I morti di Taranto? "Una minchiata"
I morti di Taranto? “Una minchiata”
L'inchiesta sull'Ilva di Taranto è diventata la nuova Mani Pulite. Ma mentre al centro di mani pulite c'erano solo le tangenti e il malaffare, in questa inchiesta ci sono anche le emissioni cancerogene, i malati e i morti. «Due casi di tumore in più all’anno... una minchiata», dice telefonicamente Fabio Riva (attualmente latitante) ad uno dei suoi avvocati. E' quanto emerge dalle oltre 500 pagine dell’ordinanza firmata dal gip Patrizia Todisco, che descrivono un impressionante sistema di potere gestito dalla famiglia Riva, con ramificazioni che la magistratura individua fra politici, giornalisti, funzionari e dirigenti della pubblica amministrazione, fino a un consulente della Procura stessa e un agente della Digos. Una ragnatela che trasforma ipotizza una associazione a delinquere dietro il più grande disastro ambientale italiano. Dati da brivido: 30 decessi all'anno per l'inquinamento industriale. Ben più dei due tumori su cui Fabio Riva riversa il suo sarcasmo. Il dato dei 30 decessi annui per inquinamento industriale è frutto di una attenta analisi di autorevoli epidemiologi, calcolato al netto di tutti di altri fattori confondenti che possono incidere sulla mortalità, e infatti il dato grezzo della Procura registra un eccesso “grezzo” di oltre 90 morti in più all'anno. Per non parlare dei dati dell'Istituto Superiore della Sanità che rincarano la dose registrando – in una comparazione con la media regionale – un eccesso di mortalità annuo per Taranto e il vicino comune di Statte in 174 decessi anno. Di questi decessi i tumori sono solo una componente, dato che ictus e infarti sono stati analizzati e correlati dai periti della magistratura agli inquinanti che fuoriescono dalle ciminiere, per un totale di 210 chili a testa ogni anno.
Il decreto salva Ilva - che negli scorsi giorni ha avuto la firma del Presidente della Repubblica - ha lo scopo oggettivo di dissequestrare impianti che la Procura dichiara “pericolosi” sulla base di corpose e documentate perizie di un incidente probatorio a cui hanno potuto partecipare anche i tecnici dell'Ilva, con facoltà di presentare smentite e confutazioni scientificamente basate. Ma Ilva non è riuscita a confutare e smentire nulla, per cui è rimasto solo il ministro Clini a tentare di sollevare dubbi su perizie che attualmente hanno la forza della prova a tutti gli effetti essendo state temprate nel contraddittorio delle parti.
In tutta questa vicenda la magistratura è intervenuta a salvare la popolazione da nuove morti e nuove malattie. E il governo ora emana un decreto per dissequestrare quegli impianti che secondo i periti della Magistratura possono provocare malattie e morte.
Mai avrei immaginato che il cosiddetto decreto “salva-Ilva” sarebbe stato appoggiato anche da chi un tempo difendeva l'autonomia della magistratura, quando si trattava di processare Berlusconi. Ora le intercettazioni telefoniche gettano una luce sinistra anche sulla sinistra, mi si perdoni il bisticcio di parole. Vendola che ride per telefono con Girolamo Archinà (portavoce dell'Ilva) e lo rassicura: “Non mi sono defilato”. Il sindaco di Taranto, Ippazio Stefano (SEL, attualmente indagato), che si consulta con Archinà dopo che gli ambientalisti hanno avviato l'offensiva sul benzo(a)pirene, mentre contemporaneamente l'on. Ludovico Vico (PD) viene intercettato sulla medesima spinosa questione, ossia un inquinante cancerogeno emesso prevalentemente dall'Ilva a cui il governo decide – con un decreto “salva-Ilva” - di togliere il tetto.
E' lo spaccato di un mondo politico che – invece di telefonare agli ambientalisti per sostenerne la sacrosanta lotta – viene contattato dall'Ilva per ragioni diametralmente opposte.
Un ciclone superiore a quello di Mani Pulite sta colpendo la credibilità della sinistra, e infatti non ne sentite parlare in TV.
E' un ciclone che con impietose intercettazioni mette a nudo uomini di spicco del centrosinistra. Loro avrebbero dovuto fare di tutto fermare la strage silenziosa. Non l'anno fatto. Alcuni avevano poteri amministrativi per fermare la strage. L'art. 40 del Codice penale precisa che "non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo".
Fra alcune popolazioni antiche si celebravano le divinità con i sacrifici umani.
A Taranto trenta sacrifici umani si compiono ogni anno sull'altare del profitto.
Ma per qualcuno un paio di morti tutto sommato sono “una michiata”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/12/17/decreto-salva-ilva-non-fatelo-diventare-legge/448665/
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