Un mare troppo trafficato
Il 20% del traffico petrolifero mondiale passa per il Mare Nostrum: sta lì il vero pericolo
10 aprile 2011
Luigi Bignami (Giornalista free lance. Collabora con i maggiori giornali italiani su temi naturalistici e ambientali. Ha visitato per Geo la piattaforma petrolifera Vega, pochi giorni dopo il disastro del Golfo del Messico )
Fonte: GEO 56/10 - Il sito del Pprd (Programma per la prevenzione dei disastri): www.euromedcp.eu
Che sia o no la nuova Mecca della ricerca petrolifera, una cosa è certa. Il pericolo maggiore per il Mediterraneo non arriva dalle piattaforme petrolifere, bensì dal trasporto del greggio. Il 20% del traffico petrolifero a livello mondiale, 400 milioni di tonnellate all'anno, passa per il Mediterraneo. Questo perché vi sono 82 raffinerie (l'Italia detiene il record, con 17) nelle quali entrano circa 43 mila tonnellate di greggio al giorno. L'Italia è una sorta di gran bazar del petrolio: in molti lo vendono, in tanti lo comperano. Il resto passa per il Mediterraneo senza fermarsi, arrivando dal canale di Suez per uscire dallo Stretto di Gibilterra. Questo complesso intreccio di navi che arrivano e che tornano ha fatto sì che dal 1985 a oggi si siano verificati 27 gravi incidenti che hanno causato lo sversamento in mare di circa 270mila tonnellate di oli di vario genere. Ma non è tutto, perchè secondo il Rempec, il centro regionale marino per l'emergenza inquinamento nel Mediterraneo, una grande quantità di greggio (circa 130mila tonnellate) finisce in mare in seguito a operazioni quotidiane, quali zavorramenti e lavaggio cisterne. A riprova c'è il fatto che il 2% dell' inquinamento marino è dovuto alle attività di perforazione e produzione di petrolio, mentre il 45% alle perdite delle navi. Un incidente nel Mediterraneo, a parità di petrolio sversato, ha conseguenze peggiori di quelle che si verificano in un mare aperto. Ci vogliono ben sette millenni per vedere il ricambio di tutte le acque del bacino. E in questo piccolo mare ogni anno circolano circa 200mila imbarcazioni di grandi dimensioni che sono dirette ai 1.000 porti turistici e commerciali, ai 13 impianti di produzione di gas e alle 180 centrali termoelettriche, oltre che alle 82 raffinerie. Tutto ciò non poteva che causare un forte inquinamento di una delle aree a maggiore concentrazione di trivelle petrolifere offshore (2.300 contro le 140 presenti tra il mediterraneo e il Mar Nero): il Golfo del Messico prima dell'incidente aveva un valore di 0,8 mg/m3, per salire a 10 mg/m3 nel Mar dei Sargassi, tra i peggiori del mondo.
Mentre ci solleviamo sull'elicottero che ci riporta sulla terraferma, osservo il blu intenso del mare e quel francobollo ancorato nel nulla che è il pianeta Vega. Mi fa strano ritrovarmi a pensare che non dobbiamo aspettare che sia un disastro petrolifero a uccidere il Mediterraneo. Ci stiamo riuscendo già con le nostre attività quotidiane.
Note: www.euromedcp.eu
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