In provincia di Genova scorrono fiumi di greggio
Il referendum è andato. È andato male ma è andato. È stato consegnato alla storia. Ha segnato una crescita di sensibilità intorno al problema ambientale ma è risultata essere ancora insufficiente. Oggi non è il referendum a preoccuparci. In provincia di Genova scorrono fiumi di greggio. Si, un oleodotto per il trasporto del petrolio ha ceduto con gravissimo danno per l’ambiente. Un incidente, dicono.

Non tocca ai cronisti giudicare ma sentiamo l’obbligo di rivolgere pubblicamente alcune domande: chi pagherà per i danni? I vigili del fuoco impegnati nell’opera di argine della fuoriuscita saranno retribuiti dagli inquinatori o dalla comunità e cioè da noi contribuenti? I tecnici dell’Arpa impegnati nel limitare i danni da chi saranno pagati? I giudici chiamati a indagare da chi percepiranno i loro compensi? I danni all’ambiente da chi saranno risarciti? Chi ripristinerà lo stato dei luoghi? Infine, i danni alla salute che ne deriveranno ricadranno solo sulle economie delle singole famiglie? Dei danni affettivi, immateriali non possiamo parlare perché non sono risarcibili. Abbiamo bisogno di sapere perché continua ad essere perpetrata la vulgata secondo cui gli imprenditori sono benefattori che danno lavoro e benessere. Questi danni vogliamo metterli nel pacchetto offerto dagli imprenditori? Perché poi deve pagare la comunità per questi “incidenti”? Per caso la comunità partecipa agli utili dell’Eni, della Total, della Esso? Noi abbiamo interesse a farci carico delle spese dal momento che il danno ricadrebbe interamente sulla nostra salute ma spiegateci perché gli utili devono essere solo degli “benefattori”. Il discorso può essere fatto pari pari per l’Ilva, come per l’Eni, per la Cementir. Addirittura può essere fatto per la Marina Militare nel senso che potremmo smetterla di mobilitare miliardi euro per farci solo del male. Le missioni di pace facciamole fare a che ha scelto la pace come missione e non la guerra. Oggi è Genova a pagare un conto salato. Speriamo non capiti mai all’oleodotto Tempa Rossa.
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