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Scenario della sostenibilità pugliese per il 2009

Energia, ciclo dei rifiuti e mobilità sono i nervi di un sistema che bisognerà connettere ad una nuova concezione della vita urbana
2 gennaio 2009
Fonte: il Paese nuovo, quotidiano del Salento
http://www.ilpaesenuovo.it - 31 dicembre 2008

Suona il campanello del cambiamento
Sono vari e variopinti gli scenari che si offrono al futuro della Puglia, ma dalla tavolozza ci auguriamo che prevalga il verde. E poiché questa è la direzione verso cui coscienze sensibili e politiche scevre da pressioni lobbistiche stanno puntando, diventa lecito fin oltre l’osceno augurarsi un 2009 più sostenibile. Nella speranza che il futuro prossimo diventi sostenibile senz’altro.

Alcuni indizi. Sono numerosi i progetti presentati al concorso della Regione “Principi attivi”che vedono protagonisti giovani meno che trentenni impegnati sui temi della sostenibilità.

Nel 2009, inoltre, entreranno nel vivo alcune delle linee stabilite negli scorsi anni come il Piano energetico ambientale regionale (Pear), che regala molte speranze.
E poi ci sono gli accordi per la rigenerazione territoriale di cui ci siamo già occupati e l’improbabile ma sospirata possibilità che i comuni adottino piani regolatori integrati ed accorti.

I tre attori istituzionali che ci riguardano più da vicino, Regione Puglia, Provincia e Comune di Lecce, dovranno essere all’altezza delle aspettative che hanno creato o quanto meno attenti nel recepire i segnali del cambiamento. E, lo ripetiamo ancora una volta, più sensibili alle esigenze dei cittadini ed alla loro educazione che alle sirene delle lobbies.

Gli ambiti nei quali dovranno compiersi i passi decisivi per l’innovazione della politica ambientale sono numerosi, ma si muovono su tre direttrici. Energia, mobilità e ciclo dei rifiuti sono i nervi di un sistema che bisognerà connettere ad una nuova concezione della vita urbana.

Lasciando per il momento da parte le importanti vertenze territoriali che riguardano gli impianti energetici e industriali, delle quali ci occuperemo prossimamente, restano da analizzare i centri urbani ed il loro prossimo sviluppo.

Le distanze diminuiscono? Sì, ma solo quando il metro è l’automobile, perché nuovi chilometri di asfalto erodono continuamente spazi che potrebbero essere destinati all’agricoltura o al turismo, quando non sono già avvelenati. Questa bulimia progettuale porta ad un’urbanizzazione che sembra usare criteri medievali.
E allora? Basarsi su altre unità di misura, piedi o bici, sarebbe più intelligente. E ancora, reinventare è meglio che creare, perché l’adeguamento delle strutture a nuovi criteri energetici, per quanto possibile, è sempre meglio della sbandierata creazione ex novo delle cosiddette eco-countries, ossia di quei quartieri residenziali che implementano nuove tecnologie ambientali e di risparmio energetico. In questo modo si ritorna al problema dell’estorsione di suolo al verde ed ai polmoni che spesso costeggiano le città. Meglio integrare e ristrutturare luoghi e spazi lasciati al proprio destino, che qui abbondano.

Energia fai-da-te

La fetta più grossa dei consumi di energia riguarda tutto quello che è acceso nelle nostre case: dal led rosso della tv “spenta” alle lampadine, dallo scarico al riscaldamento. Ambiente Italia, nel realizzare la ricerca per il Pear, attestava questi consumi a 1148,7 ktep (mille tonnellate equivalenti di petrolio) nel 2004, con una vertiginosa tendenza all’incremento. È evidente che l’intervento in questo campo non può fermarsi alla sola produzione di energia rinnovabile: si rende necessaria una drastica riduzione dei consumi, quindi una fornitura via via più verde.
Come fare? Il piano regionale dovrà integrarsi con quelli comunali e stabilire interventi sull’involucro degli edifici già esistenti, implementando dove possibile il teleriscaldamento alimentato a biomassa, il fotovoltaico grazie ai vantaggi del Conto energia per i cittadini o quanto meno migliorare l’efficienza delle caldaie. I nuovi edifici, premesso un nuovo regolamento edilizio, dovrebbero presentare tutti il solare termico come standard. La produzione autonoma di energia verde dovrebbe essere anche un obiettivo di ogni edificio della pubblica amministrazione e dell’università, ed estendersi anche alle aziende private.


