come PeaceLink, mira infatti a promuovere un’azione di informazione e pressione pubblica prima che l’Italia firmi impegni vincolanti per la produzione in serie del caccia.
Il “Bilancio integrato in chiave NATO”: numeri e opacità
Come evidenzia Gianni Alioti, analista militare di area pacifista, la vera portata delle spese per la difesa è più ampia di quanto appaia nei bilanci ufficiali.
Alioti chiarisce che il cosiddetto “Bilancio integrato in chiave NATO” — parametro ormai adottato per misurare gli impegni militari dei Paesi membri — non coincide con il Bilancio del Ministero della Difesa, pari nel 2025 a 31,3 miliardi di euro, ma è la somma di quattro componenti:
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Il Bilancio ordinario della Difesa, che comprende personale, esercizio e investimenti (escluse le spese dei Carabinieri, salvo quelle per le missioni estere), per un totale di 25,8 miliardi di euro.
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Le risorse del MIMIT (Ministero delle Imprese e del Made in Italy), che finanziano specifici programmi di armamenti, pari nel 2025 a 3,3 miliardi di euro.
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Il Fondo per le missioni internazionali in capo al MEF, con 1,4 miliardi di euro.
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Infine, una quarta componente — poco meno di 15 miliardi di euro — che include “budget per contesti, domini e settori a cui è stato attribuito un focus più militare” e “progetti di cooperazione militare”, come la military mobility, e perfino fondi del PNRR destinati alla transizione cyber e spaziale.
Alioti sottolinea che questa quarta voce resta del tutto opaca, poiché non sono stati forniti dettagli su come questi 15 miliardi vengano effettivamente spesi e contabilizzati. È un elemento che segnala una crescente mancanza di trasparenza nel modo in cui il Governo comunica le spese militari, “a cui questo Governo — osserva Alioti — ci sta ormai abituando”.
Un piano da 130 miliardi e la militarizzazione dell’industria
Alioti ricorda inoltre che, secondo Milano Finanza, la programmazione degli investimenti per i nuovi sistemi d’arma italiani ammonta complessivamente a 130 miliardi di euro entro il 2039, più 9 miliardi per le infrastrutture militari.
Il DPP non crea nuovi fondi, ma indica come verranno spesi quelli già previsti, delineando una traiettoria chiara:
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46,6 miliardi per mezzi aerei (inclusi F-35, Eurofighter, GCAP e droni),
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23,1 miliardi per mezzi terrestri,
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15,3 per quelli marittimi,
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15,4 per armamenti e munizioni,
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1,9 per il settore cyber e 3,2 per sistemi unmanned,
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5,9 per digitalizzazione e comando-controllo.
Le aziende principali beneficiarie saranno Leonardo (a capo di gran parte dei programmi aeronautici e spaziali) e Fincantieri, con una rete di subfornitori italiani e partner stranieri come Lockheed Martin, Rheinmetall, BAE Systems, MBDA, Thales e l’israeliana Elta Systems.
L’Italia, in questo contesto, si posiziona come hub industriale della difesa europea e NATO, un ruolo che però segna una distanza crescente dai principi costituzionali di pace e cooperazione internazionale.
Una prospettiva pacifista e civile
È qui che si inserisce il compito del movimento per la pace e contro il riarmo: informare, denunciare, proporre alternative, e soprattutto intervenire prima che il GCAP entri nella fase produttiva, quando le scelte diventeranno irreversibili.
Bilancio della Difesa – È il documento finanziario che indica tutte le risorse economiche destinate al Ministero della Difesa.
DPP (Documento Programmatico Pluriennale della Difesa) – Relazione annuale che illustra la pianificazione delle spese militari per i successivi tre anni.
Dpfp (Documento di programmazione finanziaria pluriennale) – Documento del Ministero dell’Economia che definisce le linee di finanza pubblica del governo e la distribuzione delle risorse tra i ministeri.
Procurement militare – Termine tecnico per indicare l’acquisto di armamenti, mezzi e tecnologie militari.
PIL (Prodotto Interno Lordo) – Misura del valore totale dei beni e servizi prodotti in un Paese. Serve come riferimento per valutare il peso delle spese militari.
Spesa militare diretta – Comprende le risorse effettivamente destinate alle forze armate (personale, addestramento, armi, missioni).
Spesa per la sicurezza nazionale – Categoria aggiuntiva che include anche difesa cibernetica, protezione delle infrastrutture e ricerca industriale in ambito difesa.
Per approfondire
https://www.milex.org/2025/10/28/spesa-militare-previsionale-pura-in-crescita-di-un-miliardo-nel-2026-per-litalia/
https://sbilanciamoci.info/una-controfinanziaria-giusta-e-sostenibile/
https://www.settimananews.it/politica/finanziamento-italiano-per-la-difesa/
https://www.startmag.it/spazio-e-difesa/ecco-le-risorse-per-f-35-eurofighter-e-gcap-nel-dpp-della-difesa/
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