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Eni e la mancata cessazione (a tutt'oggi) della dannosa tecnica di gas flaring

Responsabilità (Sociale) di ENI

ENI ha ricevuto il Premio per la Responsabilità Sociale d'Azienda dalla FPA, negli stessi giorni in cui un servizio di Report metteva in evidenza incongruenze e anomalie nell'operato della compagnia nella regione del Delta del Niger
4 luglio 2009

ENI e il Delta del Niger

"Valorizzazione delle persone, attenzione all’ambiente, sviluppo delle comunità, cultura e innovazione tecnologica" [1]: con queste motivazioni la Foreign Policy Association (Associazione per la Politica Estera) ha assegnato all'Amministratore Delegato di ENI, Paolo Scaroni, il Premio per la Responsabilità Sociale d'Impresa.

La FPA si occupa, dal 1918, di coinvolgere l'opinione pubblica americana in questioni di rilevanza internazionale, tramite "programmi e pubblicazioni bilanciate e imparziali" [2].

Il riconoscimento è stato consegnato nel corso della Global Philanthropy Awards Dinner, il 17 giugno 2009, dieci giorni dopo la messa in onda di un'approfondita inchiesta di Report (La Ricaduta) che denunciava le condizioni in cui, ad oggi, versa la devastata regione del Delta del Niger, dove le compagnie petrolifiche, inclusa ENI, continuano - tra l'altro - nella dannosissima pratica del "gas flaring”, ripetutamente vietata ma puntualmente messa in atto (con particolare intensità nello stabilimento di Kwale). Si tratta della combustione diretta dei vari gas di scarto che si presentano in superficie durante l'estrazione del petrolio e causa una intensa emissione nell’atmosfera di anidride carbonica (CO2) e metano (CH4), potentissimi gas serra. La procedura per il corretto smaltimento di questi prodotti prevede che essi siano re-iniettati in profondità o trattati in modo opportuno prima di essere immessi sul mercato come combustibile. Per poter mettere in atto tali misure, sono necessari forti investimenti.

Nonostante la legge nigeriana preveda, sin dal 1979, l’obbligo di eliminare il gas flaring [3], le compagnie petrolifere hanno temporeggiato a lungo, sebbene le tecnologie necessarie allo smaltimento dei prodotti in questione siano ben affermate e diffuse in numerosi altri stabilimenti dislocati nel resto del mondo
ENI si è recentemente impegnata (marzo 2009) a terminare l’utilizzo della tecnica del gas flaring entro il 2011 [4], nonostante nel giugno del 2007 l’Amministratore Delegato dichiarasse alla Commissione Affari Esteri e Comunitari della Camera di aver assunto in Nigeria “l’impegno […] di eliminare completamente il gas flaring per il 2010” [5].

Nel novembre 2006 il progetto “Kwale Okpau” aveva conseguito la registrazione all’interno del Meccanismo di Sviluppo Pulito (Clean Development Mechanism-CDM), un “meccanismo flessibile” previsto dall’articolo 12 del protocollo di Kyoto e volto alla riduzione dell’emissione di gas serra da parte delle compagnie proveniente da paesi industrializzati con vincoli di emissione ma operanti in paesi in via di sviluppo senza vincoli di emissione. Esso è operativo a partire dall’inizio del 2006.
Al punto 5 prevede che:
Le riduzioni di emissioni derivanti da ogni attività saranno certificate da enti operativi designati dalla Conferenza delle Parti agente come riunione delle Parti del presente Protocollo sulla base dei seguenti criteri:
a) Partecipazione volontaria approvata da ogni Parte coinvolta;
b) Benefici reali, misurabili e a lungo termine, in relazione con la mitigazione dei
cambiamenti climatici; e
c) Riduzione delle emissioni che siano supplementari a quelle che si produrrebbero in
assenza dell’attività certificate
” [6]

Nel caso di ENI, la totale assenza di emissione è già prevista dalla legge Nigeriana e, pertanto, l’approccio “addizionale” con cui il progetto viene presentato è incongruente.
Nel Kwale Clean Development Mechanism Project Monitoring Report (Rapporto di Monitoraggio del Progetto Kwale per il Meccanismo di Sviluppo Pulito) ENI definisce infatti che l’obiettivo principale è appunto “il recupero dei gas associati che sarebbero altrimenti bruciati nell’Impianto di Lavorazione del Petrolio e Gas di Kwale” [7], ufficializzando, di fatto, la protratta - e tutt’oggi in corso - inadempienza degli obblighi cui dovrebbe ottemperare, nonostante le parole soddisfatte dell’Amministratore Delegato Scarone: “[..] Il Foreign Policy Association's Corporate Social Responsibility Award rappresenta la prova concreta del forte impegno di Eni per la responsabilità sociale, da sempre parte integrante della nostra storia e della nostra cultura fin dai tempi di Enrico Mattei"[1].

Riferimenti:

[1] http://www.eni.it/it_IT/media/comunicati-stampa/2009/06/2009-06-17-fpa.shtml

[2] http://www.fpa.org/

[3] Report - La Ricaduta http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-649fab67-cc1b-4f85-acbb-a29ec785b786.html?p=0

[4] http://www.eni.it/it_IT/sostenibilita/cambiamenti-climatici-efficienza-eneregetica/strategia-carbon-management/riduzione-gas/riduzione-gas.shtml (20/03/09)

[5] http://english.camera.it/_dati/leg15/lavori/stencomm/03/indag/globalizzazione/2007/0612/s010.htm

[6] Protocollo di Kyoto http://www2.minambiente.it/sito/settori_azione/pia/docs/protocollo_kyoto_it.PDF

[7] Kwale CDM Project Monitoring Report http://cdm.unfccc.int/UserManagement/FileStorage/SG0ALV9KPVQB3524T22ECTUS1N4D6A

Note: Vedere anche

Sangue sui rigassificatori
http://lists.peacelink.it/news/2006/09/msg00000.html

Cosa dice l'ENI
http://sostenibilita.eni.it.2007.bilanciinterattivi.com/impegno/impegno/intervista

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