Rifiutarsi di rifiutare

Dalla Regione e dal Comune arrivano segnali importanti di cambiamento per quello che riguarda la sensibilizzazione alla pratica della raccolta differenziata dei rifiuti. Solidarietà invece alle Province pugliesi che dovranno occuparsi delle arance meccaniche rappresentate da discariche e inceneritori.

In questo potrebbero davvero avvalersi della partecipazione dei cittadini, i quali possono richiedere la Valutazione ambientale strategica (Vas), che permette di valutare opere ed emissioni degli impianti e completa per gli impianti già esistenti la funzione che svolge la Valutazione d’impatto ambientale (Via) per le opere di probabile realizzazione.

A ben vedere, dunque, una campagna di comunicazione è la cosa migliore che si può fare in questo momento perché la situazione è davvero intricata. A Lecce arriverà presto il porta a porta, che in barba alle malelingue si è dimostrato il sistema più economico per gestire la raccolta dei rifiuti. Perché in questo modo i gestori, che hanno in mano anche l’importante mezzo delle isole ecologiche, possono mettere un fiocco sui pacchi confezionati dei cittadini e vendere tutto il riciclabile ai consorzi preposti.

Ancora una volta la sfida sarà nel contenimento e poi nella riduzione della produzione di rifiuti: erogatori di detersivi alla spina e di acqua pubblica sono già in parte comparsi nei supermercati e compariranno presso le mense universitarie grazie al progetto “Rifiuti zero in Ateneo” del quale ci siamo già occupati.
Perché non estendere tutto questo in tutti i locali pubblici? Si tratta davvero di un obiettivo di breve periodo.

Mobilità: a Lecce c’è da pedalare

Come nel resto d’Italia anche a Lecce si è investito sulla mobilità sostenibile. Ma vedendo i pali neri ed i fili del filobus Godot viene da chiedersi quale concetto i nostri amministratori abbiano del termine “sostenibile”. Misteri a parte, il trasporto pubblico locale (tpl) è devastato da rischi e contrasti interni delle varie compagnie che lo gestiscono. Molto probabilmente tramonterà la trentennale idea della compagnia unificata che razionalizzerebbe tratte e scambi. Così come da trent’anni si parla del ribaltamento della stazione che alleggerirebbe il traffico su viale Gallipoli.
Ma poderosi investimenti nel settore non sono nemmeno lontanamente confrontabili con il resto d’Europa, dove si investe nella bicicletta, nei parcheggi di scambio bus-bici, nel bike-sharing (una formula di affitto pratica e flessibile), e anche nel car-sharing nel caso in cui si dovessero trasportare oggetti pesanti o fare lo shopping natalizio.

A Lecce sono passati i fasti dei rapporti sull’ecosistema urbano di Legambiente, che attestavano 14 km di piste ciclabili sospette alla nostra città facendole fare un balzo nella classifica della vivibilità: finalmente si è scoperta la “magagna”, e cioè l’attestazione indebita dei chilometri del percorso ciclabile che porta da Lecce al bosco di Rauccio.

La dura realtà si evince in un numero eloquente: l’associazione Cicloamici di Lecce ha infatti calcolato che allo stato attuale ogni cittadino ha a disposizione ben trevirgolacinque centimetri di pista ciclabile. Neanche con un trampolo si occuperebbe così poco spazio.

Le piste sono in cantiere, ma a parte il rischio di vederle ultimate ed usate come parcheggio improprio, va segnalato che una volta realizzate esse mancheranno di reti di raccordo: come se il reticolo stradale complesso di Lecce fosse formato da linee rette parallele e non comunicanti tra loro. E non è da sottovalutare il rischio di vederle inutilizzate per via dell’atavica pigrizia degli abitanti, che posseggono in media un auto e mezzo a testa. Siccome peggio di così c’è solo da scavare non si può non essere ottimisti per il futuro.

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